Come bilanciare vita e carriera?, Massimo Pigliucci [dalla rubrica “Consigli stoici” del blog “How to be a stoic“]
M. scrive: “Ho 28 anni e sto studiando per un PhD in biologia evolutiva. Ho da poco famiglia e spesso ho difficoltà a conciliare i diversi aspetti della mia vita con i miei valori personali e, di conseguenza, faccio regolarmente degli sbagli. Ora, si potrebbe pensare che uno scienziato sia per lo più guidato dalla logica e dalla razionalità e, pertanto, questo lo renda ben adatto allo Stoicismo. Tuttavia, la mia impressione è che molti scienziati siano tutt’altro che logici e razionali, e so che io stesso spesso non lo sono. Vi sono moltissime potenziali frustrazioni, per esempio l’insicurezza economica, contratti a breve termine, scarse opportunità d’impiego permanente, giudizi faziosi sulle pubblicazioni, o anche un esperimento che non ha funzionato per la centesima volta.
Tutto quanto sopra potrebbe essere considerato come indifferenti non-preferiti, dato che non ho alcun controllo su molti di questi, o forse solo una piccola parte. Io cerco di accettare i possibili fallimenti e rischi dell’aver scelto di perseguire un PhD e allo stesso tempo cerco di prepararmi al peggio sperando nel meglio. Mi dico che “se intendi proseguire nell’ambito scientifico con un post-dottorato, allora hai certamente bisogno di prendere delle decisioni importanti, per cui preparati, fai conoscenze e scegli il giusto laboratorio”. Tuttavia, mi trovo abbastanza spesso profondamente frustrato dalle circostanze. “Perché devo passare dieci ore a lavorare intensamente in laboratorio senza ottenere alcun beneficio scientifico o personale, e non trascorrerle con mia moglie e mio figlio?” “Se le chance di successo sono scarse e difficili, non sarebbe meglio passare a un impiego normale (qualunque esso sia…)?”
Quindi le mie domande sono: come gestirebbe un proficiens [1] il conflitto interiore tra il fascino esercitato dalla scienza e le (potenziali) conseguenze negative del mondo reale? E quali passi posso intraprendere per controbilanciare e aumentare le probabilità e proseguire nella mia carriera scientifica?
Massimo Pigliucci – Per iniziare, sappi che la tua situazione non è affatto inusuale, ed è in realtà molto simile alla mia agli inizi della mia carriera negli anni ’90. Sono arrivato negli Stati Uniti con una borsa di studio di sei mesi, senza alcuna garanzia di ulteriori fondi. Ottenni una posizione di post-dottorato grazie al mio mentore per il PhD, ma valeva solo per un anno e ciò significava ottenere altri fondi oppure trovare lavoro in quel periodo di tempo. Poi arrivò la posizione poco remunerata di un contratto a termine (ma almeno era un contratto a termine, cosa attualmente difficile per molti giovani colleghi). La serenità mentale arrivò soltanto verso la fine dei trent’anni, dopo aver ottenuto un contratto indeterminato potendo così pianificare meglio sul lungo termine. Anche così, mia figlia è cresciuta lontano da me e il matrimonio finì in parte per motivi collegati con la mia carriera. Di fatto, la mia prima decisione della priorità della qualità della mia vita rispetto al lavoro arrivò solo intorno ai quarantacinque anni, quando decisi di trasferirmi a New York senza alcun lavoro presso un’università locale. Tutto questo per dire che ho una profonda simpatia per ciò che stai passando.
Detto questo, sembra che tu abbia afferrato bene la teoria stoica: sì, carriera, qualità della vita e anche la famiglia sono tutti indifferenti preferiti [2], naturalmente non nel senso che non ti importa di essi, ma che questi non influenzano il tuo valore come persona. Uno può avere tutto quello ed essere un essere umano meschino, mentre un altro può non avere nulla ed essere un essere virtuoso e vivere una vita degna di essere vissuta.
Inoltre, come tu stesso hai notato, queste condizioni esterne sono fuori dal tuo controllo [3], dato che non sei tu a determinare nessuno di questi risultati. Sì, puoi influenzare le probabilità di successo per una carriera come scienziato, e puoi lavorare sulle tue relazioni familiari. Ma, alla fine, puoi avere il controllo solo sui tuoi sforzi e non veramente sui risultati. È per questo che gli stoici consigliano di focalizzarsi sui propri sforzi ma di accettare qualunque risultato con equanimità, dato che arrabbiarsi o sentirsi frustrati per la mancanza di successo aggiunge soltanto un’altra auto-inflitta ferita a quella già presente.
Capire quanto sopra non è complicato; metterlo in pratica è difficilissimo. È per questo che Epitteto dice:
“Se non hai appreso in modo da dimostrare praticamente quel che hai studiato, perché mai hai studiato?” (Diatribe I, 29.35) [4]
Ma spiega anche cosa significa praticare:
“Se uno, quando si alza al mattino, rispetta e conserva questi propositi, si lava da uomo fedele e da uomo rispettoso, mangia allo stesso modo, sforzandosi di attuare praticamente, qualunque circostanza gli si presenti, i principi della sua condotta – come il corridore si comporta in ogni circostanza da corridore e il declamatore da declamatore – ebbene, ecco, in verità chi progredisce, ecco chi non ha inutilmente lasciato il suo paese.” (Diatribe I, 4.20)
Ciò che intende è che non ti puoi permettere di essere, per così dire, uno stoico della domenica. Devi essere presente, in senso stoico, ogni giorno e ogni minuto. Quell’esperimento è fallito per la centesima volta? Ripeti a te stesso: “È soltanto un esperimento, il mio valore come essere umano non dipende da esso.” (Poi, se mi è permesso, cambia esperimento, approccia le cose da un diverso punto di vista, non c’è ragione a sprecare altro tempo e risorse nel perseguire qualcosa che si rifiuta ostinatamente di funzionare.)
Non hai ottenuto quel posto o un’assegnazione di fondi? Ripeti a te stesso: “Era solo un colloquio di lavoro (o una proposta di finanziamento), il mio valore come essere umano non dipende da esso.” (Poi, di nuovo, considera seriamente se vale la pena di sottoporre nuovamente la stessa proposta piuttosto che formularne una nuova; o, più precisamente, se ti stai proponendo per il giusto impiego con il giusto curriculum.)
Come dici, già sapevi che le probabilità erano basse e il sacrificio richiesto alto. Non fraintendermi: non cambierei il mio con nessun altro lavoro al mondo. Ma ho avuto fortuna, perché ci vuole talento, sforzo e fortuna per avere successo in ambito accademico, e sfortunatamente quest’ultima gioca un ruolo ben maggiore. Ai miei tempi, ho considerato percorsi alternativi di carriera, qualora la mia prima scelta si ostinasse a non funzionare. Fortunatamente non sono dovuto ricorrere al piano B, ma è sempre saggio avere un piano B.
Naturalmente, ciò non vale solo in ambito accademico. Se si vuole diventare un attore, uno scrittore, un musicista, un pittore o un atleta, ci si trova davanti peggiori probabilità e anche maggiori sacrifici. Mi rendo conto che sentirsi dire “poteva andare peggio” è una magra consolazione, ma gli stoici devono guardare la realtà così com’è, per come meglio la conoscono, non per come desidererebbero che sia.
Questo mi porta al compromesso tra carriera e il resto della tua vita, in particolare della famiglia. Un’importante risorsa si trova nell’etica dei ruoli di Epitteto, sviluppo di una precedente versione del concetto espresso da Panezio. Ho trattato in sei articoli [5] il libro di Brian Johnson su questo tema, benché valga proprio la pena di leggere il libro.
Fondamentalmente, Epitteto pensava che noi abbiamo tre gruppi di ruoli: il primo e fondamentale è quello di essere un essere umano, un membro della polis umana; poi i ruoli assegnatici dal Logos (essere figlio, essere nato in un certa società); e infine i ruoli che abbiamo scelto in base al nostro carattere e alle nostre preferenze (la carriera ma anche le relazioni).
Il ruolo principale è quello di essere un essere umano, e sopravanza tutti gli altri. Ogni volta che prendi una decisione, stoicamente parlando, dovresti chiederti se stai facendo bene per l’umanità. Dopo di ché, ogni ruolo ti dice cosa fare per sua definizione (permettendo, naturalmente, un’interpretazione personale di ciascun ruolo come ampiamente definito dalla società):
“Se poi sei membro del consiglio di qualche città, non dimenticare che sei consigliere; se sei giovane, che sei giovane; se vecchio, che sei vecchio; se padre, ugualmente. Infatti, sempre, ciascuno di questi nomi, se lo si sottopone ad esame, consiglia gli atti che gli sono propri.” (Diatribe II, 10.10-11)
Né Epitteto né io possiamo dirti che cosa fare. Sta a te orientarti nelle complessità della tua vita. Ma i principi stoici forniscono una struttura, una specie di bussola, che ti aiuta in questa navigazione. Pertanto, devi chiedere a te stesso quanto sei disposto a sacrificare non soltanto a livello personale, ma anche nei termini della tua famiglia, nel perseguire la carriera che hai scelto. Quali sono i doveri che hai verso te stesso, il tuo partner, i tuoi figli (se ne hai)? E mentre rifletti su questo, ricorda:
“Perché sei tu che conosci te stesso, qual è il valore che ti attribuisci e a quanto ti vendi; gli uomini, infatti, si vendono a prezzi differenti. …. Solo, considera a che prezzo vendi la tua scelta morale di fondo. Se proprio devi venderla, uomo, almeno non venderla a basso prezzo.” (Diatribe I, 2.11 e 33)
Ti auguro veramente e sinceramente molta fortuna.—-
Traduzione: Paola (autorizzata dall’autore)
Testo originale: How do I balance career and life?
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Note
[1] Proficiens – una persona che afferma che “la virtù è il massimo bene” e cerca coerentemente di praticarla nella sua vita.[ndt]
[2] Vedi: The Stoic spectrum and the thorny issue of the preferred indifferents
[3] Vedi: Everything you need to know about the dichotomy of control
[4] Tutte le citazioni tradotte sono tratte da Epitteto, Tutte le opere – Traduzione C. Cassanmagnago, ed. Bompiani
[5] Vedi: The role ethics of Epictetus