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Archivi della categoria: Filosofia

Daoismo e Confucianesimo, Augusto Shantena Sabbadini (Estratto, Libro)

19 domenica Mar 2023

Posted by Paola in Filosofia, Inserimenti, Libri, Spiritualità, Taoismo

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Estratto da Zhuangzi – Introduzione, a cura di Augusto Shantena Sabbadini (Edizioni Feltrinelli)

Se il Confucianesimo, che pone l’accento sulla morale, sulla tradizione, sulla gerarchia, sulla razionalità, sulla cultura, sul rispetto delle forme dei rituali, sulla funzione pubblica, si può ben dire la tendenza principale del pensiero cinese in oltre duemila anni di storia, il Daoismo ne rappresenta il contraltare, sottolineando la libertà, il non convenzionale, il privato, la spontaneità, la natura, l’intuizione, il magico, il meraviglioso, l’irrazionale.

Quest’altra tendenza è presente in tutta la storia della Cina, in parte contrapponendosi e in parte intrecciandosi con la dominante confuciana, così che nessuna delle due possa essere compresa a fondo senza far riferimento all’altra. Non di rado il letterato-gentiluomo-funzionario che era l’elemento portante nell’organizzazione dell’impero, trascorsi gli anni della maturità al servizio dello Stato, conformemente ai dettami dell’etica confuciana, da vecchio, ritiratosi a vita privata, livero dai vincoli del ruolo e della figura pubblica, si dedicava a coltivare la propria anima daoista. Il dialogo di queste due voci nella sinfonia del pensiero cinese è dunque insieme contrapposizione e complementarietà.

Il rigido senso del dovere confuciano e il libero vagabondaggio daoista, il rispetto dei ruoli confuciano e la vocazione anarchica daoista, il senso di responsabilità sociale confuciano e l’individualismo daoista, si fanno da contrappeso e si completano a vicenda.

Il Daoismo è libero dalla preoccupazione di offrire un modello praticabile di organizzazione sociale: l’utopia daoista si applica esclusivamente al piccolo o si richiama a una remota “epoca della virtù perfetta”, una mitica età dell’oro in cui gli esseri umani vivevano in totale semplicità e innocenza. Sarà il Confucianesimo a fornire il contesto filosofico congeniale all’organizzazione dell’impero. Ma la società altamente strutturata di matrice confuciana ha bisogno del Daoismo per trascendere la propria rigidità.

La scintilla di follia, spontaneità e humor che caratterizza il Daoismo, la sua critica all’identificazione con i ruoli, la sua capacità di guardare il mondo con gli occhi liberi dalle convenzioni e, soprattutto, il suo forte afflato mistico, sono ingredienti fondamentali della cultura, dell’arte e della vita cinese.––

–– Augusto Shantena Sabbadini, Zhuangzi – Edizioni Feltrinelli

Ho sentito dunque raccontare … , Platone (Estratto dal “Fedro”)

21 sabato Gen 2023

Posted by Paola in Filosofia, Società

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SOCRATE: Ho sentito dunque raccontare che presso Naucrati, in Egitto, c’era uno degli antichi dèi del luogo, al quale era sacro l’uccello che chiamano ibis; il nome della divinità era Theuth. Questi inventò dapprima i numeri, il calcolo, la geometria e l’astronomia, poi il gioco della scacchiera e dei dadi, infine anche la scrittura.

Re di tutto l’Egitto era allora Thamus e abitava nella grande città della regione superiore che i Greci chiamano Tebe Egizia, mentre chiamano il suo dio Ammone.

Theuth, recatosi dal re, gli mostrò le sue arti e disse che dovevano essere trasmesse agli altri Egizi; Thamus gli chiese quale fosse l’utilità di ciascuna di esse, e mentre Theuth le passava in rassegna, a seconda che gli sembrasse parlare bene oppure no, ora disapprovava, ora lodava. Molti, a quanto si racconta, furono i pareri che Thamus espresse nell’uno e nell’altro senso a Theuth su ciascuna arte, e sarebbe troppo lungo ripercorrerli; quando poi fu alla scrittura, Theuth disse:

«Questa conoscenza, o re, renderà gli Egizi più sapienti e più capaci di ricordare, poiché con essa è stato trovato il farmaco della memoria e della sapienza».

Allora il re rispose: «Ingegnosissimo Theuth, c’è chi sa partorire le arti e chi sa giudicare quale danno o quale vantaggio sono destinate ad arrecare a chi intende servirsene. Ora tu, padre della scrittura, per benevolenza hai detto il contrario di quello che essa vale.

Questa scoperta infatti, per la mancanza di esercizio della memoria, produrrà nell’anima di coloro che la impareranno la dimenticanza, perché fidandosi della scrittura ricorderanno dal di fuori mediante caratteri estranei, non dal di dentro e da se stessi; perciò tu hai scoperto il farmaco non della memoria, ma del richiamare alla memoria.

Della sapienza tu procuri ai tuoi discepoli l’apparenza, non la verità: ascoltando per tuo tramite molte cose senza insegnamento, crederanno di conoscere molte cose, mentre per lo più le ignorano, e la loro compagnia sarà molesta, poiché sono divenuti portatori di opinione anziché sapienti».

– Estratto da: Fedro, Platone (Edizione Acrobat, trad. Patrizio Sanasi)

Fonte e testo integrale: http://www.ousia.it/SitoOusia/SitoOusia/TestiDiFilosofia/TestiPDF/Platone/Fedro.pdf

Abitare l’intreccio del mondo vivente, Sofia Belardinelli (da Il Tascabile)

19 sabato Nov 2022

Posted by Paola in Evoluzione, Filosofia, Scienza, Società, Terra

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Estratto interno – Articolo completo: https://www.iltascabile.com/scienze/margulis-eco-evo-devo-evoluzione/

– – – – – – – – – – – –

(…) La visione propugnata da Margulis si poneva in netto contrasto con questa narrazione. La vita si basa sulla cooperazione, scriveva la biologa, piuttosto che sulla competizione: dallo sviluppo individuale (ontogenesi) fino ai fenomeni macroevolutivi come la speciazione, tutto dipende in primo luogo da una pacifica collaborazione tra viventi, che si realizza spesso sotto forma di unioni simbiotiche.

Tale proposta, sebbene scientificamente solida e molto esplicativa, era inaccettabile per la teoria dominante: un suo riconoscimento, anche solo parziale, avrebbe messo in discussione troppi dei suoi capisaldi. Ma uno dei meriti di Margulis, dotata di grande caparbietà e conscia della validità delle proprie ipotesi, fu proprio questo: aprire una crepa nel muro di certezze su cui poggiava l’evoluzionismo “gene-centrico” novecentesco, creare le condizioni per l’avvio di un dibattito sui fondamenti teorici di questo campo della ricerca scientifica.

In tal modo, insomma, veniva per la prima volta messa in dubbio l’effettiva oggettività della descrizione del mondo naturale costruita, a partire dal nucleo esplicativo darwiniano, dalla Sintesi Moderna della biologia evoluzionistica. Una volta riconosciuto che processi quali la competizione, l’individualismo, la lotta hanno un’importanza tutto sommato secondaria in natura rispetto a processi come la cooperazione multilivello e la simbiosi, diviene infatti evidente come quella narrazione sia figlia di una specifica Weltanschaaung, la stessa che ha portato, quasi parallelamente, all’emersione del capitalismo. L’operazione teorica di Margulis e dei (pochi) studiosi che, in quegli anni, iniziavano a mettere in discussione gli assunti principali della Sintesi Moderna consisteva, perciò, anche nell’allontanamento (seppur parziale) da uno dei punti nodali della visione darwiniana: la descrizione della natura incentrata sul principio di selezione naturale, il quale agisce in risposta alle necessità che emergono da un preciso contesto ecologico – quello della lotta per l’esistenza (struggle for existence) – e che il naturalista inglese aveva elaborato a partire dalle analisi malthusiane sul contrasto tra gli alti tassi di fecondità delle popolazioni naturali e l’insuperabile scarsità delle risorse disponibili.

Processi quali la competizione, l’individualismo, la lotta hanno un’importanza tutto sommato secondaria in natura rispetto a processi come la cooperazione multilivello e la simbiosi.

Proprio grazie all’avanguardistico lavoro di Margulis e degli scienziati che, nei decenni successivi, seguirono la sua suggestione di un altro modo di intendere il mondo naturale, la comprensione della fitta rete di relazioni collaborative che permea il mondo vivente ha compiuto nel tempo grandi progressi, rivelando che, proprio come ipotizzato dalla biologa statunitense, la cooperazione è un motore evolutivo fondamentale e operante ad ogni livello.

Oggi sono sempre più numerosi i ricercatori che abbracciano questa prospettiva, riconoscendo alla cooperazione un ruolo di primo piano nella storia della vita sulla Terra. I meccanismi collaborativi che muovono la vita sono indagati sempre più a fondo e, a poco a poco, emerge con chiarezza quanto la visione unicamente focalizzata su geni, selezione naturale e competizione fosse ristretta e parziale. Questo non significa – come sottolineano in un meraviglioso manuale Scott Gilbert e David Epel, due dei più importanti studiosi di una nuova branca dell’evoluzione, l’ecologia dello sviluppo o eco-evo-devo – che concetti come la competizione e la selezione naturale non siano più validi, o che debbano essere abbandonati. Essi mantengono, senz’altro, tutta la loro rilevanza teorica e pratica, ma devono essere inseriti all’interno di un più ampio quadro di fenomeni e processi che caratterizza il mondo dei viventi nella sua pluralità. (segue)

Testo integrale: https://www.iltascabile.com/scienze/margulis-eco-evo-devo-evoluzione/

Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza, Julian Jaynes (libro)

31 domenica Lug 2022

Posted by Paola in Coscienza, Evoluzione, Filosofia, Libri, Neoscienze, Società, Storia

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Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza, Julian Jaynes – Edizioni Adelphi

La coscienza della coscienza, Cap. I – Estratto

Quando ci poniamo la domanda:”che cos’è la coscienza?”, diventiamo coscienti della coscienza. E la maggior parte di noi ritiene che proprio questa coscienza della coscienza sia la coscienza. Ma non è così.

Quando siamo coscienti della coscienza, siamo convinti che la coscienza è la cosa più evidente che si possa immaginare. Pensiamo che la coscienza sia l’attributo che definisce tutti i nostri stati di veglia, i nostri stati d’animo e sentimenti, i nostri ricordi, pensieri, attenzioni e volizioni. Ci sentiamo confortevolmente sicuri che la coscienza è la base dei concetti, dell’apprendimento e del ragionamento, del pensiero e del giudizio, e che è tale perchè registra e immagazzina le nostre esperienze man mano che si verificano, consentendoci di esaminarle introspettivamente e di imparare da esse a nostro arbitrio. Siamo anche pienamente coscienti che tutto questo meraviglioso complesso di operazioni e di contenuti che chiamiamo coscienza è situato da qualche parte all’interno della testa.

A un esame critico, tutte queste proposizioni si rivelano erronee. Esso sono il costume con cui la coscienza si è mascherata per secoli. Sono le idee errate che hanno impedito di pervenire a una soluzione del problema dell’origine della coscienza. Dimostrare questi errori e indicare che cosa non è la coscienza è il compito lungo, ma io spero avventuroso, di questo capitolo.—

Indice: Introduzione [Il problema della coscienza] – I. La mente dell’uomo [1. La coscienza della coscienza – 2.  La coscienza – 3. La mente dell’Iliade – 4. Il doppio cervello – 5. L’origine della civiltà] – II. La testimonianza della storia [1. Dèi, tombe e idoli – 2. Teocrazie bicamerali in possesso della scrittura – 3. Le cause della coscienza – 4. Una nuova mente in Mesopotamia – 5. La coscienza intellettuale della Grecia – 6. La coscienza morale dei khabiru] – III. Vestigia della mente bicamerale nel mondo moderno [1. La ricerca dell’autorizzazione – 2. Dei profeti e della possessione – 3. Della poesia e della musica – 4. L’ipnosi – 5. La schizofrenia – 6. Gli auspici della scienza] – Post scriptum (1990)

– – – – – – – – –

Julian Jaynes (1920-1997) – La sua carriera di ricercatore fu dedicata al tema della coscienza intesa come “la differenza tra ciò che gli altri vedono di noi e la nostra auto consapevolezza unita al senso profondo che la sostiene. [Wikipedia] – Julian Jaynes Society

Sensemaking

28 sabato Mag 2022

Posted by Paola in Coscienza, Filosofia, Linguaggio, Neoscienze, Percezione, Società

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1. Nell’organizzazione

Il sensemaking o sense-making è il processo attraverso il quale le persone danno significato alle loro esperienze collettive. È stato definito come “lo sviluppo retrospettivo in corso di immagini plausibili che razionalizzano ciò che le persone stanno facendo”. Il concetto è stato introdotto negli studi organizzativi da Karl E. Weick negli anni ’70 e ha influenzato sia la teoria che la pratica. Weick intendeva incoraggiare uno spostamento dal tradizionale focus dei teorici dell’organizzazione sul processo decisionale e verso i processi che costituiscono il significato delle decisioni che vengono emanate nel comportamento.

Non esiste una singola definizione concordata di sensemaking, ma c’è consenso sul fatto che si tratta di un processo che consente alle persone di comprendere questioni o eventi ambigui, equivoci o confusi. I disaccordi sul significato del sensemaking consistono se consideare il sensemaking come un processo mentale all’interno dell’individuo, un processo sociale o un processo che si verifica come parte della discussione; oppure se sia un processo quotidiano in corso oppure si verifica solo in risposta a eventi rari; oppure se sensemaking descrive gli eventi passati oppure considera il futuro.

[da: https://en.wikipedia.org/wiki/Sensemaking]

2. Nella Scienza dell’informazione

Mentre il sensemaking è stato studiato da altre discipline sotto altri nomi per secoli, nella scienza dell’informazione e nell’informatica il termine “sensemaking” ha segnato principalmente due argomenti distinti ma correlati. Il sensemaking è stato introdotto come metodologia da Brenda Dervin negli anni ’80 e nell’interazione uomo-computer dai ricercatori PARC Daniel Russell, Mark Stefik, Peter Pirolli e Stuart Card nel 1993.Nella scienza dell’informazione, il termine è spesso scritto come “sense-making”. In entrambi i casi, il concetto è stato utilizzato per riunire le intuizioni tratte dalla filosofia, dalla sociologia e dalle scienze cognitive (in particolare dalla psicologia sociale). La ricerca sul sensemaking viene quindi spesso presentata come un programma di ricerca interdisciplinare.

Come processo – Il sensemaking può essere descritto come un processo di sviluppo di una rappresentazione sofisticata e di organizzazione delle informazioni per servire un compito, ad esempio, il processo decisionale e la risoluzione dei problemi (Russell et al., 1993). Gary A. Klein e colleghi (Klein et al. 2006b) concettualizzano il sensemaking come un insieme di processi che viene avviato quando un individuo o un’organizzazione riconosce l’inadeguatezza della loro attuale comprensione degli eventi. Il sensemaking è un processo attivo a due vie di inserimento dei dati in un frame (modello mentale) e l’installazione di un frame intorno ai dati. Né i dati né la cornice vengono prima; i dati richiamano i frame e i frame selezionano e collegano i dati. Qualora non vi sia un’adeguata corrispondenza, i dati possono essere riesaminati o un quadro esistente può essere rivisto. Questa descrizione assomiglia al modello di riconoscimento-metacognizione (Cohen et al., 1996), che descrive i processi metacognitivi che vengono utilizzati dagli individui per costruire, verificare e modificare modelli di lavoro (o “storie”) nella consapevolezza situazionale per spiegare una situazione non riconosciuta. Tali nozioni riecheggiano anche i processi di assimilazione e di accomodamento nella teoria dello sviluppo cognitivo di Jean Piaget.

Come metodologia – Brenda Dervin ha studiato il sensemaking individuale, sviluppando teorie sul “gap cognitivo” che gli individui sperimentano quando tentano di dare un senso ai dati osservati. Poiché gran parte di questa ricerca psicologica applicata si basa sul contesto dell’ingegneria dei sistemi e dei fattori umani, mira a rispondere alla necessità che i concetti e le prestazioni siano misurabili e che le teorie siano verificabili. Di conseguenza, il sensemaking e la consapevolezza situazionale sono visti come concetti di lavoro che consentono ai ricercatori di indagare e migliorare l’interazione tra le persone e le tecnologie dell’informazione. Questa prospettiva sottolinea che gli esseri umani svolgono un ruolo significativo nell’adattarsi e rispondere a situazioni inaspettate o sconosciute, così come situazioni riconosciute. Il lavoro della Dervin si è in gran parte concentrato sullo sviluppo di una guida filosofica per il metodo, compresi i metodi di teorizzazione sostanziale e la conduzione della ricerca.

Interazione uomo-computer – Dopo la pubblicazione nel 1993 (Russell et al., 1993) di un documento fondamentale sul sensemaking nel campo dell’interazione uomo-computer (HCI), ci fu molta attività sulla comprensione di come progettare sistemi interattivi per il sensemaking, e workshop sul sensemaking si sono svolti in importanti conferenze HCI.

[da: https://en.wikipedia.org/wiki/Sensemaking_(information_science)]

Traduzione: Paola

Gli Otto Punti della filosofia dell’I Ching, Deng Ming-Dao

08 domenica Mag 2022

Posted by Paola in Deng Ming-Dao, Filosofia, I Ching, Società, Taoismo, Tempo

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GLI OTTO PUNTI DELLA FILOSOFIA DELL’I CHING, Deng Ming-Dao (estratto da “The living I Ching, HarperOne Publishing, 2006)

Se una visione completa dell’I Ching richiede anni di studio, i punti che seguono ne riassumono la filosofia:

1. La natura, la società e gli individui agiscono tutti attraverso il cambiamento ciclico.

2. I cicli del cambiamento sono guidati da opposti polari chiamati Yin e Yang.

3. Un ciclo che raggiunge il suo zenit discende verso il suo nadir. Allo stesso modo, l’unico sentiero dal nadir è ascendere verso lo zenit.

4. Una persona istruita e una società illuminata agiscono in accordo con questi movimenti ciclici, consapevoli dei numerosi cicli che questi attivano ogni giorno: azioni etiche rafforzano la comunità e mantengono cicli benefici; azioni egoistiche aumentano l’isolamento e generano cicli distruttivi.

5. La persona saggia è costantemente impegnata ad auto-educarsi nel diventare sempre più percettiva al cambiamento.

6. Le persone istruite non si rattristano nella sfortuna, ma sfruttano l’occasione per cercare gli errori dentro di sé; coltivando l’umiltà, allontanano dell’ulteriore sfortuna. Nei tempi di grande fortuna sono modeste e attente; sono riconoscenti e rispettose. Consolidando ciò che hanno acquisito, ricercheranno i semi della sfortuna e si prepareranno per il futuro.

7. Una persona che sa discernere i cicli della vita può apprendere ad utilizzarli per i suoi fini. L’I Ching esorta alla spiritualità, all’umiltà, al rispetto e al servizio verso gli altri ai massimi standard.

8. Tutte le fini sono soltanto delle transizioni.

– Estratto da: The living I Ching, Deng Ming-Dao – HarperOne Publishing

Traduzione: Paola

Mundus Imaginalis, o l’Immaginario e l’Immaginale – Henry Corbin

15 martedì Mar 2022

Posted by Paola in Coscienza, Filosofia, Percezione, Percorsi spirituali, Personaggi, Spiritualità, Stati altri di coscienza

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Offrendo le due parole latine mundus imaginalis come titolo di questa discussione, intendo provare a definire un ordine di realtà che corrisponda a un certo tipo di percezione, poiché la terminologia latina ha il vantaggio di fornire un punto di riferimento tecnico preciso, con cui confrontare i più o meno idonei equivalenti dei linguaggi moderni occidentali.

Ma farò subito un’ammissione. La scelta di queste due parole mi si impose qualche tempo fa, poiché non mi era possibile, per quello che traducevo o dicevo, essere soddisfatto dal termine ‘immaginario’. Non si tratta in nessun modo di una critica verso chi adopera per necessità questa parola, se cerchiamo insieme di giungere ad una sua positiva rivalutazione. A prescindere dai nostri sforzi, però, non possiamo evitare che il termine ‘immaginario’, nell’uso corrente e non deliberato, sia l’equivalente di non-reale, qualcosa che indica ciò che rimane estraneo all’essere e all’esistente – in breve, utopistico. Perciò ero assolutamente obbligato a trovare un altro termine se non volevo confondere i lettori occidentali.

Se indichiamo solitamente l’immaginario come irreale, utopistico, questo deve essere sintomo di qualche cosa. Di contro a questo sintomo, possiamo esaminare brevemente insieme l’ordine di realtà che io ho designato come ‘mundus imaginalis’ e cosa i teosofi islamici indicano come ‘ottavo clima’; esamineremo poi l’organo che percepisce questa realtà, precisamente, la coscienza immaginativa, l’Immaginazione cognitiva; e infine presenteremo alcuni esempi, tra i tanti altri ovviamente, che tratteggino la topografia di questi intramondi, così come sono stati osservati da coloro che realmente sono stati lì.

Ho appena nominato l’utopia. E’ strano, ma anche un esempio decisivo, che i nostri autori usino un termine persiano che sembra esserne l’esatto calco linguistico: Na-kojd-Abad, la “Terra di Nessundove”. Eppure si tratta di qualcosa di totalmente differente da un’utopia.

Leggiamo quindi i bellissimi racconti persiani – insieme fiabe visionarie e temi di iniziazione – di Sohravardi, il giovane Shaykh che, nel dodicesimo secolo fu il “restauratore della teosofia dell’antica Persia” nell’Iran islamico. All’inizio di ogni storia, il visionario si trova alla presenza di una figura soprannaturale di straordinaria bellezza, a cui il visionario chiede chi sia e da dove venga. Questi racconti narrano essenzialmente l’esperienza dello gnostico, vissuta come la personale vicenda dello Straniero, il prigioniero che aspira a ritornare a casa.

Al principio della storia che Sohravardi intitola “L’Angelo Rosso” il prigioniero, sfuggito alla sorveglianza dei suoi aguzzini, ovvero temporaneamente lasciato il mondo dell’esperienza sensoriale, si trova nel deserto alla presenza di un essere al quale domanda, poiché vede in lui il fascino dell’adolescente: “Oh giovane! da dove vieni?” e riceve la risposta “Cosa dici? Io sono il primo nato tra i figli del Creatore [in termini gnostici il Protoktistos, il Primo-Creato] e tu mi chiami giovane?”. Questa è l’origine del colore rosso dei suoi abiti: l’apparire di un essere di pura Luce il cui splendore è ridotto, dal mondo sensoriale, nel rosso del crepuscolo. “Provengo da oltre il monte di Qaf… Là eri in origine, e lì ritornerai quando infine ti libererai dai tuoi legami”

La montagna di Qaf è la montagna cosmica costituita, di vetta in vetta, di valle in valle, dalle Sfere celesti che sono racchiuse una nell’altra. Qual è, dunque, la strada che porta al di fuori di essa? Quanto è lunga? “Non importa quanto a lungo camminerai” è detto “arriverai di nuovo al punto di partenza” come la mina del compasso che ritorna allo stesso punto. Ciò implica abbandonare se stessi al fine di conquistare se stessi? Non esattamente. Tra i due, c’è un evento che cambia tutto; il sé stessi che si trova là è quello al di là del monte di Qaf, un sé superiore, un sé “in seconda persona”. Sarà necessario, come Khezr (o Khadir il profeta misterioso, l’eterno viandante) bagnarsi alla Sorgente della Vita. “Colui che ha trovato il significato della Vera Realtà è arrivato alla Sorgente. Quando emerge dalla Sorgente, ha conquistato l’Attitudine che lo rende come un balsamo, di cui se verserai una sola goccia nel cavo della mano, tenendola rivolta al sole, ed essa passerà sul dorso della mano. Se sei Khezr, passerai anche senza difficoltà attraverso la montagna di Qaf. (segue)

– Estratto da: http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/misticaislamica/corbin_mundus.htm

– – – – – – – – –

Henry Corbin (Parigi, 14 aprile 1903 – Parigi, 7 ottobre 1978) è stato un orientalista, storico della filosofia, traduttore, filologo, islamista e iranista francese.

Il merito delle ricerche di Corbin è stato di aver riscoperto la tradizione gnostica dell’Islam sciita, un continente filosofico sommerso e sconosciuto agli stessi orientalisti del suo tempo, mostrando così come la filosofia islamica, lungi dal ridursi ai filosofi arabi “ellenizzati” e dal concludersi con il peripatetismo di Averroè, conosca un ulteriore periodo di fioritura a partire dal XII secolo, non nell’Occidente arabo ma nell’Oriente persiano. Corbin ha inoltre contribuito ad una più adeguata comprensione del fenomeno del sufismo, di cui ha saputo far emergere la dimensione autenticamente islamica, rifiutando di ricondurlo alle categorie della spiritualità cristiana, o alla comoda etichetta di sincretismo.

Temi come quello della conoscenza e del racconto visionario, del mondo immaginale e dell’immaginazione creativa, intesi come facoltà teofaniche, del corpo spirituale e della terra celeste, dell’angelologia e del dramma che si svolge nel cielo, sono creazioni intellettuali il cui sviluppo non ha equivalenti nella tradizione filosofica occidentale, sulle quali si fonda ciò che Corbin chiama una filosofia profetica, basata sull’ermeneutica spirituale del Libro, che trova il proprio equivalente cristiano più prossimo in Jakob Böhme. Questa filosofia profetica va considerata come una teosofia capace di riconciliare le facoltà visionarie dell’uomo con quelle razionali. [Wikipedia]

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