La musica e i suoi effetti neuro-psico-fisiologici (estratto dalla relazione tenuta al XIII Congresso dell’ISME), Alfred Tomatis
Estratti
(…) Comunque la si veda, la musica comincia proprio dove si instaura il mistero, lasciandoci solamente intuire che il mondo sonoro è chiamato essenzialmente a tradurre, nella sua risposta esistenziale, il silenzio vibrante e cantante dell’inudibile sottostante, manifestazione incontestabile di una realtà inaccessibile ai nostri sensi. Come il visibile ci rivela l’invisibile che lo sottende e lo modella, la musica risponde al canto di un cosmo moventesi al ritmo di un’armonia, che si concede generosamente ad alcuni eletti incaricati di trasformare in suoni udibili i messaggi sonori che l’universo avrà consegnato loro.
Ma poi bisognerà rispettare alcune regole che rispondano alle esigenze di un sistema nervoso prima di tutto codificato dal suo induttore essenziale che si rivela essere, come si è visto, l’apparato uditivo. Tanto che potremo affermare che ogni essere sulla via di umanizzazione è un orecchio, cioè un’antenna all’auscultazione dell’ambiente nel quale è immerso. La musica rimane incontestabilmente il modo più affinato per mettere questo ambiente in risonanza.
Senza dubbio è a questo livello che sarà bene definire che cos’è la musica. Se il musicista, il teorico della materia, ci permettesse qualche incursione nel suo campo, sapremmo mormorare il più discretamente possibile per non meritare il timbro di eresia, che c’è prima la musica, poi le musiche, in seguito dei linguaggi sonori e infine delle esperienze acustiche.
La musica agisce attraverso i suoi effetti di armonizzazione interiore, cioè attraverso l’utilizzazione di modalità primitive. In questo, d’altronde, essa mi sembra essere “essenziale”. Essa suscita e risveglia, fino a renderle in qualche maniera tangibili, le modulazioni proprie del sistema simpatico.
Le musiche, in secondo grado, sono le strutture sonore che sanno aggiungere a queste modalità di base i ritmi della vita esteriore, introdotti questi stessi dalla società e dalla cultura, che vanno dal gesto fino al linguaggio, e che riguardano in realtà tutta la gestualità. Si riconoscono come primi generatori di quelle musiche gli elementi folkloristici.
I linguaggi sonori che si inseriscono di seguito fanno rivivere concretamente gli stati emozionali, introducendo nello stesso tempo le sonorità evocative di accenti percepiti ed engrammati nei nuclei affettivi centroencefalici che presiedono alla vita neurovegetativa, ed i ritmi che trascinano il corpo fuori dalle codifiche normalizzate anteriormente. Ne deriva una struttura narrativa, a semiologia sonora, che si esprime sul corpo in tutta la sua dinamica esterna ed interna.
Infine, esistono delle esperienze acustiche. È facile cogliere il livello che bisogna raggiungere per comprenderle, al di fuori di ogni concezione di ascolto. Esse hanno il merito di introdurre nel mondo sonoro oggetti acustici nuovi. Questi ultimi dovranno a loro volta, per essere trascritti in memorizzazione corporea, rispondere ai fattori intrinseci del sistema nervoso: senza ciò, quale che sia la bellezza che rappresentano per l’autore, non avranno nessuna possibilità di poter essere integrati in un’universalità neuronale.
Questa incursione nel mondo sonoro ci permette di pensare che è necessario distinguere bene le diverse espressioni musicali e di determinarne gli effetti neuro-psico-fisiologici. È a questo livello che la nostra specialità, l’audio-psico-fonologia, interviene in maniera determinante con l’intento di isolare e in tal modo di comprendere meglio gli effetti dei suoni e più espressamente della musica sull’organismo umano.
L’azione dinamogenica dell’orecchio è messa in risalto grazie a dei montaggi elettronici in grado di suscitare la postura d’ascolto, privilegiando i suoni che si collocano in un volume sonoro la cui forma e densità rispondono alle norme delle cellule dell’organo di Corti. La musica (una certa musica) interviene allora in seno ad una programmazione sonica che tiene conto dei processi evolutivi che, dopo la vita intrauterina, devono portare l’orecchio verso l’ascolto, e più precisamente verso l’ascolto del linguaggio. Una base neuronale si rivela indispensabile per collocare le serie di onde di impulso chiamate a veicolare ulteriormente le informazioni semantiche. Questa programmazione primordiale, fondamentale, vettore essenziale di una integrazione acustica armoniosa distribuita nell’insieme del sistema nervoso e in tal modo in tutto il soma, permetterà di introdurre le posture, in particolare la verticalità, di distribuire in modo omogeneo la tonicità su tutto il corpo messo all’ascolto, di modellarlo, insomma, perché divenga un’antenna recettrice vibrante all’unisono con la sorgente sonora, sia essa musicale o linguistica.
Per essere più concreti, propongo di indicare in poche righe come procediamo in materia di pedagogia dell’ascolto. Con l’aiuto dei montaggi elettronici facciamo rivivere il periodo uditivo intrauterino, principalmente a partire dalla voce della madre che è stata registrata e poi filtrata oltre gli 8000 Hz, con l’intento di togliere ogni informazione semantica e di restituire solo la carica affettiva che verrà a suscitare, accelerare o ridare al soggetto il desiderio di comunicare, il desiderio di vivere. È attraverso apparecchiature che utilizzano bascule elettroniche, le quali fanno sì che l’orecchio si adatti all’ascolto, che questi messaggi sono trasmessi.
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Perché Mozart, perché il gregoriano, perché le filastrocche? Ci sarebbe molto da dire su queste differenti scelte. Resta soprattutto da constatare che, su decine di migliaia di casi (patologici e normali), le reazioni neuro-psico-fisiologiche hanno largamente superato i risultati già raggiunti dalle tecniche utilizzate abitualmente. Per Mozart, come ho già indicato, sono più efficaci i pezzi per violino (contenenti dunque numerose sequenze ricche di suoni acuti). Quanto al gregoriano, le modulazioni del tipo di “Solesmes” stabilite da Don Gajard costituiscono elementi di scelta. In effetti, il repertorio trasmesso da questo infaticabile e geniale ricercatore detiene un’universalità ed un’efficacia pedagogica e terapeutica incontestabile. Al contrario della musica di Mozart, il gregoriano tranquillizza, calma il cuore e la respirazione nello stesso tempo in cui sollecita la verticalità, agendo elettivamente sugli estensori.
Per i bambini, contemporaneamente ai due elementi sonori precedentemente ricordati, facciamo mettere delle filastrocche dell’etnia alla quale appartiene il bambino. Questo è molto importante e ci rivela a quale punto queste canzoni per bambini, che hanno attraversato i secoli, costituiscono le basi stesse della lingua che sarà utilizzata più tardi come mezzo di comunicazione. Esse contengono gli elementi strutturanti folklorici del futuro linguaggio. Le filastrocche tedesche o spagnole, ad esempio, non possono essere in nessun caso applicate all’educazione o alla rieducazione dei bambini francesi.
I ritmi di base corrispondenti a dei codici neuronali differenti restano specifici di ogni etnia. E persino in seno alla stessa lingua (la francofonia, ad esempio) le filastrocche costituiscono elementi particolari, non potendo essere utilizzate da un paese all’altro. Peraltro, per i bambini che presentano disturbi profondi della personalità (autismo, schizofrenia…) somministriamo prima di tutto filastrocche su dei la-la-la senza valore semantico, al fine di non proiettare il bambino in una dinamica linguistica che finora ha rifiutato. I ritmi che le filastrocche contengono lo vanno a preparare ad accettare progressivamente il linguaggio con i suoi influssi psico-affettivi suscettibili di trasformare il suo universo relazionale.
Perciò, dopo questa minuziosa preparazione, il sistema nervoso, ridiventato rete integratrice libera e liberata, sarà capace di ricevere il montaggio linguistico di cui il bambino o l’adulto si potranno servire al fine di una completa comunicazione con il loro ambiente. I processi di integrazione e di apprendimento saranno in tal modo riattivati e permetteranno al soggetto di beneficiare di tutte le sue potenzialità.
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Ora è tempo di concludere. Che cosa possiamo ricordare di questa lunga esposizione centrata su dati scientifici, che sembrano a volte molto lontani dalla stessa musica nella sua potenza creatrice? Mi si perdoni questo approccio alquanto noioso e fin troppo specialistico, ma mi sia concesso, per terminare, di rivolgermi al musicista affrontando con esso la nozione della sua responsabilità.
Capace di risuonare agli accenti di una misteriosa induzione, egli – per la scelta delle composizioni che esegue, per il modo in cui egli fa uso della sua arte, per la finezza con la quale prepara le sue modulazioni – deve poter comunicare intimamente con colui che si trova all’altra estremità della catena e il cui corpo tutto intero rimane all’ascolto di questo vibrante messaggio. Il suo dono di creatività gli è offerto perché egli metta al servizio dell’altro questa manna che gli è stata così generosamente dispensata. Egli deve prendere coscienza del ruolo fondamentale che è chiamato ad interpretare rispetto ad ogni essere umano per condurlo verso la sua realtà linguistica.
La musica, in effetti, costituisce il modo migliore di preparare le vie sulle quali si instaurerà il linguaggio. Essa è, nella sua essenza, questa vibrazione originaria che mette in risonanza il sistema nervoso umano, substrato di tutti i meccanismi chiamati ad attivare il corpo e l’anima. Con le sue modulazioni può aiutare a modellare l’essere umano nelle sue componenti fisiche, mentali e spirituali. Con i suoi accenti può liberare dalle sue pastoie colui che si trova rinchiuso nelle reti che avrà tessuto l’esistenza. Essa è il fondamento del canto che salmodia la liberazione dell’essere in preda all’angoscia di vivere. Essa è un dono gratuito, stranamente e meravigliosamente offerto perché l’uomo si elevi fino alla sua autentica condizione umana.
La musica detiene così un carattere universale messo al servizio di tutti. E il musicista deve costantemente tenere presente che non compone o esegue musica per lui solo né per piacere essenzialmente ad una cerchia di iniziati, una specie di assemblea privilegiata riunita attorno ad una medesima cultura. Esso è là per dispensare a tutti questo dono musicale che ha così generosamente ricevuto, anche oltre le dimensioni umane. Questo dimostra quanto sia grande la sua responsabilità, quanto i suoi poteri siano estesi. E niente deve permettergli di abusarne e di creare in tutta libertà dei montaggi sonori che trasgrediscano le leggi dell’armonia, quelle che regolano il cammino del mondo e costituiscono la base stessa delle reazioni neurofisiologiche di ogni essere umano. Con la sua azione, con la sua vigilanza, con le sue lotte e i suoi combattimenti egli deve rimanere attento a queste leggi, in cui l’universalità resta il criterio strutturante neurologico per eccellenza.
Faccio naturalmente allusione a queste composizioni aberranti che sono delle vere e proprie droghe sonore, destinate ad asservire generazioni di giovani, distruggendo il loro sistema nervoso in modo a volte definitivo. L’appello che lancio ai musicisti del nostro tempo, evocando la potenza e i pericoli dell’emissione creatrice, non deve far dimenticare che bisogna rivolgersi ad uno specialista incaricato di assicurare la qualità di ricezione del messaggio musicale a livello del sistema nervoso destinato a percepirlo. Così come non serve a niente presentare quadri d’autore a dei bambini privati della vista o non desiderosi di vedere e ancora meno di guardare, è altrettanto inutile inondare le orecchie dei bambini con una musica di cui si conosce tutta la bellezza e di cui si apprezza l’insondabile ricchezza, se questi giovani presunti uditori sono sprovvisti di un autentico ascolto.
Al momento attuale è in nostro potere, lo ricordo, non solo misurare le potenzialità d’ascolto ma anche di modificarle per aumentarne l’efficacia. Tanto che è possibile, prima di accordare gli strumenti quando ci si accinge a suonarli, accordare i nostri orecchi al fine di beneficiare, oltre al ristabilito desiderio di udire, della facoltà di integrare, di imbeversi di questo messaggio fino ad incarnarlo.
Ho molto insistito sulla necessità di conoscere e di misurare gli effetti della musica sull’organismo umano, per poter cogliere meglio la portata che può avere ogni composizione musicale, che la si collochi da un punto di vista educativo e culturale o che la si indirizzi a dei criteri terapeutici. Mi sarà gradito terminare questa conferenza esprimendo un desiderio: quello di vedere, in seno all’ISME, costituirsi gruppi di ricerca destinati a studiare in profondità i problemi inerenti agli orientamenti di ordine psicologico e psicanalitico che assumono alcuni specialisti aperti ad indagini fondamentali in materia di neurologia e neurofisiologia. Queste équipes, lavorando in collaborazione con coloro per i quali la preoccupazione resta e deve restare quella di creare e produrre musica, permetteranno così di raccogliere, in questo enorme serbatoio umano che è il mondo d’oggi, le energie necessarie alla creazione di ampi mezzi educativi e terapeutici, riservati fino ad ora ad alcune élites a malapena consapevoli di ciò che possiedono. (…)
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Alfred Tomatis (1920-2001) era medico otorinolaringoiatra e ha dedicato la sua vita a studiare gli stretti legami tra voce, cervello e orecchio. Il suo lavoro ha avuto un impatto rivoluzionario per capire come l’individuo comunica con sé stesso e gli altri. Pioniere nel campo delle scienze cognitive, Alfred Tomatis ha lasciato un segno indelebile sia per le sue scoperte sia per la sua straordinaria personalità. Oggi misuriamo l’entità della sua eredità alla luce delle recenti ricerche sulla plasticità del cervello.