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Archivi della categoria: Storia

Ritorno ai giganti azzurri, Massimo Sandal (da Il Tascabile)

08 sabato Ott 2022

Posted by Paola in Scienza, Storia

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Sopra di noi, i giganti azzurri attendono. Più vasti della Terra, di Marte, di Venere, eppure così distanti da essere invisibili a occhio nudo. Li incontrammo solo una volta, quando la sonda Voyager 2 li sfiorò e passò oltre. Urano, settimo pianeta del sistema solare, nel 1986; Nettuno, ottavo e il più lontano dei pianeti, nel 1989. Nuove sonde, negli oltre trent’anni passati da quel breve rendezvous, hanno visitato tutti gli altri pianeti del nostro Sistema. Loro no. Eppure custodiscono la chiave per capire com’è nato il nostro Sistema Solare, e sono pietra di paragone per i sistemi planetari di altre stelle.

Forse torneremo. Nell’aprile 2022, un comitato di scienziati della National Academy of Sciences degli Stati Uniti ha ufficialmente appoggiato la proposta di una missione NASA che orbiterà intorno a Urano – Nettuno è stato escluso perché al momento troppo difficile da raggiungere. Non che ci sia da trattenere il respiro. Con una data di lancio prevista per l’inizio degli anni Trenta; l’arrivo è previsto intorno al 2044-45, ma potrebbe slittare addirittura al 2053: fra più di trent’anni. L’esplorazione del cosmo è uno dei pochi campi rimasti in cui si può lavorare per le generazioni.

Due pianeti, due momenti fondamentali della storia della scienza. Dalle origini della storia gli esseri umani conobbero sei pianeti, viandanti familiari nel cielo, fino alla sera del 13 marzo 1781. Quando “tra le dieci e le undici, mentre esaminavo le piccole stelle nelle vicinanze di H Geminorum” nel suo osservatorio a Bath, Frederick William Herschel, scorse un piccolo disco verdeazzurro. Seguendolo, e accorgendosi giorno dopo giorno che si muoveva nel cielo, Frederick William Herschel fu dunque il primo essere umano a rivelare che nuovi mondi invisibili orbitavano il Sole. O almeno, così dicono le enciclopedie; ma tutto dipende da cosa intendiamo per scoperta scientifica. Fu Herschel il primo a vedere Urano? No; altri astronomi lo avevano visto, come Flamsteed nel 1690; forse perfino Ipparco 150 anni prima di Cristo, se riuscì a scorgerlo a occhio nudo. Galileo nientemeno osservò invece Nettuno, tra 1612 e 1613 – ed ebbe pure il sospetto che si fosse mosso. Ma tutti credettero di vedere delle stelle, e passarono oltre.

Herschel fu invece il primo a identificare, in quella stellina sfumata, un oggetto del nostro sistema solare che si muoveva nel cielo. Ma capì subito che era un pianeta? No, di nuovo. All’inizio pensò fosse una cometa, come quelle che scopriva sua sorella Caroline. Si può dire che Herschel scoprì Urano nel senso che fu il primo a dire esplicitamente ehi, guardate qui, ad attirare l’attenzione. Realizzare cosa fosse Urano fu però un affare collettivo, quando nei mesi successivi astronomi di prima grandezza, come Lalande, Boscovich, Messier e altri, accertarono che sì, quello era il settimo pianeta. (segue)

Articolo integrale: Ritorno ai giganti azzurri (Il Tascabile)

Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza, Julian Jaynes (libro)

31 domenica Lug 2022

Posted by Paola in Coscienza, Evoluzione, Filosofia, Libri, Neoscienze, Società, Storia

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Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza, Julian Jaynes – Edizioni Adelphi

La coscienza della coscienza, Cap. I – Estratto

Quando ci poniamo la domanda:”che cos’è la coscienza?”, diventiamo coscienti della coscienza. E la maggior parte di noi ritiene che proprio questa coscienza della coscienza sia la coscienza. Ma non è così.

Quando siamo coscienti della coscienza, siamo convinti che la coscienza è la cosa più evidente che si possa immaginare. Pensiamo che la coscienza sia l’attributo che definisce tutti i nostri stati di veglia, i nostri stati d’animo e sentimenti, i nostri ricordi, pensieri, attenzioni e volizioni. Ci sentiamo confortevolmente sicuri che la coscienza è la base dei concetti, dell’apprendimento e del ragionamento, del pensiero e del giudizio, e che è tale perchè registra e immagazzina le nostre esperienze man mano che si verificano, consentendoci di esaminarle introspettivamente e di imparare da esse a nostro arbitrio. Siamo anche pienamente coscienti che tutto questo meraviglioso complesso di operazioni e di contenuti che chiamiamo coscienza è situato da qualche parte all’interno della testa.

A un esame critico, tutte queste proposizioni si rivelano erronee. Esso sono il costume con cui la coscienza si è mascherata per secoli. Sono le idee errate che hanno impedito di pervenire a una soluzione del problema dell’origine della coscienza. Dimostrare questi errori e indicare che cosa non è la coscienza è il compito lungo, ma io spero avventuroso, di questo capitolo.—

Indice: Introduzione [Il problema della coscienza] – I. La mente dell’uomo [1. La coscienza della coscienza – 2.  La coscienza – 3. La mente dell’Iliade – 4. Il doppio cervello – 5. L’origine della civiltà] – II. La testimonianza della storia [1. Dèi, tombe e idoli – 2. Teocrazie bicamerali in possesso della scrittura – 3. Le cause della coscienza – 4. Una nuova mente in Mesopotamia – 5. La coscienza intellettuale della Grecia – 6. La coscienza morale dei khabiru] – III. Vestigia della mente bicamerale nel mondo moderno [1. La ricerca dell’autorizzazione – 2. Dei profeti e della possessione – 3. Della poesia e della musica – 4. L’ipnosi – 5. La schizofrenia – 6. Gli auspici della scienza] – Post scriptum (1990)

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Julian Jaynes (1920-1997) – La sua carriera di ricercatore fu dedicata al tema della coscienza intesa come “la differenza tra ciò che gli altri vedono di noi e la nostra auto consapevolezza unita al senso profondo che la sostiene. [Wikipedia] – Julian Jaynes Society

L’osco, questo strano conosciuto – S. Cabriolu (da “Il Mercurio”)

28 giovedì Lug 2022

Posted by Paola in Linguaggio, Società, Storia

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A tutti sarà capitato di sentire parlare, anche solo di sfuggita, del popolo degli ‘Osci’ o ‘Oschi’, e della lingua osca, e magari avrà inteso che si tratta di un’antica cultura della nostra penisola. Ma di preciso di che cosa stiamo parlando? Di quale popolo, di quale lingua? E quale è l’eredità che ci ha lasciato, l’impronta che persiste nell’italiano dei nostri giorni? Lo scopriremo insieme, e queste domande ci porteranno a rievocare un passato dal sapore italiano o, meglio, italico, ma di respiro ampio. Basti pensare a parole di uso comunissimo come ʻpadreʼ o ʻdonoʼ le quali, in lingua osca, suonano come patír e dúnúm, non poi tanto diverse da lingue più note come il latino pătĕr e dōnum, il greco πατήρ (patḕr) e δῶρον (dṑron) il sanscrito dāna e pitṛ.

L’osco era una lingua indoeuropea e la sua vastissima area di estensione andava da Messina, attraverso il Bruttium (Calabria) e la Lucania (quasi tutta l’odierna Basilicata) e parte dell’area apula (attuale Puglia con l’esclusione della penisola salentina), fino alla Campania, al Samnium (pressappoco corrispondente a buona parte dell’attuale Molise, alla fascia meridionale dell’Abruzzo nonché ai settori nord-orientali della Campania) e alla regione costiera adriatica centrale popolata dai Frentani (Abruzzo adriatico meridionale). La lingua osca era parlata grosso modo dal VI-V secolo a.C. fino al processo di romanizzazione (circa I secolo a.C.), vale a dire l’egemonia politica di Roma sulle altre popolazioni italiche tra le quali, appunto, gli Osci. Il processo di romanizzazione ebbe come immediata conseguenza la cosiddetta latinizzazione linguistica, cioè la diffusione del latino rispetto alle altre preesistenti tradizioni linguistiche che concorsero alla preistoria dell’italiano.  (segue)

Ttesto integrale: https://unaparolaalgiorno.it/articoli/lingue-e-popoli/l-osco-questo-strano-conosciuto-55

L’inutilità dell’erudizione fine a se stessa (Sᴇɴ. 𝐷𝑖𝑎𝑙. X 13) — Studia Humanitatis – παιδεία

02 giovedì Dic 2021

Posted by Paola in Filosofia, Inserimenti, Stoicismo, Storia

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Per Seneca la filologia come studio del linguaggio e come pura e futile ricerca erudita o come esercizio dell’intelletto non ha giustificazione se è divisa dalla filosofia. Perciò, nella sua rassegna degli occupati, coloro che perdono il proprio tempo in faccende di poco conto, egli annovera anche quanti arrancano nella vana fatica di apprendere le […]

L’inutilità dell’erudizione fine a se stessa (Sᴇɴ. 𝐷𝑖𝑎𝑙. X 13) — Studia Humanitatis – παιδεία

La scomparsa dei riti, Byung-Chul Han (Libro)

30 sabato Ott 2021

Posted by Paola in Filosofia, Libri, Percezione, Personaggi, Società, Storia, Tempo

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La scomparsa dei riti, Byung-Chul Han – Edizioni Nottetempo (estratto)

I riti sono azioni simboliche. Tramandano e rappresentano quei valori e quegli ordinamenti che sorreggono una comunità. Creano una comunità senza comunicazione, mentre oggi domina una comunicazione senza comunità. A costituire i riti è la percezione simbolica. Il simbolo (dal greco symbolon) indica originariamente il segno di riconoscimento tra ospiti (tessera hospitalis) L’ospite spezza a metà una tavoletta di argilla e ne dà un pezzo all’altra persona in segno di ospitalità. In tal modo il simbolo serve per il riconoscimento. Questa è una forma particolare di ripetizione:

“Riconoscere non è vedere di nuovo qualcosa. I riconoscimenti non sono una serie di incontri, ma riconoscere significa piuttosto: conoscere qualcosa per ciò che ci è già noto. E costituisce l’autentico processo dell’”accasamento” (Einhausung) umano – una parola di Hegel, che voglio usare in questo caso – il fatto che ogni riconoscimento sia sciolto dalla contingenza della prima presa di conoscenza e sia elevato all’idealità. Noi tutti lo sappiamo assai bene. Nel riconoscimento è implicito il fatto che ora si conosce più propriamente di quanto si potesse fare nella confusione momentanea del primo incontro. Il riconoscere vede il permanente nel fuggevole. [Charles Taylor, Il disagio della modernità]

La percezione simbolica, intesa come riconoscimento, percepisce ciò che dura: il mondo viene liberato dalla propria contingenza e ottiene un che di permanente. Oggi il mondo è assai povero di simboli: i dati e le informazioni non possiedono alcuna forza simbolica, per cui non consentono il riconoscimento. Nel vuoto simbolico si perdono quelle immagini e quelle metafore capaci di dare fondamento al senso e alla comunità stabilizzando la vita. L’esperienza della durata si attenua, mentre la contingenza aumenta radicalmente.

I riti si lasciano definire nei termini di tecniche simboliche dell’accasamento: essi trasformano l’essere-nel-mondo in un essere-a-casa, fanno del mondo un posto affidabile. Essi sono nel tempo ciò che la casa è nello spazio. Rendono il tempo abitabile, anzi lo rendono calpestabile come una casa. Riordinano il tempo, lo aggiustano. (…)

Oggi al tempo manca una struttura stabile. Non è una casa, bensì un flusso incostante: si riduce a una mera sequenza di presente episodico, precipita in avanti. Nulla gli offre un sostegno, e il tempo che precipita in avanti non è abitabile.

I riti stabilizzano la vita. Parafrasando Antoine de Saint-Exupèry, potremmo dire che i riti sono nella vita ciò che le cose sono nello spazio. Per Hannah Arendt è la resistenza delle cose a offrire loro un’”indipendenza dagli uomini”. Le cose hanno “la funzione di stabilizzare la vita umana”. La loro oggettività sta nel fatto che “gli uomini, malgrado la loro natura sempre mutevole, possono ritrovare il loro sé”, cioé la loro identità, “riferendosi alla stessa sedia e allo stesso tavolo”. [Richard Sennett, Il declino dell’uomo pubblico]

Le cose sono il punto fermo, stabilizzante della vita. I riti hanno la medesima funzione: stabilizzano la vita per mezzo della proprio medesimezza (Selbigkeit), della loro ripetizione (Wiederholung). Rendono, dunque, la vita resistente. L’odierna coazione a produrre sottrae alle cose la loro resistenza: essa distrugge consapevolmente la durata allo scopo di produrre di più, di costringere a un maggior consumo. L’indugiare, d’altro canto, presuppone cose che durano; se le cose vengono solo usate e consumate, ecco che indugiare diventa impossibile. E dal momento che la stessa coazione a produrre destabilizza la vita smontando ciò che dura nella vita, essa distrugge anche la resistenza della vita, sebbene quest’ultima si allunghi. (…)

Sono le forme rituali che, come la cortesia, rendono possibile non solo un bel rapporto interpersonale, ma anche un bel rapporto delicato con le cose. Nel quadro rituale, le cose non vengono consumate o spese, bensì usate – così possono anche invecchiare. In preda alla coazione a produrre, ci rapportiamo alle cose e al mondo non come utilizzatori, bensì come consumatori. Di ritorno, le cose e il mondo consumano noi. Il consumo senza scrupoli ci attornia insieme alla sparizione, che destabilizza la vita. Le pratiche rituali fanno sì che ci rapportiamo armoniosamente non solo con le altre persone, ma anche con le cose…

Indice: – Avvertenza  – Coazione a produrre  – Coazione all’autenticità  – Rituali di chiusura  – Festa e religione  – La vita in gioco  – La fine della Storia  – L’impero dei segni  – Dal duello alla guerra coi droni  – Dal mito al dataismo  – Dalla seduzione al porno

– – – – – – – – – – –

– Byung-Chul Han (Seul, 1959), è un filosofo e docente sudcoreano che vive in Germania. I suoi interessi vanno dall’etica alla filosofia sociale, dalla fenomenologia all’antropologia, dall’estetica alle comunicazioni di massa, in particolare nel campo dei cultural studies e in chiave interculturale, prestando attenzione a fenomeni globali e contemporanei. [Wikipedia]

Negli abissi luminosi, A. Tonelli (Libro)

06 mercoledì Ott 2021

Posted by Paola in Coscienza, Filosofia, Libri, Percezione, Percorsi spirituali, Personaggi, Realtà Parallele, Spiritualità, Storia

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Negli abissi luminosi. Sciamanesimo, trance ed estasi nella Grecia antica, a cura di Angelo Tonelli – Edizioni Feltrinelli (2021)

Estratti dall’Introduzione

Nella nostra epoca – contrassegnata dal trionfo della tecnica e della scienza sempre più saldate in un binomio che esalta la dimensione della razionalità funzionale – è già in atto una scissione dell’interiorità, che è destinata a crescere esponenzialmente con la rivoluzione cibernetica in corso di intensificazione, rivoluzione che costringe e costringerà sempre di più gli umani a potenziare il “pensiero meccanico”, ovvero un lógos riduttivo e segmentato, privato del suo respiro cosmico, a tutto svantaggio di quella che Jung chiamava anima, e di quello che i Greci chiamavano noûs. (…)

In altri termini, in Occidente e nel resto del mondo assoggettato al modello occidentale, si è assistito nel corso della storia e negli sviluppi della cultura, ovvero della mente collettiva, a un progressivo “furto d’organo”: ovvero a una castrazione antropologica dell’umanità, vale a dire all’amputazione del centro più profondo degli individui che li connette all’armonia segreta del cosmo. Ciò è avvenuto attraverso il silenziamento, o la caricatura o la ghettizzazione di tutte le esperienze mistiche, iniziatiche, sapienziali ben radicate nel nostro Occidente greco e magnogreco, a sua volta originariamente connesso con il sostrato sciamanico e sapienziale eurasiatico. In questo consiste l’inattuale attualità delle esperienze sciamaniche, mistiche e sapienziali di cui qui si tenta di offrire una significativa sintesi al lettore che non si accontenti di una politematica escursione nell’antropologia del mondo antico, ma miri a cogliere vertici coscienziali e abissi luminosi e numinosi che i nostri padri e madri spirituali sapevano elicitare ora in lampeggiamenti e folgorazioni estatiche, ora in vertigini mistiche e iniziatiche. E condensarle nelle voci più alte della Sapienza, da Pitagora a Eraclito a Empedocle a Parmenide. E altri ancora. (…)

Per i Greci il noûs, già in Parmenide, Eraclito, Empedocle, e poi in Aristotele, Platone, e ancora più tardi in Plutarco, negli Oracoli caldaici e nel Neoplatonismo, è l’intuizione profonda, l’“occhio dell’anima”, il fulcro dell’interiorità individuale che tutto connette e ricompone nel Grande Uno. È il distillato sapienziale di esperienze – e non percorsi intellettuali – sciamaniche, meditative, contemplative che coinvolgono sangue e sentire, pensiero ed emozione dilatando i confini dell’organismo psicocorporeo ed egoico (il luogo del principium individuationis) fino a traboccare – nella trance dionisiaca, nell’ékstasis apollinea – in un Oltre che è interiorità profonda del singolo che si rovescia in profonda cosmicità del medesimo: coscienza oceanica, luogo in cui il singolo coincide con l’Uno, o meglio in cui l’Assoluto che è nel singolo è ipso facto l’Assoluto che è nell’Uno e di cui l’Uno è nome, perché dell’Assoluto non si può predicare nulla.

A questo stato di coscienza approssimano lo sciamanesimo e le esperienze di trance ed estasi della Grecia antica, ma anche musica e danza e poesia, con diversi gradi di intensità, e diversi approcci. (…)

(Testi originali latino e greco a fronte)

Indice
– Introduzione – Dioniso – Coribanti, musica e manìa – Oracoli e sciamanesimo apollineo – I misteri di Samotracia – Epimenide – Abaris – Ermotimo – Aristea – Zalmoxis – Appendice iconografica

Angelo Tonelli – (1954) poeta, autore e regista teatrale, tra i massimi grecisti viventi, ha studiato Filosofia Antica a Pisa con Giorgio Colli. Ha pubblicato tra l’altro diverse opere di poesia e saggi. Per i “Classici” di Feltrinelli ha tradotto e curato Dell’Origine (1993) di Eraclito, La terra desolata. Quattro quartetti (1995) di T.S. Eliot, il primo volume di Le parole dei Sapienti (2010), dedicato a Senofane, Parmenide, Zenone, Melisso e il volume Eleusis e Orfismo (2015)

Genesi: il grande racconto delle origini, G. Tonelli – Conferenza (2019, Video)

04 sabato Set 2021

Posted by Paola in Conferenza, Evoluzione, Filosofia, Inserimenti, Neoscienze, Storia, Video

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Genesi: il grande racconto delle origini – Guido Tonelli, Conferenza Rinascimento Culturale (2019) (Video)

Guido Tonelli (1950) è un fisico, accademico e divulgatore scientifico italiano, professore ordinario presso l’Università di Pisa. Ha partecipato ed è stato portavoce dell’esperimento CMS presso il CERN, che ha portato alla scoperta del bosone di Higgs. (Wikipedia)

Libri di Guido Tonelli

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