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Chi non traduce rinuncia a pensare, L. Canfora (da Corriere della Sera, 2013)

07 giovedì Gen 2021

Posted by Paola in Inserimenti, Linguaggio, Percezione, Società, Storia

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Tradurre è la più vitale delle attività umane. Il cammino della civiltà è una incessante traduzione. Lo capì, ad esempio, un greco d’Asia, che si chiamava Erodoto, il quale vide quanto dal mondo religioso egizio fosse passato nel pantheon greco. I popoli che non traducono, in propria lingua, la civiltà (letteraria, artistica, filosofica, religiosa, scientifica) degli altri o diventano pericolosi o, se non possono essere aggressivi, si condannano al sottosviluppo. Prima o poi se ne renderà conto (al di là dell’attuale suo euforico monolinguismo) il mondo anglosassone, nonostante la forza economico-militare con cui impone agli altri il proprio idioma. Cioè il proprio modello.

Ad Alessandria, nel III secolo a.C. convergevano le culture del mondo conosciuto e schiere di traduttori furono all’opera, come narra un bene informato dotto bizantino, per tradurre da ogni idioma in greco. Non si comprenderebbe la portata di quell’immenso fenomeno che fu l’Ellenismo — in cui si collocano le grandi «letterature di traduzione», da quella latina a quella araba — se non si tenesse conto dell’autentico «dialogo del genere umano» che è, da sempre, il tradurre. E non è un caso che «l’unità del genere umano» e la visione della Terra come «patria comune di tutti gli uomini» fossero i capisaldi delle principali filosofie ellenistiche, quantunque tra loro contrapposte su altri piani.

Almeno dall’Umanesimo in avanti, il tradurre fu pratica fondativa e formativa non più solo nel contatto vivente tra «mondi» concomitanti e persino rivali, bensì, e in pari misura, verso i «mondi» del passato: cioè verso gli antichi e il formidabile loro lascito scritto, scampato all’usura del tempo. L’Umanesimo divenne moderno interrogando, e perciò traducendo, gli antichi greci e romani. Una interrogazione, tutt’altro che tranquilla e passiva, temprata nell’esercizio del comprendere a fondo ciò che l’attività di copia, sulla scala dei millenni, aveva portato a salvazione. Fu quella una interrogazione che, avendo generato e nutrito il Principe e i Discorsi del Machiavelli, il Novum Organum di Bacone e il Sidereus Nuncius di Galilei, può considerarsi a buon diritto l’architrave della modernità. Che ci riguarda tuttora, direttamente.

Un tale imponente fenomeno non si sarebbe dato senza lo sforzo di attrezzarsi a comprendere — cioè a tradurre — quegli antichi nostri interlocutori.

Ma dove nasceva la difficoltà? Non solo nella profondità del pensiero di cui appropriarsi, ma soprattutto nella lontananza. Ed è appunto tale lontananza che fece e fa tuttora di quell’esercizio, di quello sforzo di interrogazione, un cantiere sempre aperto, sempre provvisorio, sempre passibile di prospettive prima non viste. La lontananza infatti comporta che quel lavorio sempre provvisorio del tradurre, consistente nel «colmare i silenzi del testo» (per dirla con Ortega y Gasset), divenga — proprio in ragione della distanza epocale — di gran lunga più arduo e soggettivo che nel tradurre da un contemporaneo. Il quale condivide o combatte le nostre stesse passioni e convinzioni, ha con noi necessariamente tanti presupposti in comune, e perciò, pur in altro idioma, parla non di rado il nostro linguaggio. «Non si può comprendere fino in fondo quella stupenda realtà che è il linguaggio — scriveva Ortega — se non si parte dalla consapevolezza che la lingua è fatta soprattutto di silenzi. Un essere che non fosse capace di rinunciare a dire molte cose sarebbe incapace di parlare. Ogni lingua è una equazione diversa tra l’esprimersi e i silenzi». E prosegue: «Ogni popolo tace alcune cose per poterne dire altre. Perché sarebbe impossibile dire tutto. Da questo deriva l’enorme difficoltà della traduzione: essa consiste nel dire in una lingua proprio ciò che l’altra tende a tacere. Ma allo stesso tempo si intravede quell’aspetto del tradurre che può costituire una magnifica impresa: la rivelazione dei mutui segreti che popoli ed epoche si nascondono reciprocamente». E perciò egli conclude il saggio, felicemente intitolato Miseria e splendore della traduzione, con le parole di Goethe: «Ciò che è umano è vissuto completamente soltanto da tutti gli uomini nel loro insieme».

In questa straordinaria sintomatologia e diagnosi dell’atto del tradurre è racchiusa la spiegazione di ciò che vediamo così spesso sfuggire alla miopia utilitaristica dei falsi riformatori, da sempre protesi a scacciare «l’aoristo passivo» (vedi Andrea Ichino, «Corriere», 21 ottobre) dal Liceo: cioè dalla scuola più completa e perciò davvero utile.

Non sarà sfuggito quel cenno di Ortega a «popoli ed epoche». Lo sforzo di tradurre gli antichi, infatti, è quello che comporta il massimo di capacità intuitiva. Chi ha avuto, o per avventura tuttora conserva, una qualche familiarità col patrimonio scritto greco-latino, sa quanto il valore del singolo termine (spesso polisemico e passibile persino di sfumature opposte di senso) si chiarisca solo se si è prodotta l’intuizione di ciò che l’intera frase significhi. E per converso la frase prenderà piena luce soprattutto dalla comprensione delle parole principali che la compongono. È in questa circolarità che si produce il salto verso la comprensione- intuizione. È in questa circolarità che si comprende cos’è il conoscere. È grazie a questa circolarità che si approda al sapere scientifico. In questo senso un promettente linguista approdato alla militanza politica, Antonio Gramsci, scrisse nei Quaderni del carcere che si studia il latino non già per imparare a parlare latino ma per imparare a studiare.

Chi ebbe la felice opportunità di cimentarsi nella comprensione del lascito scritto di quei remoti nostri interlocutori sa che un siffatto processo interpretativo non è mai dato una volta per tutte. Ovviamente è proprio nel cimento scolastico che si mette in moto quel processo. Nel suo nascere e man mano affinarsi nella testa degli scolari esso ha efficacia, forse incomparabile, per il continuo trapassare dall’intuizione alla sintesi. A questo «serve» il tradurre gli antichi a scuola.

Fonte originale: http://lettura.corriere.it/chi-non-traduce-rinuncia-a-pensare/

Sul “sacro”, U. Galimberti (video, 2013)

29 martedì Dic 2020

Posted by Paola in Coscienza, Filosofia, Percezione, Stati altri di coscienza, Storia

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Umberto Galimberti (1942)

Il Natale è una festa pagana o cristiana? — Ad Maiora Vertite

25 venerdì Dic 2020

Posted by Paola in Inserimenti, Società, Storia

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Quando si mette a confronto una festa pagana ed una cristiana è sempre difficile rispondere, e la questione va osservata da numerosi punti di vista. La data del Natale cristiano cade il 25 dicembre, ed alcuni apologeti cristiani hanno identificato questa data con il Sole Invitto di introduzione Aureliana. Questa notizia tuttavia non è suffragata…

Il Natale è una festa pagana o cristiana? — Ad Maiora Vertite

Oclocrazia (dal sito “Una parola al giorno”)

30 martedì Giu 2020

Posted by Paola in Linguaggio, Società, Storia

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Il mondo dopo il Coronavirus, Yuval Noah Harari

30 lunedì Mar 2020

Posted by Paola in Inserimenti, Personaggi, Società, Storia, Yuval Noah Harari

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Yuval Noah Harari: il mondo dopo il coronavirus

Categoria: Yuval Noah Harari

Le dieci leggi del potere, N. Chomsky

10 martedì Mar 2020

Posted by Paola in Inserimenti, Libri, Personaggi, Società, Storia

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Le dieci leggi del potere, Noam Chomsky – Ed. Ponte alle Grazie (2017) (Libro)

Quali principi governano il mondo globalizzato? E come è possibile contrastarli? Una mappa concettuale di importanza inestimabile; un appello veemente all’azione collettiva organizzata.

“Se una società ruota attorno al potere esercitato dalla ricchezza privata, è inevitabile che ne assorba i valori, ossia l’avidità e il desiderio di ottenere il massimo guadagno personale a spese degli altri. Ora, se a fondarsi su quel principio è una società globale, allora essa punta dritto verso la distruzione di massa.”

Le dieci regole:

1. Ridurre la democrazia

2. Plasmare l’ideologia

3. Ridisegnare l’economia

4. Scaricare i costi

5. Aggredire la solidarietà

6. Controllare i controllori

7. L’ingegneria delle elezioni

8. Tenere a bada la plebaglia

9. Fabbricare il consenso

10. Marginalizzare il popolo

Avram Noam Chomsky (Filadelfia, 7 dicembre 1928) è un linguista, filosofo, scienziato cognitivista, teorico della comunicazione, accademico, attivista politico e saggista statunitense.

Docente emerito di linguistica al Massachusetts Institute of Technology, è riconosciuto come il fondatore della grammatica generativo-trasformazionale, spesso indicata come il più rilevante contributo alla linguistica teorica del XX secolo. Parallelamente, Chomsky è particolarmente noto per il suo attivismo ed impegno politico, d’ispirazione socialista libertaria.

 

Essere o vivere, F. Jullien (Libro)

11 martedì Feb 2020

Posted by Paola in Filosofia, Inserimenti, Libri, Società, Storia

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Essere o vivere, il pensiero occidentale e il pensiero cinese in venti contrasti, François Jullien – Feltrinelli (2017)

Essere o vivere: due grandi prospettive, due modi di abitare il mondo, di accostarsi agli uomini e agli esseri che lo popolano. L’Europa guarda il mondo nella prospettiva dell’Essere, la Cina nella prospettiva del vivere. L’Europa vede cose, la Cina eventi. L’Europa pensa per individui, la Cina per situazioni. Noi pensiamo ad andare al di là, loro si preoccupano di stare “tra”. Noi crediamo nella nostra libertà, la riaffermiamo in un confronto accanito con il mondo, loro scommettono sulla disponibilità di un contesto, si dispongono ad accompagnarne le tante trasformazioni possibili.

Con questo libro, vera e propria summa di un lavoro trentennale, François Jullien ci accompagna in un viaggio affascinante attraverso venti tappe, venti incontri, venti coppie concettuali che, nella loro dissonanza, riaprono i giochi nelle nostre tranquille abitudini di pensiero. Perché Jullien non mira tanto a comparare e a scegliere, o magari a integrare e ricomporre le differenze tra Oriente e Occidente; mira piuttosto a produrre uno scarto, ad aprire un varco nello spazio grigio del pensiero globalizzato, a interrogare l’Europa dal punto di vista della Cina e la Cina dal punto di vista dell’Europa. A fare dell’una un’occasione e una risorsa per l’altra.

“Nelle città europee il traffico è regolato secondo schemi ben precisi. Ci si ferma col rosso e si passa col verde. Ma chi ha visto una megalopoli dell’Estremo Oriente sa che esiste tutt’altra arte di gestire il flusso. Nella massa enorme dei veicoli, nessuno si ferma, ognuno passa ma lascia anche passare, ognuno evita l’altro ma senza deviare, ognuno cede e insieme avanza. In ogni istante i possibili si ridistribuiscono, ciascuno senza urto segue il suo cammino.”

Indice: Introduzione – 1. Propensione (vs Causalità) – 2. Potenziale di situazione (vs Iniziativa del soggetto) – 3. Disponibilità (vs Libertà) – 4. Affidabilità (vs Sincerità) – 5. Tenacia (vs Volontà) – 6. Obliquità (vs. Frontalità) – 7. Sbieco (vs Metodo) – 8. Influenza (vs Persuasione) – 9. Coerenza (vs Senso) – 10. Connivenza (vs Conoscenza) – 11. Maturazione (vs Modellizzazione) – 12. Regolazione (vs Rivelazione) – 13. Trasformazione silenziosa (vs Evento sonoro) – 14. Evasivo (vs Assegnabile) – 15. Allusivo (vs Allegorico) – 16. Ambiguo (vs Equivoco) – 17. Tra (vs Al di là) – 18. Sviluppo (vs Monotonia) – 19. Non riportare (vs Saper differire) – 20. Risorsa (vs Verità) – Soggetto/Situazione – Postfazione

François Jullien è uno dei maggiori filosofi e sinologi viventi. Vive a Parigi e insegna all’Université Paris-VII “Denis Diderot”. È autore di molti libri tradotti in molte lingue. In italiano sono disponibili, tra gli altri titoli: Trattato dell’efficacia (1998), Elogio dell’insapore (1999), La grande immagine non ha forma (2004), Figure dell’immanenza (2005), Nutrire la vita (2006), Logos e tao. Parlare senza parole (2008), Le trasformazioni silenziose (2010), Sull’intimità (2014). Feltrinelli ha pubblicato Essere o vivere. Il pensiero occidentale e il pensiero cinese in venti contrasti (2016), Una seconda vita. Come cominciare a esistere davvero (2017) e Il gioco dell’esistenza. De-coincidenza e libertà (2019).

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