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Archivi della categoria: Società

Il mondo digitale non è sostenibile, A. Giacometti (da Il Tascabile)

17 sabato Apr 2021

Posted by Paola in Società, Storia, Terra

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(…) Negli anni, le tecnologie informatiche e digitali sono diventate, anzi, per certi versi, parte del problema. Qualche dato: per fabbricare un computer si utilizzano 1,7 tonnellate di materiali, compresi 240 chili di combustibili fossili. Internet da sola succhia il 10% dell’elettricità mondiale e rispetto a dieci anni fa inquina sei volte di più, con un monte emissioni che eguaglia oggi quello dell’intero traffico aereo internazionale. Due ricerche su Google rilasciano anidride carbonica al pari di una teiera d’acqua portata a ebollizione, Netflix consuma da sé l’energia di 40mila abitazioni statunitensi. Mezz’ora di streaming emette quanto dieci chilometri percorsi in automobile (secondo altre fonti, non più di un chilometro e mezzo ), mentre un solo ciclo di training linguistico di un algoritmo arriva invece a inquinare come cinque automobili termiche lungo il loro intero ciclo di vita. Complessivamente, i consumi energetici dell’intelligenza artificiale raddoppiano ogni 3,4 mesi, e per risolvere in pochi secondi il cubo di Rubik a un algoritmo serve l’elettricità prodotta in un’ora da tre centrali nucleari.

Ci sono poi i videogiochi: complici la pandemia di coronavirus e le conseguenti restrizioni, il 2020 è stato un anno da record per l’industria videoludica, che nei soli Stati Uniti assorbe il 2,4% dell’elettricità domestica, più di quanto facciano congelatori e lavatrici, generando tante emissioni quante quelle di 55 milioni di automobili a motore termico. Per ridurre consumi ed emissioni Sony e Microsoft hanno introdotto una modalità di utilizzo a risparmio energetico nella loro ultima generazione di console, rispettivamente, e tuttavia la sensazione è che l’intero settore stia rapidamente avanzando verso il più energivoro cloud gaming multipiattaforma. (…)

Testo integrale: https://www.iltascabile.com/scienze/sostenibilita-digitale/

 

Alfabeti antichi e moderni, Carlo Sini (Video, 2018)

11 domenica Apr 2021

Posted by Paola in Filosofia, Linguaggio, Società, Storia, Tempo

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Carlo Sini, altro: L’Universo di Giordano Bruno – François Jullien: tra Bibbia e I Ching

Chi non traduce rinuncia a pensare, L. Canfora (da Corriere della Sera, 2013)

07 giovedì Gen 2021

Posted by Paola in Inserimenti, Linguaggio, Percezione, Società, Storia

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Tradurre è la più vitale delle attività umane. Il cammino della civiltà è una incessante traduzione. Lo capì, ad esempio, un greco d’Asia, che si chiamava Erodoto, il quale vide quanto dal mondo religioso egizio fosse passato nel pantheon greco. I popoli che non traducono, in propria lingua, la civiltà (letteraria, artistica, filosofica, religiosa, scientifica) degli altri o diventano pericolosi o, se non possono essere aggressivi, si condannano al sottosviluppo. Prima o poi se ne renderà conto (al di là dell’attuale suo euforico monolinguismo) il mondo anglosassone, nonostante la forza economico-militare con cui impone agli altri il proprio idioma. Cioè il proprio modello.

Ad Alessandria, nel III secolo a.C. convergevano le culture del mondo conosciuto e schiere di traduttori furono all’opera, come narra un bene informato dotto bizantino, per tradurre da ogni idioma in greco. Non si comprenderebbe la portata di quell’immenso fenomeno che fu l’Ellenismo — in cui si collocano le grandi «letterature di traduzione», da quella latina a quella araba — se non si tenesse conto dell’autentico «dialogo del genere umano» che è, da sempre, il tradurre. E non è un caso che «l’unità del genere umano» e la visione della Terra come «patria comune di tutti gli uomini» fossero i capisaldi delle principali filosofie ellenistiche, quantunque tra loro contrapposte su altri piani.

Almeno dall’Umanesimo in avanti, il tradurre fu pratica fondativa e formativa non più solo nel contatto vivente tra «mondi» concomitanti e persino rivali, bensì, e in pari misura, verso i «mondi» del passato: cioè verso gli antichi e il formidabile loro lascito scritto, scampato all’usura del tempo. L’Umanesimo divenne moderno interrogando, e perciò traducendo, gli antichi greci e romani. Una interrogazione, tutt’altro che tranquilla e passiva, temprata nell’esercizio del comprendere a fondo ciò che l’attività di copia, sulla scala dei millenni, aveva portato a salvazione. Fu quella una interrogazione che, avendo generato e nutrito il Principe e i Discorsi del Machiavelli, il Novum Organum di Bacone e il Sidereus Nuncius di Galilei, può considerarsi a buon diritto l’architrave della modernità. Che ci riguarda tuttora, direttamente.

Un tale imponente fenomeno non si sarebbe dato senza lo sforzo di attrezzarsi a comprendere — cioè a tradurre — quegli antichi nostri interlocutori.

Ma dove nasceva la difficoltà? Non solo nella profondità del pensiero di cui appropriarsi, ma soprattutto nella lontananza. Ed è appunto tale lontananza che fece e fa tuttora di quell’esercizio, di quello sforzo di interrogazione, un cantiere sempre aperto, sempre provvisorio, sempre passibile di prospettive prima non viste. La lontananza infatti comporta che quel lavorio sempre provvisorio del tradurre, consistente nel «colmare i silenzi del testo» (per dirla con Ortega y Gasset), divenga — proprio in ragione della distanza epocale — di gran lunga più arduo e soggettivo che nel tradurre da un contemporaneo. Il quale condivide o combatte le nostre stesse passioni e convinzioni, ha con noi necessariamente tanti presupposti in comune, e perciò, pur in altro idioma, parla non di rado il nostro linguaggio. «Non si può comprendere fino in fondo quella stupenda realtà che è il linguaggio — scriveva Ortega — se non si parte dalla consapevolezza che la lingua è fatta soprattutto di silenzi. Un essere che non fosse capace di rinunciare a dire molte cose sarebbe incapace di parlare. Ogni lingua è una equazione diversa tra l’esprimersi e i silenzi». E prosegue: «Ogni popolo tace alcune cose per poterne dire altre. Perché sarebbe impossibile dire tutto. Da questo deriva l’enorme difficoltà della traduzione: essa consiste nel dire in una lingua proprio ciò che l’altra tende a tacere. Ma allo stesso tempo si intravede quell’aspetto del tradurre che può costituire una magnifica impresa: la rivelazione dei mutui segreti che popoli ed epoche si nascondono reciprocamente». E perciò egli conclude il saggio, felicemente intitolato Miseria e splendore della traduzione, con le parole di Goethe: «Ciò che è umano è vissuto completamente soltanto da tutti gli uomini nel loro insieme».

In questa straordinaria sintomatologia e diagnosi dell’atto del tradurre è racchiusa la spiegazione di ciò che vediamo così spesso sfuggire alla miopia utilitaristica dei falsi riformatori, da sempre protesi a scacciare «l’aoristo passivo» (vedi Andrea Ichino, «Corriere», 21 ottobre) dal Liceo: cioè dalla scuola più completa e perciò davvero utile.

Non sarà sfuggito quel cenno di Ortega a «popoli ed epoche». Lo sforzo di tradurre gli antichi, infatti, è quello che comporta il massimo di capacità intuitiva. Chi ha avuto, o per avventura tuttora conserva, una qualche familiarità col patrimonio scritto greco-latino, sa quanto il valore del singolo termine (spesso polisemico e passibile persino di sfumature opposte di senso) si chiarisca solo se si è prodotta l’intuizione di ciò che l’intera frase significhi. E per converso la frase prenderà piena luce soprattutto dalla comprensione delle parole principali che la compongono. È in questa circolarità che si produce il salto verso la comprensione- intuizione. È in questa circolarità che si comprende cos’è il conoscere. È grazie a questa circolarità che si approda al sapere scientifico. In questo senso un promettente linguista approdato alla militanza politica, Antonio Gramsci, scrisse nei Quaderni del carcere che si studia il latino non già per imparare a parlare latino ma per imparare a studiare.

Chi ebbe la felice opportunità di cimentarsi nella comprensione del lascito scritto di quei remoti nostri interlocutori sa che un siffatto processo interpretativo non è mai dato una volta per tutte. Ovviamente è proprio nel cimento scolastico che si mette in moto quel processo. Nel suo nascere e man mano affinarsi nella testa degli scolari esso ha efficacia, forse incomparabile, per il continuo trapassare dall’intuizione alla sintesi. A questo «serve» il tradurre gli antichi a scuola.

Fonte originale: http://lettura.corriere.it/chi-non-traduce-rinuncia-a-pensare/

Il Natale è una festa pagana o cristiana? — Ad Maiora Vertite

25 venerdì Dic 2020

Posted by Paola in Inserimenti, Società, Storia

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Quando si mette a confronto una festa pagana ed una cristiana è sempre difficile rispondere, e la questione va osservata da numerosi punti di vista. La data del Natale cristiano cade il 25 dicembre, ed alcuni apologeti cristiani hanno identificato questa data con il Sole Invitto di introduzione Aureliana. Questa notizia tuttavia non è suffragata…

Il Natale è una festa pagana o cristiana? — Ad Maiora Vertite

Perchè la scienza ha bisogno della filosofia, da Il Tascabile

15 giovedì Ott 2020

Posted by Paola in Filosofia, Intervista, Società

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Negli ultimi decenni del Novecento si è consumato una sorta di divorzio consensuale tra filosofi e scienziati, sancito per esempio dalle parole del fisico Stephen Hawking che diceva che i filosofi non sono riusciti a tenere il passo con il progresso delle teorie scientifiche, e dunque dichiarava morta in qualche modo la filosofia. ‘Perché la scienza ha bisogno della filosofia’ è invece il titolo diretto, senza fronzoli, di un articolo uscito da poco sulla rivista scientifica PNAS, nove gli autori e le autrici, equamente distribuiti tra filosofi della scienza e scienziati, che non solo sostengono il valore culturale della filosofia, ma entrano nel merito di come gli strumenti della filosofia abbiano un impatto produttivo positivo nella ricerca scientifica, addirittura nei laboratori. Con un linguaggio lontano dal cosiddetto gergo specialistico, filosofico, scientifico, molto piano e diretto fanno esempi concreti tratti da alcuni campi di frontiera delle scienze della vita: si parla di cellule staminali, di neuroscienze, di sistema immunitario, di lotta e di comprensione del cancro.

Tra gli autori dell’articolo ci sono Carlo Rovelli, fisico teorico che lavora all’Università di Marsiglia, scrittore, il suo ultimo libro è Ci sono luoghi al mondo dove più che le regole è importante la gentilezza, e Alberto Mantovani, immunologo dell’istituto clinico Humanitas di Milano. Li abbiamo intervistati assieme a Giovanni Boniolo, filosofo della scienza all’Università di Ferrara, che non è tra gli autori ma lavora su questi temi da anni. (continua…)

Testo integrale: https://www.iltascabile.com/scienze/scienza-filosofia/

Come ordinare una biblioteca, R. Calasso (Libro)

24 giovedì Set 2020

Posted by Paola in Libri, Percezione, Società

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Come ordinare una biblioteca, Roberto Calasso – Ed. Adelphi (2020)

(due estratti)

Come ordinare la propria biblioteca è un tema altamente metafisico. Mi ha sempre meravigliato che Kant non gli abbia dedicato un trattatello. Di fatto potrebbe offrire una buona occasione per indagare una questione capitale: che cos’è l’ordine. Un ordine perfetto è impossibile, semplicemente perchè c’è entropia. Ma senza ordine non si vive. Con i libri, come per tutto il resto, occorre trovare una via tra queste due frasi.

Il miglior ordine, per i libri, non può che essere plurale, almeno altrettanto quanto la persona che usa quei libri. Non solo, ma deve essere al tempo stesso sincronico e diacronico: geologico (per strati successivi), storico (per fasi, incappricciamenti), funzionale (connesso all’uso quotidiano in un certo momento), macchinale (alfabetico, linguistico, tematico). È chiaro che la giustapposizione di questi criteri tende a creare un ordine a chiazze, molto vicino al caos. E questo può suscitare, a seconda dei momenti, sollievo o sconforto. La regola aurea rimane quella del buon vicino, formulata e applicata da Aby Warburg, secondo cui nella biblioteca perfetta, quando si cerca un certo libro, si finisce per prendere quello che gli sta accanto e che si rivelerà essere ancor più utile di quello che cercavamo. (…)

(…) Essenziale è comprare molti libri che non si leggono subito. Poi, a distanza di un anno, o di due anni, o di cinque, dieci, venti, trenta, quaranta, potrà venire il momento in cui si penserà di aver bisogno esattamente di quel libro – e magari lo si troverà in uno scaffale poco frequentato della propria biblioteca. Nel frattempo può darsi che quel libro sia diventato irreperibile, e difficile da trovare anche in antiquariato, perchè di scarso valore commerciale (certi paperback sembrano sapersi dissolvere rapidamente nell’aria) o anche perchè è diventato una rarità e vale molto di più. L’importante è che ora si possa leggere subito. Senza ulteriori ricerche, senza provare a trovarlo in biblioteca. Operazioni laboriose, che conculcano l’estro del momento.

Strana sensazione, quando si aprirà quel libro. Da una parte il sospetto di aver anticipato, senza saperlo, la propria vita, come se un demone sapiente e malizioso avesse pensato: “Un giorno di occuperai dei Bogomili, anche se per ora non ne sai quasi nulla”. Dall’altra un senso di frustrazione, come se non fossimo capaci di riconoscere ciò che ci riguarda se non con un grande ritardo. Poi ci si accorge che quella doppia sensazione si applica anche a molti altri momenti della nostra vita. Valéry una volta ha scritto che “siamo fatti di due momenti, e come dal ritardo di una “cosa” su se stessa”.

Oggi l’informatica ha ridotto enormemente i tempi di attesa e della ricerca di un libro. È uno dei tanti esempi di illusoria onnipotenza fomentati dalle macchine. Ma questo nulla toglie all’incanto di trovarsi fra le mani – immediatamente – un libro di cui non si sapeva di aver bisogno sino a un momento prima. Il gesto decisivo rimane quello di aver acquisito qualcosa, un giorno, pensando che il suo uso era soltanto ipotetico.—

Roberto Calasso (Firenze, 30 maggio 1941) è uno scrittore e editore italiano. Saggista e narratore, è proprietario e direttore editoriale della casa editrice Adelphi. I suoi libri sono tradotti in 25 lingue e pubblicati in 28 paesi.[Wikipedia]

Venir meno per essere nulla, U. Galimberti (video)

17 venerdì Lug 2020

Posted by Paola in Filosofia, Inserimenti, Società, Video

≈ Commenti disabilitati su Venir meno per essere nulla, U. Galimberti (video)

Venir meno per essere nulla, il problema attuale del nichilismo – Umberto Galimberti (video)

Umberto Galimberti – https://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Galimberti

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