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Limite, R. Bodei (Libro)

07 sabato Apr 2018

Posted by Paola in Evoluzione, Filosofia, Libri, Società, Storia

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Limite, Remo Bodei – Ed. Il Mulino (2016)

Estratto: Parte I.

Durante la nostra esistenza sperimentiamo innumerevoli confini che ci definiscono, segnalando discontinuità, barriere da infrangere, divieti da osservare, soglie reali o simboliche. I limiti ci circondano e ci condizionano da ogni lato e sotto ogni aspetto, a iniziare dagli immodificabili dati della nostra nascita (tempo, luogo, famiglia, lingua, Stato), dall’involucro stesso della nostra pelle, dagli orizzonti sensibili, intellettuali e affettivi del nostro animo per finire con il termine ultimo della morte.

(…)

Soprattutto la modernità occidentale è stata intesa, non senza enfasi, come consapevole e sistematica violazione dei termini prefissati, che avrebbe trasformato l’uomo in un superbo e libero creatore del proprio destino, in un essere teso a negare la propria finitudine, ad autotrascendersi nello sforzo di diventare sempre più simile a Dio. La ripetuta e vittoriosa esperienza del varcare ogni genere di confini (geografici, scientifici, religiosi, politici, ambientali e, recentemente, perfino biologici) avrebbe finito per generare una sorta di delirio di onnipotenza, di vertiginosa autoesaltazione spinta al punto di negare che, in linea di principio, esistano limiti invalicabili.

Ma le principali civiltà contemporanee hanno davvero voluto cancellare faustianamente tutti i limiti? O sarebbe meglio sostenere che alcuni li hanno semplicemente spostati in avanti, altri li hanno messi ai margini o li hanno, per così dire, costretti a entrare in clandestinità, altri ancora li hanno addirittura riproposti, rivendicati e perfino violentemente rafforzati mediante la restaurazione dogmatica di fedi, mentalità e comportamenti del passato? E non si stanno forse erigendo nuovi muri, visibili e invisibili, per separare tra loro individui e popoli, stabilendo rigidi criteri di esclusione e inclusione?

(…)

La generica domanda “in che misura siamo entrati in un mondo dai confini labili o inesistenti?”, si dovrebbe suddividere e articolare in questi specifici interrogativi: a) ci sono limiti che, diversamente da quelli scientifici e intellettuali, non dovremmo mai infrangere?, b) la violazione di proibizioni etiche, di venerandi tabù religiosi, di collaudati modelli di convivenza o il brusco sovvertimento d’istituzioni politiche tradizionali ci sospingono rischiosamente verso l’ignoto e ci faranno in breve precipitare nell’abisso dell’anarchia?, c) mediante quali criteri dobbiamo distinguere gli ostacoli che è giusto o lecito roversciare?

Di fronte alla complessità di simili questioni è diventato urgente ripensare l’idea di limite, di cui si è in parte persa la piena consapevolezza – normale in altri tempi –, in modo da essere meglio in grado di definire l’estensione della nostra libertà e di calibrare la gittata dei nostri desideri. A questo scopo sarà utile conoscere i molteplici e concreti aspetti dei singoli limiti, riscoprirne, di volta in volta, le ragioni, stabilirne i criteri di rilevanza e compierne un’attenta mappatura.

– Estratto da “Limite”, Remo Bodei – ed. Il Mulino

Indice – I. I nostri limiti fisiologici [Esistono ancora confini invalicabili? – L’estensione dei sensi e la plasticità del cervello umano – Le biotecnologie come antidestino – Morte e longevità] – II. Natura e civiltà [Un confronto con il passato – Scoperte e utopie geografiche – L’idea di limite – Catastrofi e progressi – Ad ventura] – III. Imparare a distinguere [Limiti esistenziali – Frontiere politiche e globalizzazione – Misura e dismisura – Di fronte all’estremo – Vietato vietare?]

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Remo Bodei – (1938) – Laureato all’Università di Pisa, ha perfezionato la sua preparazione teorico-storico-filosofica a Tubinga e Friburgo, frequentando le lezioni di Ernst Bloch ed Eugen Fink; a Heidelberg, con Karl Löwith e Dieter Henrich; poi all’Università di Bochum. Ha inoltre conseguito il diploma di licenza e il diploma di perfezionamento della Scuola Normale Superiore.

È stato visiting professor presso le Università di Cambridge, Ottawa, New York, Toronto, Girona, Città del Messico, UCLA (Los Angeles) e ha tenuto conferenze in molte università europee, americane e australiane. Dal 2006 insegna filosofia alla UCLA di Los Angeles, dopo aver a lungo insegnato storia della filosofia ed estetica alla Scuola Normale Superiore e all’Università di Pisa dove tuttora tiene, saltuariamente, qualche corso. È membro dell’Advisory Board internazionale di IED – Istituto Europeo di Design. Dal 13 novembre 2015 Remo Bodei è socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei, per la classe di Scienze Morali, Storiche e Filosofiche.

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Vedi anche: “Noi, poveri post-umani, schiavi delle nuove libertà”

La musica e i suoi effetti neuro-psico-fisiologici, A. Tomatis (estratto da conferenza)

07 sabato Apr 2018

Posted by Paola in Evoluzione, Linguaggio, Neoscienze, Percezione

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La musica e i suoi effetti neuro-psico-fisiologici (estratto dalla relazione tenuta al XIII Congresso dell’ISME), Alfred Tomatis

 
Estratti
 
(…) Comunque la si veda, la musica comincia proprio dove si instaura il mistero, lasciandoci solamente intuire che il mondo sonoro è chiamato essenzialmente a tradurre, nella sua risposta esistenziale, il silenzio vibrante e cantante dell’inudibile sottostante, manifestazione incontestabile di una realtà inaccessibile ai nostri sensi. Come il visibile ci rivela l’invisibile che lo sottende e lo modella, la musica risponde al canto di un cosmo moventesi al ritmo di un’armonia, che si concede generosamente ad alcuni eletti incaricati di trasformare in suoni udibili i messaggi sonori che l’universo avrà consegnato loro.
 
Ma poi bisognerà rispettare alcune regole che rispondano alle esigenze di un sistema nervoso prima di tutto codificato dal suo induttore essenziale che si rivela essere, come si è visto, l’apparato uditivo. Tanto che potremo affermare che ogni essere sulla via di umanizzazione è un orecchio, cioè un’antenna all’auscultazione dell’ambiente nel quale è immerso. La musica rimane incontestabilmente il modo più affinato per mettere questo ambiente in risonanza.
 
Senza dubbio è a questo livello che sarà bene definire che cos’è la musica. Se il musicista, il teorico della materia, ci permettesse qualche incursione nel suo campo, sapremmo mormorare il più discretamente possibile per non meritare il timbro di eresia, che c’è prima la musica, poi le musiche, in seguito dei linguaggi sonori e infine delle esperienze acustiche.
 
La musica agisce attraverso i suoi effetti di armonizzazione interiore, cioè attraverso l’utilizzazione di modalità primitive. In questo, d’altronde, essa mi sembra essere “essenziale”. Essa suscita e risveglia, fino a renderle in qualche maniera tangibili, le modulazioni proprie del sistema simpatico.
 
Le musiche, in secondo grado, sono le strutture sonore che sanno aggiungere a queste modalità di base i ritmi della vita esteriore, introdotti questi stessi dalla società e dalla cultura, che vanno dal gesto fino al linguaggio, e che riguardano in realtà tutta la gestualità. Si riconoscono come primi generatori di quelle musiche gli elementi folkloristici.
 
I linguaggi sonori che si inseriscono di seguito fanno rivivere concretamente gli stati emozionali, introducendo nello stesso tempo le sonorità evocative di accenti percepiti ed engrammati nei nuclei affettivi centroencefalici che presiedono alla vita neurovegetativa, ed i ritmi che trascinano il corpo fuori dalle codifiche normalizzate anteriormente. Ne deriva una struttura narrativa, a semiologia sonora, che si esprime sul corpo in tutta la sua dinamica esterna ed interna.
 
Infine, esistono delle esperienze acustiche. È facile cogliere il livello che bisogna raggiungere per comprenderle, al di fuori di ogni concezione di ascolto. Esse hanno il merito di introdurre nel mondo sonoro oggetti acustici nuovi. Questi ultimi dovranno a loro volta, per essere trascritti in memorizzazione corporea, rispondere ai fattori intrinseci del sistema nervoso: senza ciò, quale che sia la bellezza che rappresentano per l’autore, non avranno nessuna possibilità di poter essere integrati in un’universalità neuronale.
 
Questa incursione nel mondo sonoro ci permette di pensare che è necessario distinguere bene le diverse espressioni musicali e di determinarne gli effetti neuro-psico-fisiologici. È a questo livello che la nostra specialità, l’audio-psico-fonologia, interviene in maniera determinante con l’intento di isolare e in tal modo di comprendere meglio gli effetti dei suoni e più espressamente della musica sull’organismo umano.
 
L’azione dinamogenica dell’orecchio è messa in risalto grazie a dei  montaggi elettronici in grado di suscitare la postura d’ascolto, privilegiando i suoni che si collocano in un volume sonoro la cui forma e densità rispondono alle norme delle cellule dell’organo di Corti. La musica (una certa musica) interviene allora in seno ad una programmazione sonica che tiene conto dei processi evolutivi che, dopo la vita intrauterina, devono portare l’orecchio verso l’ascolto, e più precisamente verso l’ascolto del linguaggio. Una base neuronale si rivela indispensabile per collocare le serie di onde di impulso chiamate a veicolare ulteriormente le informazioni  semantiche. Questa programmazione primordiale, fondamentale, vettore essenziale di una integrazione acustica armoniosa distribuita nell’insieme del sistema nervoso e in tal modo in tutto il soma, permetterà di introdurre le posture, in particolare la verticalità, di distribuire in modo omogeneo la tonicità su tutto il corpo messo all’ascolto, di modellarlo, insomma, perché divenga un’antenna recettrice vibrante all’unisono con la sorgente sonora, sia essa musicale o linguistica.
 
Per essere più concreti, propongo di indicare in poche righe come procediamo in materia di pedagogia dell’ascolto. Con l’aiuto dei montaggi elettronici facciamo rivivere il periodo uditivo intrauterino, principalmente a partire dalla voce della madre che è stata registrata e poi filtrata oltre gli 8000 Hz, con l’intento di togliere ogni informazione semantica e di restituire solo la carica affettiva che verrà a suscitare, accelerare o ridare al soggetto il desiderio di comunicare, il desiderio di vivere. È attraverso apparecchiature che utilizzano bascule elettroniche, le quali fanno sì che l’orecchio si adatti all’ascolto, che questi messaggi sono trasmessi.
 
(…)
 
Perché Mozart, perché il gregoriano, perché le filastrocche? Ci sarebbe molto da dire su queste differenti scelte. Resta soprattutto da constatare che, su decine di migliaia di casi (patologici e normali), le reazioni neuro-psico-fisiologiche hanno largamente superato i risultati già raggiunti dalle tecniche utilizzate abitualmente. Per Mozart, come ho già indicato, sono più efficaci i pezzi per violino (contenenti dunque numerose sequenze ricche di suoni acuti). Quanto al gregoriano, le modulazioni del tipo di “Solesmes” stabilite da Don Gajard costituiscono elementi di scelta. In effetti, il repertorio trasmesso da questo infaticabile e geniale ricercatore detiene un’universalità ed un’efficacia pedagogica e terapeutica incontestabile. Al contrario della musica di Mozart, il gregoriano tranquillizza, calma il cuore e la respirazione nello stesso tempo in cui sollecita la verticalità, agendo elettivamente sugli estensori.
 
Per i bambini, contemporaneamente ai due elementi sonori precedentemente ricordati, facciamo mettere delle filastrocche dell’etnia alla quale appartiene il bambino. Questo è molto importante e ci rivela a quale punto queste canzoni per bambini, che hanno attraversato i secoli, costituiscono le basi stesse della lingua che sarà utilizzata più tardi come mezzo di comunicazione. Esse contengono gli elementi strutturanti folklorici del futuro linguaggio. Le filastrocche tedesche o spagnole, ad esempio, non possono essere in nessun caso applicate all’educazione o alla rieducazione dei bambini francesi.
 
I ritmi di base corrispondenti a dei codici neuronali differenti restano specifici di ogni etnia. E persino in seno alla stessa lingua (la francofonia, ad esempio) le filastrocche costituiscono elementi particolari, non potendo essere utilizzate da un paese all’altro. Peraltro, per i bambini che presentano disturbi profondi della personalità (autismo, schizofrenia…) somministriamo prima di tutto filastrocche su dei la-la-la senza valore semantico, al fine di non proiettare il bambino in una dinamica linguistica che finora ha rifiutato. I ritmi che le filastrocche contengono lo vanno a preparare ad accettare progressivamente il linguaggio con i suoi influssi psico-affettivi suscettibili di trasformare il suo universo relazionale.
 
Perciò, dopo questa minuziosa preparazione, il sistema nervoso, ridiventato rete integratrice libera e liberata, sarà capace di ricevere il montaggio linguistico di cui il bambino o l’adulto si potranno servire al fine di una completa comunicazione con il loro ambiente. I processi di integrazione e di apprendimento saranno in tal modo riattivati e permetteranno al soggetto di beneficiare di tutte le sue potenzialità.
 
(…)
 
Ora è tempo di concludere. Che cosa possiamo ricordare di questa lunga esposizione centrata su dati scientifici, che sembrano a volte molto lontani dalla stessa musica nella sua potenza creatrice? Mi si perdoni questo approccio alquanto noioso e fin troppo specialistico, ma mi sia concesso, per terminare, di rivolgermi al musicista affrontando con esso la nozione della sua responsabilità.
 
Capace di risuonare agli accenti di una misteriosa induzione, egli – per la scelta delle composizioni che esegue, per il modo in cui egli fa uso della sua arte, per la finezza con la quale prepara le sue modulazioni – deve poter comunicare intimamente con colui che si trova all’altra estremità della catena e il cui corpo tutto intero rimane all’ascolto di questo vibrante messaggio. Il suo dono di creatività gli è offerto perché egli metta al servizio dell’altro questa manna che gli è stata così generosamente dispensata. Egli deve prendere coscienza del ruolo fondamentale che è chiamato ad interpretare rispetto ad ogni essere umano per condurlo verso la sua realtà linguistica.
 
La musica, in effetti, costituisce il modo migliore di preparare le vie sulle quali si instaurerà il linguaggio. Essa è, nella sua essenza, questa vibrazione originaria che mette in risonanza il sistema nervoso umano, substrato di tutti i meccanismi chiamati ad attivare il corpo e l’anima. Con le sue modulazioni può aiutare a modellare l’essere umano nelle sue componenti fisiche, mentali e spirituali. Con i suoi accenti può liberare dalle sue pastoie colui che si trova rinchiuso nelle reti che avrà tessuto l’esistenza. Essa è il fondamento del canto che salmodia la liberazione dell’essere in preda all’angoscia di vivere. Essa è un dono gratuito, stranamente e meravigliosamente offerto perché l’uomo si elevi fino alla sua autentica condizione umana.
 
La musica detiene così un carattere universale messo al servizio di tutti. E il musicista deve costantemente tenere presente che non compone o esegue musica per lui solo né per piacere essenzialmente ad una cerchia di iniziati, una specie di assemblea privilegiata riunita attorno ad una medesima cultura. Esso è là per dispensare a tutti questo dono musicale che ha così generosamente ricevuto, anche oltre le dimensioni umane. Questo dimostra quanto sia grande la sua responsabilità, quanto i suoi poteri siano estesi. E niente deve permettergli di abusarne e di creare in tutta libertà dei montaggi sonori che trasgrediscano le leggi dell’armonia, quelle che regolano il cammino del mondo e costituiscono la base stessa delle reazioni neurofisiologiche di ogni essere umano. Con la sua azione, con la sua vigilanza, con le sue lotte e i suoi combattimenti egli deve rimanere attento a queste leggi, in cui l’universalità resta il criterio strutturante neurologico per eccellenza.
 
Faccio naturalmente allusione a queste composizioni aberranti che sono delle vere e proprie droghe sonore, destinate ad asservire generazioni di giovani, distruggendo il loro sistema nervoso in modo a volte definitivo. L’appello che lancio ai musicisti del nostro tempo, evocando la potenza e i pericoli dell’emissione creatrice, non deve far dimenticare che bisogna rivolgersi ad uno specialista incaricato di assicurare la qualità di ricezione del messaggio musicale a livello del sistema nervoso destinato a percepirlo. Così come non serve a niente presentare quadri d’autore a dei bambini privati della vista o non desiderosi di vedere e ancora meno di guardare, è altrettanto inutile inondare le orecchie dei bambini con una musica di cui si conosce tutta la bellezza e di cui si apprezza l’insondabile ricchezza, se questi giovani presunti uditori sono sprovvisti di un autentico ascolto.
 
Al momento attuale è in nostro potere, lo ricordo, non solo misurare le potenzialità d’ascolto ma anche di modificarle per aumentarne l’efficacia. Tanto che è possibile, prima di accordare gli strumenti quando ci si accinge a suonarli, accordare i nostri orecchi al fine di beneficiare, oltre al ristabilito desiderio di udire, della facoltà di integrare, di imbeversi di questo messaggio fino ad incarnarlo.
 
Ho molto insistito sulla necessità di conoscere e di misurare gli effetti della musica sull’organismo umano, per poter cogliere meglio la portata che può avere ogni composizione musicale, che la si collochi da un punto di vista educativo e culturale o che la si indirizzi a dei criteri terapeutici. Mi sarà gradito terminare questa conferenza esprimendo un desiderio: quello di vedere, in seno all’ISME, costituirsi gruppi di ricerca destinati a studiare in profondità i problemi inerenti agli orientamenti di ordine psicologico e psicanalitico che assumono alcuni specialisti aperti ad indagini fondamentali in materia di neurologia e neurofisiologia. Queste équipes, lavorando in collaborazione con coloro per i quali la preoccupazione resta e deve restare quella di creare e produrre musica, permetteranno così di raccogliere, in questo enorme serbatoio umano che è il mondo d’oggi, le energie necessarie alla creazione di ampi mezzi educativi e terapeutici, riservati fino ad ora ad alcune élites a malapena consapevoli di ciò che possiedono. (…)
 
——–
Articolo completo: La musica e i suoi effetti psico-neuro-fisiologici
Siti web: www.tomatis-italia.ovh/ e www.tomatis.com
 
Alfred Tomatis (1920-2001) era medico otorinolaringoiatra e ha dedicato la sua vita a studiare gli stretti legami tra voce, cervello e orecchio. Il suo lavoro ha avuto un impatto rivoluzionario per capire come l’individuo comunica con sé stesso e gli altri. Pioniere nel campo delle scienze cognitive, Alfred Tomatis ha lasciato un segno indelebile sia per le sue scoperte sia per la sua straordinaria personalità. Oggi misuriamo l’entità della sua eredità alla luce delle recenti ricerche sulla plasticità del cervello.
 

Saturazione delle memorie, P. Manzelli

26 giovedì Ott 2017

Posted by Paola in Coscienza, Evoluzione, Neoscienze, Società

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Saturazione delle memorie, Paolo Manzelli (2004)

La volontà di apprendere oggigiorno viene fortemente inibita dalla troppa informazione non motivante l´EGO, pertanto l’unico modo per riattivare la volontà di sapere risiede nell’essere estremamente concisi ed innovativi nelle forme espressive per generare la curiosità di intendere e significare ulteriormente personalizzando ciò che viene appreso.

Il nostro cervello per la formazione storica dell’EGO individuale e collettivo, necessita di evolversi come un sistema di anticipazioni che utilizza il memorizzato per favorire un pronostico sull’avvenire come è necessario per gestire il presente sulla base di ipotesi sul corso di sviluppo degli eventi.

Ricordo che da studi di Risonanza Magnetica Funzionale (RMF) sull’attività cerebrale, la capacità decisionale che fa parte del sistema volitivo, tende ad attivare alcune zone cerebrali quali l´ACUMEN (zona primariamente responsabile dell’attenzione), e porle in connessione con il Sistema Limbico (che colora la nostra vita di emozioni); tali sezioni cerebrali successivamente integrano le loro informazioni neuronali elaborate dall’intero sistema cerebrale, focalizzandole nella parte posteriore del cosiddetto “Giro del Cingolo”, dove sembra si concentri la capacità di valutazione del beneficio che si ottiene dall’apprendimento, in relazione alla elaborazione delle attese; quest’ultime sono in gran misura il frutto delle capacità di rielaborazione prospettica delle memorie.

Pertanto la crescita fuor di misura di informazioni frammentarie, che spesso vengono giudicate obsolete in relazione al quadro delle prospettive storiche di sviluppo sociale ed individuale, che determinano la Formazione cosciente dell’EGO, conducono il sistema mnemonico verso la saturazione, e di conseguenza la memoria diviene incapace di generare una fertile rielaborazione del sistema di riferimento cognitivo in senso prospettico ed anticipativo.

In tal senso è il valore di anticipazione delle memorie che decade, proprio in quanto la memoria non è facilmente rieleborabile per gestire il presente in una prospettiva di futuro sviluppo e ciò incide fortemente nel demotivare ogni ulteriore apprendimento.

Paolo Manzelli, Università di Firenze

Fonte originale: http://www.neuroscienze.net

Homo Deus: Breve storia del futuro, Y. N. Harari (Libro)

16 domenica Lug 2017

Posted by Paola in Evoluzione, Inserimenti, Libri, Società, Storia, Terra, Yuval Noah Harari

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Homo Deus: Breve storia del futuro, Yuval Noah Harari – Edizioni Bompiani

Nel XXI secolo, in un mondo ormai libero dalle epidemie, economicamente prospero e in pace, coltiviamo con strumenti sempre più potenti l’ambizione antica di elevarci al rango di divinità, di trasformare Homo sapiens in Homo Deus. E allora cosa accadrà quando robotica, intelligenza artificiale e ingegneria genetica saranno messe al servizio della ricerca dell’immortalità e della felicità eterna? Harari racconta sogni e incubi che daranno forma al XXI secolo in una sintesi audace e lucidissima di storia, filosofia, scienza e tecnologia, e ci mette in guardia: il genere umano rischia di rendere se stesso superfluo. Saremo in grado di proteggere questo fragile pianeta e l’umanità stessa dai nostri nuovi poteri divini?

Indice

1. Il nuovo programma dell’umanità

Parte Prima: Homo Sapiens alla conquista del mondo (Qual è la differenza tra gli umani e gli altri animali? Come ha fatto la nostra specie a conquistare il mondo? Homo sapiens è una forma di vita effettivamente superiore o soltanto il bulletto del quartiere?) 2. L’Antropocene – 3. La scintilla umana          

Parte Seconda: Homo Sapiens dà un senso al mondo – (Quale genere di mondo hanno creato gli umani? In che modo gli umani si sono persuasi che non solo controllano il mondo, ma anche gli danno senso? In che modo l’umanesimo– la venerazione del genere umano – è diventata la religione più importante?) 4. I narratori – 5. La strana coppia – 6. Il moderno patto di alleanza – 7. La rivoluzione umanista                              

Parte Terza: Homo Sapiens perde il controllo – (Gli umani possono continuare a governare il mondo e a dargli un senso? In che modo la biotecnologia e l’intelligenza artificiale minacciano l’umanesimo? Chi potrebbe raccogliere l’eredità del genere umano, e quale nuova religione potrebbe prendere il posto dell’umanesimo?) 8. Una bomba a orologeria in laboratorio – 9. La grande separazione – 10. L’oceano della coscienza – 10. La religione dei dati

Articolo correlato: L’uomo ha vinto perchè sa immaginare ciò che non si vede, Y. N. Harari

 

Il programma della vita, M. Laitman

22 martedì Nov 2016

Posted by Paola in Evoluzione, Laitman, Percorsi spirituali, Società

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michael-laitman2Il programma della vita, Michael Laitman (2015)

Parte 1/4 – In quale direzione avanziamo?

Domanda: Perché viviamo e qual è lo scopo del nostro sviluppo?

Risposta: Prima di tutto, non lo decidiamo noi; com’è scritto: “Uno nasce, vive e muore non per propria scelta.”

Noi non sappiamo cosa ci accadrà il momento successivo e questa è una benedizione. Gli esseri umani nascono e vivono non per loro scelta. Ogni istante lottiamo per sopravvivere in questo mondo nelle circostanza che la vita ci presenta. E questo è bene. Diversamente, saremmo completamente confusi.

La vita mette una persona in una struttura che non ha scelto. Noi non conosciamo quale destino ci è preparato, chi incontreremo domani, cosa ci accadrà lungo la strada per andare al lavoro o tornando a casa, cosa aspettarci dai nostri figli o dai parenti.

Non sappiamo cosa ci succederà; se viviamo un giorno senza troppo soffrire, siamo fortunati: “Ringrazio Dio! È andata bene!”

Chi siamo noi in paragone all’universo con i suoi infiniti pianeti e stelle? Insetti minuscoli che camminano sulla superficie della Terra, la cui vita è dedicata alla lotta per la sopravvivenza.

Eppure domandiamo quale sia lo scopo della nostra vita e ci preoccupiamo sul fine della nostra esistenza, la possibilità di determinare il nostro futuro, gestire il destino delle nostre famiglie, dei popoli, delle nazioni e del mondo intero. Tutto dipende dalla nostra abilità di porci domande sulla meta ultima del nostro sviluppo. Dipendiamo dal livello da cui poniamo queste domande e dall’accuratezza della nostra ricerca al rispondervi.

Esiste un programma di sviluppo generale che opera in questo mondo. Se osserviamo la nostra vita più da vicino, vedremo che non siamo noi a prendere le decisioni; siamo in un programma matrice (matrix program). Questo programma agisce su di noi costantemente, inserendo nuovi parametri nella nostra esistenza e mettendoci in condizioni esteriori ed interiori differenti.

Ciò che riconosciamo è costituito dalle nostra esperienze interiori della mente e del cuore, dalle sensazioni corporee e dalle cose che percepiamo intorno a noi. Di conseguenza, noi avanziamo e processiamo costantemente dati interni ed esterni secondo programmi che non conosciamo.

Il programma si installa dentro di noi al momento della nascita; e continua mentre cresciamo. Non siamo noi a definirlo. In altre parole, noi non abbiamo nessun potere decisionale nella vita. Vediamo come un ragazzo incontra “per caso” una ragazza, poi si sposano e vivono molti anni insieme. Perché succede? Non siamo in grado di rispondere neppure a questa semplice domanda.

Quando ci impegniamo per comprendere il nostro sentiero di vita, il programma generale della natura che ci porta ad avanzare verso una meta speciale, se vogliamo apprendere a quale meta aspirare, abbiamo bisogno della saggezza della Kabbalah. Di tutte le scienze terrene, ce n’è solo una che ci parla dello sviluppo umano che è al di là delle limitazioni materiali e al di sopra del nostro universo.

La saggezza della Kabbalah ci parla dei vettori governanti e controllanti che partono da fuori del nostro universo e impattano il nostro minuscolo globo e le persone che vivono su questo pianeta.

La saggezza della Kabbalah ci parla di uno scopo speciale dell’essere umano che noi dobbiamo perseguire. Il nostro avanzamento è inconsapevole; succede sotto le influenze di un potere che ci forza a progredire.

Tuttavia, come risultato dell’evoluzione, l’umanità raggiungerà uno stato in cui le persone dovranno scegliere se continuare il loro avanzamento consciamente, volutamente e intenzionalmente oppure no.

L’unità aumenta il nostro desiderio, quindi ci rafforza a raggiungere la meta che è stata posta per noi dalla natura.

[167381] da KabTV’s “A New Life” 9/8/2015

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Parte 2/4 – La fine di uno sviluppo inconsapevole

Domanda: Qual è la differenza tra sviluppo consapevole e inconsapevole?

Risposta: Per tutto questo tempo noi abbiamo avanzato inconsciamente, sotto la pressione negativa che ci sospinge. È la Natura che ci ha forzato ad avanzare, ci ha sospinto inviandoci afflizioni, desideri insoddisfatti e un costante senso di mancanza.

È da tempo che abbiamo perso la speranza di vedere qualcosa di buono per il futuro; tuttavia, la pressione che ci spinge da dietro è così intensa da forzarci ad andare avanti. Quando guardiamo avanti e indietro, vediamo solo inconvenienti e sappiamo in anticipo che il domani non ci porterà nulla di buono. Ma noi speriamo che il domani ci porti meno sofferenze di oggi. E questa è già per noi una buona cosa.

Questa è la tendenza dell’attuale stadio di sviluppo. Comprendiamo che il mondo degrada e affonda sempre più perdendo i suoi valori prioritari. Non vi è nulla davanti a noi che ci possa rallegrare, eppure andiamo avanti perché la nostra situazione attuale è insopportabile.

È una forma di sviluppo insignificante e negativa, che ci porta a un ulteriore deterioramento. Basta solo osservare i problemi che stanno sorgendo in Europa, nell’Estremo e Medio Oriente, nel Nord e Sud America, in Russia e ovunque nel mondo.

Non c’è un paese dove sia possibile nascondersi dai problemi. Siate certi che presto non ci sarà un solo luogo tranquillo sulla faccia della Terra. Pace e serenità non saranno disponibili neppure sull’isola più remota dell’oceano.

È chiaro che ci stiamo muovendo verso una direzione negativa. Questo spiega perché la generazione moderna non vuole fare famiglia e figli. Siamo ancora all’inizio di questo processo, ma la tendenza è già evidente. Tutto ciò che ci accade è inteso a forzarci a riconoscere che dobbiamo fare qualcosa in merito.

La Kabbalah ci insegna che se noi rifiutiamo di perseguire la meta della creazione di nostra volontà, sul sentiero del bene, ci toccherà avanzare sotto coercizione, come facciamo ora.

La meta che la natura ha per noi sta oltre questo universo, al di sopra della nostra natura. L’umanità deve svilupparsi illimitatamente, al di là dei confini di tempo e spazio. La nostra attuale forma di esistenza sulla faccia della Terra è temporanea ed è una forma molto limitata.

Dopo un certo stadio di sviluppo, le nostre caratteristiche si modificheranno. I nostri organi di percezione, con i quali percepiamo questo mondo materiale, si modificheranno. Grazie a queste nuove qualità, avremo una differente visione della vita: un mondo infinito e noi in esso con illimitate opportunità, sia di tempo che di spazio.

Al fine di passare dalla visione materialistica di oggi a un nuovo stato illimitato, dobbiamo passare dei fondamentali cambiamenti interiori.

[167428] da KabTV’s “A New Life” 9/8/2015

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Parte 3/4 – Entrare nel mondo futuro

Domanda – Quali qualità dobbiamo cambiare per entrare in un mondo nuovo e illimitato? Dopotutto, ognuno di noi ha caratteristiche diverse.

Risposta – Abbiamo tutti una qualità comune: il desiderio egoistico che ci porta costantemente a perseguire il piacere.

Noi viviamo in questa qualità e non vogliamo cambiarla perché non conosciamo altro se non il desiderio di soddisfare noi stessi. Invidiamo la contentezza degli altri e vogliamo la stessa cosa. È così che noi avanziamo.

In realtà, è così che questo mondo ha avanzato in passato, ma oggi sta giungendo a una fine. Non abbiamo alcun desiderio di avanzare, perché vediamo questo sviluppo inutile. Qual è il punto in questa ininterrotta corsa a nuovi piaceri, come criceti nella ruota?

Le persone sono deluse dalla vita, poiché si vedono usate. Non sanno perché vivono. È per questo che oggigiorno antidepressivi e droghe sono così diffuse. È questo che, in futuro, attende tutta l’umanità a meno che non si rivelino all’improvviso una nuova meta e nuove possibilità.

A quel punto ci rallegreremo di essere stati delusi da questo vecchio mondo, osservando che non era degno di nulla. La Kabbalah ci offre un’opportunità per entrare in questo mondo. Le nostre vite delle ultime parecchie decine d’anni servivano perché noi ce ne sbarazzassimo. Oggi ci troviamo in un inferno, ma c’è un altro mondo chiamato paradiso.

E noi possiamo entrare in questo paradiso, ed è molto semplice. Dobbiamo soltanto aprire i nostri cuori agli altri e connetterci con tutti. E al momento non proprio con tutti, ma solo le persone che vogliono entrare in questo nuovo magnifico mondo.

Domanda – Cosa significa aprire i nostri cuori agli altri?

Risposta – Significa diventare un solo uomo con un solo cuore, connettere i nostri cuori. Questa è la condizione per entrare nel mondo del futuro. Questa è la sola caratteristica che dobbiamo cambiare in noi: aprire i nostri cuori chiusi

[167483] da KabTV’s “A New Life” 9/8/15

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Parte 4/4 – Come sarà l’uomo del futuro?

Lo scopo dello sviluppo umano è cambiare le nostre caratteristiche fino a quando i nostri cuori chiusi e sordi si apriranno agli altri.

Questa meta è preparata per noi dalla natura. Quando noi perseguiamo questo scopo, scopriamo nuove sensazioni e sostituiamo i nostri desideri egoistici con il desiderio della dazione. Questo nuovo atteggiamento ci permetterà di scoprire un nuovo mondo.

Domanda – Cos’è il desiderio della dazione?

Risposta – È il desiderio di donare, condividere e prendersi cura degli altri. Vogliamo, con tutto il cuore, essere connessi con qualcosa che è fuori di noi stessi.

Ma per ora non possiamo trattare il nostro prossimo in questo modo, poiché le persone intorno a noi agiscono in modo egoistico e tutto ciò che noi otterremo sarà che loro si approfitteranno di noi. Questo è il motivo per cui iniziamo con un piccolo gruppo che s’impegna ad annullare l’egoismo e a collegarsi con gli altri. Iniziamo così a percepire una nuova realtà nel nostro benevolo e reciproco desiderio comune.

Domanda – Le persone del futuro saranno completamente diverse dai nostri contemporanei come se fossero alieni?

Risposta – L’unica cosa che sarà diversa sarà il loro atteggiamento verso i livelli inanimato, vegetativo, animato e parlante (l’uomo). Nel futuro, le persone percepiranno gli altri come se stessi.

Tuttavia questo è un processo graduale. Se trattiamo gli altri altruisticamente adesso, semplicemente si approfitteranno di noi. Questo è il motivo per cui noi apriamo i nostri cuori soltanto a coloro che sono pronti a risponderci nello stesso modo.

Dovremo unirci come un unico uomo con un solo cuore. Se ci riusciremo, percepiremo un nuovo mondo attraverso il nostro desiderio e cuore comune.

[167544] da KabTV’s “A New Live” 9/8/15

Fonte originale: http://www.laitman.com

Traduzione: Paola

L’uomo ha vinto perchè sa immaginare ciò che non si vede, Y. N. Harari

11 venerdì Nov 2016

Posted by Paola in Evoluzione, Libri, Società, Storia, Terra, Yuval Noah Harari

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yuval-noah-harari-2L’uomo ha vinto perché sa immaginare ciò che non si vede, Yuval Noah Harari (2014)

Incontro con Yuval Noah Harari, autore di una “breve storia dell’umanità” che da tre anni è un bestseller in Israele. E ora arriva in Italia.

Insegna Storia medioevale, commenta in tv la crisi ucraina, è lo scrittore più amato dai ventenni e il Museo d’Israele gli dedicherà un mostra ad personam: all’età di 38 anni Yuval Noah Harari deve la popolarità a “Sapiens”, un libro scritto quasi per caso che da tre anni è un bestseller ed ora arriva in Italia per i tipi di Bompiani con il titolo “Da animali a dèi”.

Per esplorare il fenomeno-Yuval siamo entrati nella sua casa di Mesilat Zion, un “moshav” immerso nel verde a 30 minuti di auto da Gerusalemme dove vive con il compagno Itzik Yahav e tre cani, preparando le lezioni sul Medioevo per i suoi studenti dell’Università ebraica sul Monte Scopus. “E’ successo tutto quasi per caso – esordisce – perché “Sapiens” doveva essere un volume di corso per i miei studenti ma appena arrivato in commercio si è trasformato in qualcosa capace di attrarre un pubblico più vasto”. Il motivo è che si tratta di una “breve storia dell’umanità”, dalla comparsa dell’uomo sulla Terra fino alla rivoluzione digitale, adoperando come chiave di lettura dei mutamenti intervenuti “la forza dell’immaginazione”.

Harari la spiega così: “All’inizio l’Homo Sapiens non era un vincente, quando si affacciò per la prima volta in Medio Oriente venne sconfitto e dovette tornare indietro in Africa ma poi sviluppò la capacità di operare assieme, in gruppo, e prevalse velocemente sulle altre cinque specie umane esistenti”. Disegnare graffiti nelle caverne, andare a caccia e muoversi assieme furono i primi indicatori di una “capacità di immaginarsi come collettività” che fece la differenza, diventando il primo esempio di una “qualità che distingue l’uomo dall’animale perché una scimmia capisce solo ciò che vede, come una banana o un leone, mentre un uomo riesce a immaginare il Paradiso o la felicità”.

Da qui una Storia dell’umanità descritta attraverso le “creazioni immaginarie”: dalla fede alla moneta, dalla giusizia alla libertà, dai diritti umani a Google. “Sono tutte cose che concretamente non esistono – dice Harari, corpo esile e mani continuamente in movimento – perché nessuno ha mai visto Dio, la moneta è un pezzo di carta che non vale nulla, i diritti umani sono un concetto vago e Google è l’esatto opposto di un oggetto, non ha fisicità”. Ma “ciò non toglie che quando gli esseri umani credono in questi concetti, li trasformano in fatti reali” mentre “quando non ci credono restano singoli accidenti di percorso, portando magari qualcuno ad essere ricoverato in manicomio”. La dinamica della Storia dunque è segnata dai momenti in cui gli esseri umani si ritrovano attorno a “creazioni che interpretano le necessità del momento, incarnano i bisogni collettivi e consentono all’umanità di crescere, svilupparsi, rafforzarsi”. Oltre al fatto di essere “la conseguenza di interazioni fra esseri umani, animali e habitat”. L’evoluzionismo di Darwin per Harari è dunque “solo uno dei tasselli che spiegano le trasformazioni avvenute” e deve essere esteso alle “interazioni fra biologia ed esseri umani”.

Il ragionamento dello scrittore non è solo all’indietro nel tempo perché lo rilancia anche in avanti, come chiave interpretativa del prossimo futuro: “Oggi siamo esseri umani assai diversi da quelli che esistevano 200 anni fa e fra 200 anni i nostri discendenti saranno altrettanto differenti da noi” perché “potrebbero essere dei super-esseri umani, grazie all’incrocio fra biologia e alta tecnologia, oppure degli esseri artificiali”. E’ questa la scelta che “spetta alla nostra generazione”: usare la tecnologia “per perfezionare l’uomo” o “sostituirlo con i robot”. “Dobbiamo decidere cosa diventare”.

La velocità del pensiero dell’autore di “Sapiens” e la sua capacità di leggere trasversalmente ere storiche lontanissime spiegano l’attrazione che esercita sulle nuove generazioni di una nazione come Israele, che descrive “in bilico”. “Israele è un miracolo – spiega – perché da un lato è all’avanguardia nella stagione delle nuove tecnologie mentre dall’altro è imprigionata in odii e contese dei secoli passati, evidenziati dall’irrisolto conflitto con i palestinesi”. Ciò significa che “rischiamo di rimanere intrappolati nell’era passata mentre il mondo accelera in un’altra direzione” ovvero “Stati Uniti, Gran Bretagna e Cina guidano la rivoluzione digitale verso le prossime tappe e noi siamo ancora immersi in un Medio Oriente ottocentesco dove ciò che avviene in Egitto o Siria appartiene ad un’altra epoca”. Per evidenziare questa “discrepanza di ere” sottolinea il caso dell’Iran: “Il governo di Teheran afferma di volere il nucleare per raggiungere sviluppo e modernità ma il nucleare rappresentava tutto ciò negli anni Quaranta, quando a realizzarlo furono gli americani seguiti dai sovietici, oggi chi vuole davvero investire sul futuro e diventare una super-potenza mette i soldi in ben altri progetti, penso alle biotecnologie capaci di allungare la vita”. Da qui il riferimento alla rivoluzione industriale “quando iniziò fu la Gran Bretagna a guidare la svolta, seguita dagli Stati Uniti, la Cina rimase indietro ed ha avuto bisogno di due secoli per recuperare quel ritardo” dunque “ora siamo in un momento simile, la rivoluzione digitale è iniziata e dobbiamo immaginare nuove realtà per non essere risucchiati dal passato”.

Maurizio Molinari

Fonte: http://www.lastampa.it pubblicato il 26/05/2014


yuval-noah-harari-da-animali-a-deiDa animali a dèi – Edizioni Bompiani

Rendendoci incorporei a velocità di banda larga, Ivo Toshan Quartiroli

07 domenica Ago 2016

Posted by Paola in Evoluzione, Inserimenti, Neoscienze, Personaggi, Società

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Ivo Toshan QuartiroliRendendoci incorporei a velocità di banda larga, Ivo Toshan Quartiroli (2008)

Tradizionalmente, il superare l’identificazione col corpo era parte di un percorso mistico, ma questo avveniva dopo aver integrato completamente la connessione tra il corpo, la mente e l’anima e dopo essersi resi consapevoli di tutta le sfera delle emozioni e delle sensazioni corpore.

La scissione tra mente e corpo è tutt’ora presente nella nostra società e viene ulteriormente ampliata da un uso prolungato del computer dove i corpi sono coinvolti in modo minimale, togliendo la connessione in modo prematuro.

Il nostro senso di identità personale è strettamente associato alla presenza del corpo e ai suoi feedback. I mistici dicono che quando una persona diventa spiritualmente illuminata, il legame corpo/mente non è più lo stesso di prima, perché l’identificazione con le nostre limitate strutture è stata sostituita da una realtà più vasta.

“Quando un uomo diventa folle d’amore per Dio, allora chi è suo padre, chi sua madre, chi sua moglie? Egli ama Dio tanto intensamente che ne è divenuto folle. Non ha più alcun dovere, è liberato da tutti i suoi debiti. Che cos’è questa follia d’amore? Quando un uomo giunge a questo stato, diventa incosciente perfino del proprio corpo, al quale è pur tanto legato in tempo normale. Chaitanya Deva conobbe ciò. Egli cadde nel mare, senza rendersi conto che era il mare. E molte volte cadde sul suolo. Non aveva più fame, né sete, né sonno. Aveva completamente perduto la coscienza del suo corpo.” [ Shri Ramakrishna. Alla ricerca di Dio. Roma. 1963. Originale. L’enseignement de Ramakrishna]

McLuhan aveva previsto che il nuovo uomo tecnologico avrebbe perso l’esperienza diretta del corpo con la natura e di conseguenza il suo elemento equilibrante, laddove “la mente tende a fluttuare libera nelle pericolose zone dell’astrazione, con o senza l’uso di droghe.” Aveva anche previsto un uomo che, seduto di fronte alla sua “stanza del controllo informatico”, ricevendo informazioni da qualunque luogo del mondo, gonfiando il proprio ego e contemporaneamente diventando schizofrenico, avendo il corpo da una parte e la mente sparpagliata in diversi luoghi. Questo avrebbe separato la connessione con il suo corpo e vedrebbe minacciato la sua identità:

“L’uomo disincarnato diventa insensibile alla forza di gravità, come succede a un astronauta, ma diventa capace di muoversi molto più rapidamente. Egli perde il senso della propria individualità in quanto le percezioni elettroniche non sono legate a un luogo fisso. Immerso in questa energia ibrida emessa dalle tecnologie video, si troverà in una “realtà” chimerica che coinvolgerà al massimo grado tutti i suoi sensi, quasi come sotto l’effetto di una droga. La mente, come figura, si immerge nello sfondo, e viene trascinata in un luogo sconosciuto tra realtà e fantasia. I sogni sono legati al mondo reale perché hanno una struttura temporale e spaziale (di solito in tempo reale); la fantasia non ha tali legami. A questo punto la tecnologia risulta incontrollabile.” [Marshall McLuhan, Bruce R. Powers. Il villaggio globale, Sugarco. Milano. 1992]

Joseph Weizenbaum ha ritratto, molto prima dell’avvento di Internet, i programmatori coatti come tecnici che:

“Lavorano fin quasi a crollare, venti, trenta ore per volta. Il cibo, se se ne ricordano, se lo fanno portare: caffè, coca-cola, panini. Se possibile, dormono su brande vicino al computer. Ma soltanto poche ore, poi di nuovo al terminale o agli stampati. I vestiti rattoppati, le facce non lavate e non rasate, i capelli spettinati dimostrano quanto si disinteressino del loro corpo e del mondo che li circonda.” [Joseph Weizenbaum. Il potere del computer e la ragione umana. Edizioni Gruppo Abele. Torino. 1987]

Non sentirsi più collegati al proprio corpo mentre si è davanti al computer è un’esperienza comune alla maggioranza delle persone che usano quest’ultimo per un periodo di tempo non breve. Tale separazione ha radici nella scissione tra corpo e mente operata dalla cultura giudaico-cristiana e riguarda più gli uomini che le donne.

Brenda Laurel, un’esperta delle interfacce uomo-computer, nell’intervista rilasciata a Susie Bright per il libro Sexual Reality (Cleis Press, San Francisco, 1992), esprime così le sue idee sul corpo e le differenze tra i sessi riguardo questo argomento:

“So, grazie a un’esperienza di quindici anni sulle persone che lavorano al computer, che esiste un tipo di individui, quelli che generalmente sono definiti “nerd”, i quali sono molto a disagio con il proprio corpo e la propria sessualità. Alcuni uomini mi hanno detto che una delle ragioni per cui hanno scelto questo lavoro è stata evitare gli aspetti sociali connessi al ruolo del maschio in America; in particolare, evitare le donne. Si tratta di bravi ragazzi che non sono sgradevoli, ma solo timidi e impacciati. Quando gli uomini parlano della realtà virtuale, usano spesso frasi come “esperienza fuori-dal-corpo” e “lasciare il corpo”. Queste persone non stanno parlando delle stesse esperienze extra-corporee dei mistici orientali o peruviani; nel loro caso, queste espressioni ricordano più uno schermo sugli occhi che permette di non vedere l’inquinamento dell’aria. È un tipo di mentalità industriale occidentale, del genere “dominiamo la terra”. Quando le donne parlano di realtà virtuale, intendono: “portare il corpo con sé in un altro mondo”. L’idea è quella di portare i nostri meravigliosi organi di senso con noi, non lasciare il corpo chino su una tastiera mentre il cervello naviga in qualche rete. Il corpo non è semplicemente un contenitore del tanto celebrato intelletto.”

Alexander Lowen, nel libro Arrendersi al corpo: il processo dell’analisi bioenergetica
(Astrolabio 1994), scrive di aver osservato, nel corso degli anni, un continuo deterioramento delle condizioni fisiche dei suoi pazienti, dal punto di vista dell’integrità e della vitalità, mentre «il vecchio tipo di paziente isterico, quello di cui parlava Freud, è praticamente scomparso. La persona isterica non è in grado di gestire i suoi sentimenti, mentre l’individuo schizoide non ne ha molti. Oggi la maggior parte delle persone sono dissociate dal proprio corpo e vivono soprattutto nella testa o nell’ego. Viviamo in una cultura egoista o narcisista, in cui il corpo è visto come un oggetto e la mente come l’autorità superiore e determinante».

Le donne sono naturalmente più connesse col corpo, e potrebbero riportare anche gli uomini al loro corpo, ma questa connessione è minacciata in entrambi i sessi da una vita eccessivamente tecnologica e stressante, che non dà spazio al ritmo più lento del corpo.

La connessione con il nostro corpo comincia dalla connessione che abbiamo avuto con il corpo materno, e dipende dal modo in cui si è sviluppato questo legame. La società produttiva e competitiva impone il distacco madre/neonato-figlio sia in ospedale appena dopo il parto che dopo tramite gli asili nido. I bambini non vengono allattati abbastanza al seno, né sviluppano sufficientemente il senso di legame tramite un prolungato contatto corporeo. È stato dimostrato come il distacco precoce abbia sul cervello un’influenza che può condurre a patologie mentali. Se non ci viene dato abbastanza contatto corporeo, non possiamo avere una connessione vibrante nemmeno con il nostro corpo.

Anche in questo caso la tecnologia sembra apparentemente condurci verso il piano spirituale, in particolare verso il superamento del corpo, ma solo mediante un pallido riflesso, in modo prematuro e non-integrato, ottenendo il risultato opposto di inibire l’evoluzione dell’anima, perché viene saltato lo stadio di piena integrazione con il corpo.

Questa è la prima generazione in cui le persone offrono sempre meno contatto ai bambini, per mancanza di tempo e della giusta predisposizione d’animo. Inoltre, passiamo sempre più tempo a casa, su banchi di scuola o scivanie di uffici, davanti al computer, costringendo i corpi a un’attività minima. A parte gli ovvi problemi di salute connessi alle malattie cardiovascolari e all’obesità, alla nostra anima manca una connessione integrata con il corpo.

Quest’ultimo chiede ardentemente attenzione, ma la nostra società offre quasi soltanto
programmi di fitness o chirurgia estetica, ovvero altra tecnologia.

Fonte: http://www.indranet.org/disembodying-at-broadband-speed/

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