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Archivi della categoria: Coscienza

Addomesticare le emozioni distruttive, intervista a D. Goleman (da Innernet, 2008)

07 giovedì Gen 2021

Posted by Paola in Coscienza, Inserimenti, Intervista, Neoscienze, Percezione, Percorsi spirituali, Stati altri di coscienza

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La meditazione può cambiare il cervello? Daniel Goleman, autore del best seller Intelligenza emotiva, dà delle risposte sorprendenti. Recenti ricerche ci dicono che il cervello è estremamente plastico, a patto che attraversiamo esperienze sistematiche e ripetute; in questo senso le pratiche meditative sembrano le migliori per trasformare le emozioni distruttive.

Nel suo libro Emozioni Distruttive, in collaborazione con il Dalai Lama, riporta le ricerche sul cervello e sulla meditazione e suggerisce una via per lavorare sulle emozioni distruttive.

– – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – –

Nel tuo nuovo libro, Emozioni distruttive, scrivi che “riconoscere e trasformare le emozioni distruttive è il cuore della pratica spirituale”. Puoi dirci cosa intendi con “emozioni distruttive”?

Daniel Goleman: Esistono due punti di vista: uno orientale, l’altro occidentale. Secondo il punto di vista occidentale – quello della scienza e della filosofia moderne – le emozioni distruttive sono quelle che provocano un danno a se stessi o agli altri. E “danno”, qui, è inteso nel senso più ovvio: fisico, affettivo, sociale. Il punto di vista orientale è più sottile. La concezione buddista, così come è emersa dalle conversazioni con il Dalai Lama alla conferenza intitolata “Mind and Life” nel marzo 2000, è che le emozioni distruttive sono quelle che disturbano il proprio equilibrio interiore, mentre quelle sane favoriscono l’equilibrio della mente. (continua)

Articolo completo: http://www.innernet.it/addomesticare-le-emozioni-distruttive/

Sul “sacro”, U. Galimberti (video, 2013)

29 martedì Dic 2020

Posted by Paola in Coscienza, Filosofia, Percezione, Stati altri di coscienza, Storia

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Umberto Galimberti (1942)

Citazione

Il tempo e l’interiorità (Sen. Ep. ad Luc. I 1) — Studia Humanitatis – παιδεία

09 martedì Giu 2020

Posted by Paola in Coscienza, Filosofia, Inserimenti

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Tag

Stoicismo

da A. BALESTRA et al., In partes tres. 3. L’età imperiale, Bologna 2016, pp. 84-87; Lucio Anneo Senca, Lettere morali a Lucilio, a cura di F. SOLINAS, Milano 1995, pp. 581-582. Una volta compreso che l’uomo ha pieno potere sul proprio passato, nel senso che può in tutta libertà esaminarlo quando vuole, ha inizio il cammino […]

via Il tempo e l’interiorità (Sen. Ep. ad Luc. I 1) — Studia Humanitatis – παιδεία

Che ci posso fare?, Chin Sheng Tan

25 lunedì Mag 2020

Posted by Paola in Coscienza, Filosofia, Inserimenti, Percezione, Tempo

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Che ci posso fare?, Chin Sheng Tan
(Estratto da: Importanza di capire, di Lin Yutang –TEA, 1999)

Dalla I Prefazione alla Camera Occidentale, di Chin Sheng Tan

Non sappiamo che cosa siano in realtà gli oggetti che stanno di fronte a me e che chiamiamo una pietra da inchiostro, una penna, un pezzo di carta; ma siccome sono generalmente chiamati con questi nomi, useremo per indicarli i nomi consueti. Non sappiamo che cosa siano in realtà una mano o un pensiero, ma anche noi chiameremo la mano e il pensiero con questi nomi. Chiamiamo questo posto accanto alla finestra “qui” e il momento presente “oggi”; e così anch’io li chiamerò “qui” e “oggi”.

Mentre scrivo, un’ape entra volando dalla finestra e una formica cammina sul balcone. La formica e l’ape si godono la loro effimera vita presente proprio come io mi godo la mia effimera esistenza. Quando io diventerò un “antico”, anche la formica e l’ape diventeranno una “formica antica” e un’“antica ape”. Quale mistero e che gioia che io viva oggi, in quest’ora, in questo posto presso questa finestra, con penna, pietra da inchiostro e carta davanti a me, mentre la mia mente pensa e la mia mano scrive, in compagnia dell’ape e della formica presenti.

I miei lettori nati dopo di me non sapranno mai che ci sono un’ape e una formica in questo momento in cui io sto scrivendo. Ma se i lettori venuti dopo di me non potranno sapere di quest’ape e di questa formica che mi fanno compagnia mentre scrivo, allora essi non sapranno nulla, in realtà, di me. Ma io so qualcosa dei miei lettori futuri. Coloro che leggeranno queste pagine come temporanea occupazione, o magari senza neanche aver pensato a un’occupazione temporanea, le leggeranno perché non sanno “che farci”, nel vedere che la vita passa e svanisce come la luce del lampo o come nubi che si dissolvono, come un uragano di passaggio, come acqua che scorre.

Son giunto dunque a rendermi conto che perdere il proprio tempo è un modo di impiegarlo, non perderlo è un altro modo d’impiegarlo, e non preoccuparsi di continuare a perdere tempo anche sapendo che è una perdita di tempo è un altro modo d’impiegarlo. Mi sono tanto affaticato su questo libro [1] perché voglio che questo commento sia superbo, e voglio che esso sia superbo perché ho osato. Ho osato perché ho capito la vita sino in fondo; e siccome ho capito la vita sino in fondo, posso fare ciò che la mia natura mi porta a desiderare di fare. Fare ciò che la mia natura mi porta a desiderare di fare è un altro modo ancora di occupare il tempo.

Però non ho tempo di preoccuparmi del problema se i miei futuri lettori mi conosceranno oppure no. Ahimè! nello stesso modo, vorrei cantare un lamento in onore degli antichi, ch’erano più intelligenti di me, ma non so chi erano! Perciò ho prodigato le mie fatiche in questo commento, e l’ho pubblicato come una forma di lamentazione in onore degli antichi. Questa lamentazione in onore degli antichi non è, in verità, per gli antichi; è soltanto un altro modo di occupare il tempo.

– Estratto da: Importanza di capire, Lin Yutang – TEA 1999 (fuori catalogo)

——————-

Lin Yutang

[1] Chin Sheng Tan (1609?–1661) fu un grande commentatore del dramma di Wang Shih Fu (1250-1337) “La camera occidentale“. Fu tra i primi a convincersi che le opere di fantasia e il dramma appartengono di pieno diritto alla Letteratura con L maiuscola, alla pari con i Classici.

– Lin Yutang (1985-1976) – scrittore, traduttore e saggista cinese; candidato due volte al Premio Nobel (1940 e 1950) per la Letteratura Cinese (wikipedia)

Le ragioni del silenzio e le sei regole dello Zend-Avesta, Vico di Varo

26 giovedì Mar 2020

Posted by Paola in Coscienza, Inserimenti, Linguaggio

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Le ragioni del silenzio e le sei regole dello Zend-Avesta, Vico di Varo (Amedeo Rotondi)

L’uomo di natura espansiva, abituato alla più cordiale comunicativa con il mondo esterno, aperto con i propri simili, si chiede: Perchè tacere? non si deve essere comunicativi? Come può effettuarsi il contatto con gli altri se non con le parole? perchè essere chiusi?

Quando si dice di parlare di meno, di parlare poco, di tacere del tutto, di dominare la lingua, non si vuole affatto consigliare a divenire tipi chiusi, non comunicativi, solitari, o, peggio, complessi, contorti, reticenti, complicati, pieni di equivoci o di sottintesi. No, davvero. Allora sarebbe meglio essere chiacchieroni, istintivi, con tutte le penose conseguenze che l’esperienza porta con sé ma, certo, meno negative delle altre. Quando si consiglia di tacere, si consiglia la via migliore, si dice di mettere un giusto freno al parlare indiscriminato, un freno sensato come chiunque adoperi l’auto, in maniera che nella discesa non vada a fracassarsi nel primo burrone, tirando dritto. Vi sono ragioni fondamentali per cui è meglio il tacere che il parlare. Quando si sarà compreso a che serva il silenzio, allora si comincerà ad amarlo.

Il silenzio ha le sue ragioni che vanno ben penetrate. Il tacere non è fine a se stesso che, anzi, sarebbe allora sicuramente un regresso rispetto al dono sublime della parola, ma è soltanto un mezzo per realizzazioni più elevate. Si tace solo per motivi più alti, non per altro. (…)

Scopo fondamentale del silenzio è quello di favorire l’attività interiore dell’uomo. Si rinuncia al poco per avere il molto: è un cambio vantaggioso (…)

Le sei regole dello Zend-Avesta per il governo della parola

L’antica saggezza persiana, espressa nello Zend-Avesta, detta alcune regole sul governo della parola. Come tutte le verità che hanno valore universale, sono sempre attuali. L’Arte del silenzio e l’uso della parola, come si è detto, è stato ispirato da queste regole e le pagine che seguono ne sono una parafrasi.

Le sei regole dell’AVESTA per governare la parola:

  1. Non lasciar mai parlare il lato basso del tuo carattere;
  2. Non parlare di un soggetto che non conosci a fondo;
  3. Non parlare di ciò che personalmente non sai essere l’esatta verità;
  4. Non parlare se l’oggetto delle tue parole non è chiaro e definito nel tuo pensiero;
  5. Non parlare se non con intonazione cordiale;
  6. Non parlare se i tuoi uditori non ti ascoltano, giacchè una buona parola è inutile a un cattivo orecchio.

La forma negativa con cui sono espresse non è casuale, anzi è voluta per affermare un concetto fondamentale, quello cioè che la regola prima ed essenziale, base di tutte le altre è… il tacere, non parlare. Si vuole affermare che il parlare è l’eccezione, tollerabile soltanto nei casi espressamente indicati e quando si verificano le condizioni chiaramente significate.

Non parlare è il precetto basilare di tutti i precetti sul governo della parola, il motivo chiave di una composizione musicale, ripetuto all’inizio di ogni prescrizione, quasi ritornello prima di enunciare ogni regola.

Chi vuole derogare al non parlare deve ben ricordarsi a quali condizioni può farlo. Ecco, dunque, che la forma negativa in cui vengono espresse, è essa stessa precetto fondamentale.  (…) L’aspetto positivo scaturisce, naturalmente, rovesciando la forma con la quale sono enunciate. E il lettore lo potrà fare da solo. (…)

Soltanto chi avrà imparato a tacere saprà, quando occorre, ben parlare. E questa rimane una verità basilare. Nel silenzio si matura l’apprendimento dell’arte difficile del governare la parola.

Per questo, il tacere è la prima norma del Saggio.

– Estratto da: L’arte del silenzio e l’uso della parola, Vico di Varo – Ed. A. Rotondi

La stagione della semina, Paola

01 martedì Ott 2019

Posted by Paola in Coscienza, Paola, Percezione, Tempo

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La stagione della semina, Paola (nota al gruppo AL)

Noi siamo esseri naturali e da sempre i saggi ci invitano a seguire i ritmi della natura per stare bene. L’equilibrio della natura si manifesta in ogni aspetto della vita, e i cicli e le alternanze ne sono una manifestazione.

L’equinozio autunnale, quel breve momento di parità tra notte e giorno, apre la porta al buio per la semina… l’internalizzazione.

Con la ripresa delle nostre attività, invito a porre un nuovo seme in ciò che ciascuno di noi farà, sia in gruppo che individualmente, e questo seme è l’essere nuovi in quel che ci sembra solito e abitudinario.

Infatti, se l’azione del seminare è sempre la medesima ogni anno, i semi che vengono in quel momento gettati sono quelli prodotti da piante più ricche di esperienza e conoscenza – e mi piacerebbe poter anche dire: di saggezza –  rispetto a quelli dell’anno precedente.

Non lasciamoci ingannare dall’apparenza di un ricorso ciclico per “ripeterci” come fotocopie di noi stessi, ma inseriamo quella nota di novità che ciascuno sa scoprire dentro di sé per rendere vivo e vitale un nuovo processo di germinazione.—

Amore a prima vista, Wisława Szymborska

09 venerdì Ago 2019

Posted by Paola in Coscienza, Percezione, Tempo

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Sono entrambi convinti
che un sentimento improvviso li unì.
È bella una tale certezza
ma l’incertezza è più bella.

Non conoscendosi, credono
che non sia mai successo nulla fra loro.
Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
dove da tempo potevano incrociarsi?

Vorrei chiedere loro
se non ricordano –
una volta un faccia a faccia
in qualche porta girevole?
uno «scusi» nella ressa?
un «ha sbagliato numero» nella cornetta?
– ma conosco la risposta.
No, non ricordano.

Li stupirebbe molto sapere
che già da parecchio tempo
il caso giocava con loro.

Non ancora pronto del tutto
a mutarsi per loro in destino,
li avvicinava, li allontanava,
gli tagliava la strada
e soffocando una risata
con un salto si scansava.

Vi furono segni, segnali,
che importa se indecifrabili.
Forse tre anni fa
o lo scorso martedì
una fogliolina volò via
da una spalla a un’altra?
Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
Chissà, forse già la palla
tra i cespugli dell’infanzia?

Vi furono maniglie e campanelli
su cui anzitempo
un tocco si posava su un tocco.
Valigie accostate nel deposito bagagli.
Una notte, forse, lo stesso sogno,
subito confuso al risveglio.

Ogni inizio infatti
è solo un seguito
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà.

– Amore a prima vista, Wisława Szymborska – Adelphi

 

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