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Archivi della categoria: Società

Ho sentito dunque raccontare … , Platone (Estratto dal “Fedro”)

21 sabato Gen 2023

Posted by Paola in Filosofia, Società

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SOCRATE: Ho sentito dunque raccontare che presso Naucrati, in Egitto, c’era uno degli antichi dèi del luogo, al quale era sacro l’uccello che chiamano ibis; il nome della divinità era Theuth. Questi inventò dapprima i numeri, il calcolo, la geometria e l’astronomia, poi il gioco della scacchiera e dei dadi, infine anche la scrittura.

Re di tutto l’Egitto era allora Thamus e abitava nella grande città della regione superiore che i Greci chiamano Tebe Egizia, mentre chiamano il suo dio Ammone.

Theuth, recatosi dal re, gli mostrò le sue arti e disse che dovevano essere trasmesse agli altri Egizi; Thamus gli chiese quale fosse l’utilità di ciascuna di esse, e mentre Theuth le passava in rassegna, a seconda che gli sembrasse parlare bene oppure no, ora disapprovava, ora lodava. Molti, a quanto si racconta, furono i pareri che Thamus espresse nell’uno e nell’altro senso a Theuth su ciascuna arte, e sarebbe troppo lungo ripercorrerli; quando poi fu alla scrittura, Theuth disse:

«Questa conoscenza, o re, renderà gli Egizi più sapienti e più capaci di ricordare, poiché con essa è stato trovato il farmaco della memoria e della sapienza».

Allora il re rispose: «Ingegnosissimo Theuth, c’è chi sa partorire le arti e chi sa giudicare quale danno o quale vantaggio sono destinate ad arrecare a chi intende servirsene. Ora tu, padre della scrittura, per benevolenza hai detto il contrario di quello che essa vale.

Questa scoperta infatti, per la mancanza di esercizio della memoria, produrrà nell’anima di coloro che la impareranno la dimenticanza, perché fidandosi della scrittura ricorderanno dal di fuori mediante caratteri estranei, non dal di dentro e da se stessi; perciò tu hai scoperto il farmaco non della memoria, ma del richiamare alla memoria.

Della sapienza tu procuri ai tuoi discepoli l’apparenza, non la verità: ascoltando per tuo tramite molte cose senza insegnamento, crederanno di conoscere molte cose, mentre per lo più le ignorano, e la loro compagnia sarà molesta, poiché sono divenuti portatori di opinione anziché sapienti».

– Estratto da: Fedro, Platone (Edizione Acrobat, trad. Patrizio Sanasi)

Fonte e testo integrale: http://www.ousia.it/SitoOusia/SitoOusia/TestiDiFilosofia/TestiPDF/Platone/Fedro.pdf

Il Capodanno cinese, da Star Walk (estratti)

18 mercoledì Gen 2023

Posted by Paola in Società

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Ogni anno, il capodanno cinese cade in date diverse, ma si verifica sempre al novilunio tra il 21 gennaio e il 20 febbraio.

Perché la data del giorno festivo cambia di anno in anno? Mentre nei paesi occidentali, per celebrare le festività tradizionali viene utilizzato il calendario gregoriano, i cinesi usano il proprio calendario lunisolare, che contia un mese extra occasionale.

Anche se il calendario tradizionale cinese è spesso indicato come calendario lunare, è, a tutti gli effetti, un ibrido di calendari lunari e solari. Significa che tiene conto sia dell’orbita della Luna intorno alla Terra che dell’orbita della Terra intorno al Sole.

Nel calendario cinese viene utilizzato il mese sinodico. È il periodo che la Luna impiega per ruotare intorno alla Terra rispetto al Sole. Il mese sinodico dura da un novilunio a quello successivo, ed equivale a 29,53 giorni. Se moltiplichi questo numero per 12 mesi, otterrai 354 giorni all’anno, ovvero 11 giorni in meno di quanto ci voglia al nostro pianeta per ruotare intorno al Sole.

I cinesi volevano correggere questa incoerenza e sincronizzare il loro calendario con il movimento della Terra intorno al Sole. Quindi, una volta ogni tre anni, viene aggiunto un 13 ° mese al calendario cinese. Questo “mese bisestile” è il motivo per cui il capodanno cinese cade in date diverse ogni anno nel calendario gregoriano.[…]

[…] Le celebrazioni del Capodanno cinese presentano comunemente decorazioni di colore rosso nelle abitazioni, l’utilizzo di botti e fuochi d’artificio, danze del drago e del leone per strada, e il consumo di jiaozi (gnocchi cinesi) con la propria famiglia. Non molte persone sanno che i cinesi seguono anche delle “istruzioni” tradizionali su come comportarsi in ciascuno dei 16 giorni di celebrazione del nuovo anno. Eccole qui:

  • 21 gennaio: cena in famiglia, dove si rimane in piedi fino a mezzanotte;
  • 22 gennaio: visita ai parenti e alle tombe degli antenati;
  • 23 gennaio: le donne sposate fanno visita ai loro genitori con i loro mariti e figli;
  • 24 gennaio: stare a casa con la famiglia e giocare;
  • 25 gennaio: pregare e andare ai templi;
  • 26 gennaio: rompere i tabù dei giorni precedenti (come fare lavori di cucito e tagliarsi i capelli);
  • 27 gennaio: sbarazzarsi di cose vecchie e indesiderate;
  • 28 gennaio: uscire in mezzo alla natura;
  • 29 gennaio: prendere parte a un’altra cena in famiglia;
  • 30 gennaio: accendere l’incenso in onore del mitico Imperatore di Giada;
  • 31 gennaio: celebrare la “nascita della pietra” (la nascita di tutte le cose) non spostando nulla che sia fatto di pietra;
  • 1 febbraio: i padri invitano i loro generi;
  • 2-4 febbraio: cucinare e fare lanterne come preparazione per il Festival delle Lanterne;
  • 5 febbraio: accendere lanterne, rispondere agli indovinelli scritti su di esse, guardare le danze del drago e mangiare il dessert tradizionale chiamato tangyuan.(segue)

Fonte e testo integrale: https://starwalk.space/it/news/chinese-new-year

Abitare l’intreccio del mondo vivente, Sofia Belardinelli (da Il Tascabile)

19 sabato Nov 2022

Posted by Paola in Evoluzione, Filosofia, Scienza, Società, Terra

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Estratto interno – Articolo completo: https://www.iltascabile.com/scienze/margulis-eco-evo-devo-evoluzione/

– – – – – – – – – – – –

(…) La visione propugnata da Margulis si poneva in netto contrasto con questa narrazione. La vita si basa sulla cooperazione, scriveva la biologa, piuttosto che sulla competizione: dallo sviluppo individuale (ontogenesi) fino ai fenomeni macroevolutivi come la speciazione, tutto dipende in primo luogo da una pacifica collaborazione tra viventi, che si realizza spesso sotto forma di unioni simbiotiche.

Tale proposta, sebbene scientificamente solida e molto esplicativa, era inaccettabile per la teoria dominante: un suo riconoscimento, anche solo parziale, avrebbe messo in discussione troppi dei suoi capisaldi. Ma uno dei meriti di Margulis, dotata di grande caparbietà e conscia della validità delle proprie ipotesi, fu proprio questo: aprire una crepa nel muro di certezze su cui poggiava l’evoluzionismo “gene-centrico” novecentesco, creare le condizioni per l’avvio di un dibattito sui fondamenti teorici di questo campo della ricerca scientifica.

In tal modo, insomma, veniva per la prima volta messa in dubbio l’effettiva oggettività della descrizione del mondo naturale costruita, a partire dal nucleo esplicativo darwiniano, dalla Sintesi Moderna della biologia evoluzionistica. Una volta riconosciuto che processi quali la competizione, l’individualismo, la lotta hanno un’importanza tutto sommato secondaria in natura rispetto a processi come la cooperazione multilivello e la simbiosi, diviene infatti evidente come quella narrazione sia figlia di una specifica Weltanschaaung, la stessa che ha portato, quasi parallelamente, all’emersione del capitalismo. L’operazione teorica di Margulis e dei (pochi) studiosi che, in quegli anni, iniziavano a mettere in discussione gli assunti principali della Sintesi Moderna consisteva, perciò, anche nell’allontanamento (seppur parziale) da uno dei punti nodali della visione darwiniana: la descrizione della natura incentrata sul principio di selezione naturale, il quale agisce in risposta alle necessità che emergono da un preciso contesto ecologico – quello della lotta per l’esistenza (struggle for existence) – e che il naturalista inglese aveva elaborato a partire dalle analisi malthusiane sul contrasto tra gli alti tassi di fecondità delle popolazioni naturali e l’insuperabile scarsità delle risorse disponibili.

Processi quali la competizione, l’individualismo, la lotta hanno un’importanza tutto sommato secondaria in natura rispetto a processi come la cooperazione multilivello e la simbiosi.

Proprio grazie all’avanguardistico lavoro di Margulis e degli scienziati che, nei decenni successivi, seguirono la sua suggestione di un altro modo di intendere il mondo naturale, la comprensione della fitta rete di relazioni collaborative che permea il mondo vivente ha compiuto nel tempo grandi progressi, rivelando che, proprio come ipotizzato dalla biologa statunitense, la cooperazione è un motore evolutivo fondamentale e operante ad ogni livello.

Oggi sono sempre più numerosi i ricercatori che abbracciano questa prospettiva, riconoscendo alla cooperazione un ruolo di primo piano nella storia della vita sulla Terra. I meccanismi collaborativi che muovono la vita sono indagati sempre più a fondo e, a poco a poco, emerge con chiarezza quanto la visione unicamente focalizzata su geni, selezione naturale e competizione fosse ristretta e parziale. Questo non significa – come sottolineano in un meraviglioso manuale Scott Gilbert e David Epel, due dei più importanti studiosi di una nuova branca dell’evoluzione, l’ecologia dello sviluppo o eco-evo-devo – che concetti come la competizione e la selezione naturale non siano più validi, o che debbano essere abbandonati. Essi mantengono, senz’altro, tutta la loro rilevanza teorica e pratica, ma devono essere inseriti all’interno di un più ampio quadro di fenomeni e processi che caratterizza il mondo dei viventi nella sua pluralità. (segue)

Testo integrale: https://www.iltascabile.com/scienze/margulis-eco-evo-devo-evoluzione/

L’imprescindibile umanità delle scienze, dialogo con Isabella Blum (da Il Tascabile)

03 sabato Set 2022

Posted by Paola in Coscienza, Intervista, Libri, Linguaggio, Neoscienze, Percezione, Società

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Parole scientifiche e parole letterarie: un dialogo con Isabella C. Blum, traduttrice dei libri di Oliver Sacks e di tanti altri grandi saggi scientifici.

Isabella C. Blum è biologa e traduttrice. Ha tradotto e curato libri per moltissime case editrici, da romanzi a testi scolastici, specializzandosi poi in “saggistica letteraria”: è, per esempio, la voce italiana di Oliver Sacks per Adelphi. Ha tradotto negli anni i libri del neuroscienziato Antonio Damasio, del biologo Stephen J. Gould, del matematico John D. Barrow, del Peter Godfrey Smith. Ma anche classici della scienza scritti da Francis Crick, James Dewey Watson, Charles Darwin.

Che si tratti di biologia o astrofisica, neuroscienze o storia della psichedelia, il lavoro di Blum è sempre al confine fra traduzione scientifica e traduzione letteraria, cercando di riportare in lingua italiana i migliori divulgatori di lingua inglese: grandi scienziati quindi, ma anche ottimi scrittori. Un lavoro fatto di attenzione e cura ai dettagli, chiarezza espositiva e orecchio per lo stile, rigore accademico e poesia.

Vorrei partire dall’inizio: qual è la sua formazione? Come è arrivata a fare il lavoro che fa?

Sono due domande molto diverse. La prima è quella più semplice. La mia formazione è stata fortunatamente, o forse dovrei dire fortunosamente, eclettica. Ho avuto una madre innamorata della letteratura e dell’arte, della lettura e della scrittura, e un padre con una cultura da ingegnere; ho fatto un liceo classico nel corso del quale mi sono capitati (anche) alcuni splendidi docenti, ho studiato musica con un grande Maestro, e ho una laurea scientifica. Tutti questi sono tasselli che hanno contribuito in modo importante alla mia forma mentis, infondendomi l’amore per le parole, per la lettura e la scrittura, l’approccio scientifico al testo, e una certa sensibilità musicale. A posteriori, l’insegnamento più alto che mi venne dal mio Maestro di pianoforte, Alberto Mozzati, fu quello del rispetto verso se stessi e quindi verso il proprio lavoro. Mai esibirsi impreparati, mai o la va o la spacca, sempre un’attenzione certosina – amorevole – al dettaglio: il dettaglio che non è minuzia irrilevante ma componente essenziale. Non pedanteria ma cura. Sono insegnamenti fondamentali, non solo per un musicista, non solo per un traduttore; io li ricevetti da adolescente e li capii molto più tardi. Me li porto sempre dentro.

Per quanto riguarda la seconda domanda, cioè come io sia arrivata alla traduzione – rispondere è un po’ più complicato. Posso dire che terminati gli studi universitari – studi scientifici: io sono laureata in Scienze Biologiche – la mia idea era quella di fare ricerca, possibilmente rimanendo nell’ambiente accademico, oppure anche in campo farmaceutico. Avevo però una grande passione per la divulgazione scientifica e per la scrittura, e quindi avevo già pensato anche a uno sbocco professionale alternativo, in ambito editoriale. Quando capii che le possibilità di guadagnarmi da vivere rimanendo all’università erano prossime allo zero, mi attivai cercando lavoro sia nelle aziende farmaceutiche, sia proponendomi come traduttrice alle case editrici. Fui assunta da una casa farmaceutica che non mi impiegò nella ricerca, ma nel lavoro sulla documentazione scientifica relativa ai suoi prodotti. E contemporaneamente ottenni i primi contratti per traduzioni editoriali – saggistica scientifica. Per qualche anno seguii questo doppio binario, poi decisi che il lavoro editoriale mi interessava decisamente di più, e la mia attività si concentrò in modo sempre più esclusivo sulla saggistica scientifica. (segue)

Testo integrale:https://www.iltascabile.com/scienze/isabella-c-blum/

Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza, Julian Jaynes (libro)

31 domenica Lug 2022

Posted by Paola in Coscienza, Evoluzione, Filosofia, Libri, Neoscienze, Società, Storia

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Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza, Julian Jaynes – Edizioni Adelphi

La coscienza della coscienza, Cap. I – Estratto

Quando ci poniamo la domanda:”che cos’è la coscienza?”, diventiamo coscienti della coscienza. E la maggior parte di noi ritiene che proprio questa coscienza della coscienza sia la coscienza. Ma non è così.

Quando siamo coscienti della coscienza, siamo convinti che la coscienza è la cosa più evidente che si possa immaginare. Pensiamo che la coscienza sia l’attributo che definisce tutti i nostri stati di veglia, i nostri stati d’animo e sentimenti, i nostri ricordi, pensieri, attenzioni e volizioni. Ci sentiamo confortevolmente sicuri che la coscienza è la base dei concetti, dell’apprendimento e del ragionamento, del pensiero e del giudizio, e che è tale perchè registra e immagazzina le nostre esperienze man mano che si verificano, consentendoci di esaminarle introspettivamente e di imparare da esse a nostro arbitrio. Siamo anche pienamente coscienti che tutto questo meraviglioso complesso di operazioni e di contenuti che chiamiamo coscienza è situato da qualche parte all’interno della testa.

A un esame critico, tutte queste proposizioni si rivelano erronee. Esso sono il costume con cui la coscienza si è mascherata per secoli. Sono le idee errate che hanno impedito di pervenire a una soluzione del problema dell’origine della coscienza. Dimostrare questi errori e indicare che cosa non è la coscienza è il compito lungo, ma io spero avventuroso, di questo capitolo.—

Indice: Introduzione [Il problema della coscienza] – I. La mente dell’uomo [1. La coscienza della coscienza – 2.  La coscienza – 3. La mente dell’Iliade – 4. Il doppio cervello – 5. L’origine della civiltà] – II. La testimonianza della storia [1. Dèi, tombe e idoli – 2. Teocrazie bicamerali in possesso della scrittura – 3. Le cause della coscienza – 4. Una nuova mente in Mesopotamia – 5. La coscienza intellettuale della Grecia – 6. La coscienza morale dei khabiru] – III. Vestigia della mente bicamerale nel mondo moderno [1. La ricerca dell’autorizzazione – 2. Dei profeti e della possessione – 3. Della poesia e della musica – 4. L’ipnosi – 5. La schizofrenia – 6. Gli auspici della scienza] – Post scriptum (1990)

– – – – – – – – –

Julian Jaynes (1920-1997) – La sua carriera di ricercatore fu dedicata al tema della coscienza intesa come “la differenza tra ciò che gli altri vedono di noi e la nostra auto consapevolezza unita al senso profondo che la sostiene. [Wikipedia] – Julian Jaynes Society

L’osco, questo strano conosciuto – S. Cabriolu (da “Il Mercurio”)

28 giovedì Lug 2022

Posted by Paola in Linguaggio, Società, Storia

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A tutti sarà capitato di sentire parlare, anche solo di sfuggita, del popolo degli ‘Osci’ o ‘Oschi’, e della lingua osca, e magari avrà inteso che si tratta di un’antica cultura della nostra penisola. Ma di preciso di che cosa stiamo parlando? Di quale popolo, di quale lingua? E quale è l’eredità che ci ha lasciato, l’impronta che persiste nell’italiano dei nostri giorni? Lo scopriremo insieme, e queste domande ci porteranno a rievocare un passato dal sapore italiano o, meglio, italico, ma di respiro ampio. Basti pensare a parole di uso comunissimo come ʻpadreʼ o ʻdonoʼ le quali, in lingua osca, suonano come patír e dúnúm, non poi tanto diverse da lingue più note come il latino pătĕr e dōnum, il greco πατήρ (patḕr) e δῶρον (dṑron) il sanscrito dāna e pitṛ.

L’osco era una lingua indoeuropea e la sua vastissima area di estensione andava da Messina, attraverso il Bruttium (Calabria) e la Lucania (quasi tutta l’odierna Basilicata) e parte dell’area apula (attuale Puglia con l’esclusione della penisola salentina), fino alla Campania, al Samnium (pressappoco corrispondente a buona parte dell’attuale Molise, alla fascia meridionale dell’Abruzzo nonché ai settori nord-orientali della Campania) e alla regione costiera adriatica centrale popolata dai Frentani (Abruzzo adriatico meridionale). La lingua osca era parlata grosso modo dal VI-V secolo a.C. fino al processo di romanizzazione (circa I secolo a.C.), vale a dire l’egemonia politica di Roma sulle altre popolazioni italiche tra le quali, appunto, gli Osci. Il processo di romanizzazione ebbe come immediata conseguenza la cosiddetta latinizzazione linguistica, cioè la diffusione del latino rispetto alle altre preesistenti tradizioni linguistiche che concorsero alla preistoria dell’italiano.  (segue)

Ttesto integrale: https://unaparolaalgiorno.it/articoli/lingue-e-popoli/l-osco-questo-strano-conosciuto-55

Pensare non pensando, N. Katherine Hayles – Intervista

02 sabato Lug 2022

Posted by Paola in Coscienza, Intervista, Società

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ATSAC, Automated Traffic Surveillance and Control, è il sistema che governa il traffico di Los Angeles. La sua pelle sono 18 mila rilevatori sparsi per la città, e 400 gli occhi, le telecamere che sorvegliano gli incroci problematici. Proprio adesso da quell’incrocio arriva il segnale di un bus in ritardo e di un’immissione congestionata: gli algoritmi di ATSAC reagiscono, coordinano i semafori per sbloccare il traffico e dare pure la precedenza alla corsia preferenziale del bus. Il sistema sensoriale è però fatto anche dai conducenti stessi, che segnalano le situazioni complicate per strada. Tutte queste informazioni restano in memoria una settimana, così da individuare modelli del traffico e permettere agli algoritmi di aggiornarsi e agli operatori di prendere decisioni informate. Anche loro intervengono: con un comando possono cambiare un’intera rete di semafori.

In questo intreccio le intelligenze umane e tecniche interagiscono. È quello che N. Katherine Hayles chiama assemblaggio cognitivo nel suo ultimo testo, L’impensato, uscito in Italia per effequ e tradotto da Silvia Dal Dosso e Gregorio Magini. N. Katherine Hayles è teorica e critica letteraria, si è occupata di postumanesimo, ha scritto, tra le altre cose, How We Become Poshuman: Virtual Bodies in Cybernetics, Literature and Informatics, si è mossa dentro le relazioni tra letterature, scienze, tecnologie.

In quel groviglio di uomini e macchine, dove si concentra l’intelligenza? E possiamo davvero dire che si “concentra” da qualche parte, o dovremmo accettare il fatto che è sparsa? Benché continuamente immersi dentro assemblaggi cognitivi di questo tipo, abbiamo ancora l’impressione che l’intelligenza sia individuabile sempre e solo nella nostra coscienza. Conserviamo cioè l’idea che l’intelligenza sia la forma appuntita della nostra coscienza. E dunque, quando ci interroghiamo sulle abilità cognitive dei non umani, ci chiediamo, nel caso dei viventi, che forma di coscienza li abiti o, nel caso dei sistemi artificiali, che forma di coscienza potrà abitarli. L’impensato sovverte queste domande. Per esempio: è necessario che sistemi artificiali complessi si dotino di coscienza, che in loro emerga, oppure possono avere doti cognitive sofisticatissime anche restando non consci? Hayes cerca esempi, metafore e risposte nei saggi dei neuroscienziati e nei romanzi di fantascienza. Come Blindsight di Peter Watts, dove un equipaggio umano incontra i criptoidi, alieni dalla tecnologia mostruosa ma senza coscienza. Perché la coscienza, scrive, “spreca energia e potenza di calcolo, è ossessionata da se stessa fino alla psicosi”. (segue)

Testo integrale: https://www.iltascabile.com/scienze/impensato-hayles/

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