(…) Negli anni, le tecnologie informatiche e digitali sono diventate, anzi, per certi versi, parte del problema. Qualche dato: per fabbricare un computer si utilizzano 1,7 tonnellate di materiali, compresi 240 chili di combustibili fossili. Internet da sola succhia il 10% dell’elettricità mondiale e rispetto a dieci anni fa inquina sei volte di più, con un monte emissioni che eguaglia oggi quello dell’intero traffico aereo internazionale. Due ricerche su Google rilasciano anidride carbonica al pari di una teiera d’acqua portata a ebollizione, Netflix consuma da sé l’energia di 40mila abitazioni statunitensi. Mezz’ora di streaming emette quanto dieci chilometri percorsi in automobile (secondo altre fonti, non più di un chilometro e mezzo ), mentre un solo ciclo di training linguistico di un algoritmo arriva invece a inquinare come cinque automobili termiche lungo il loro intero ciclo di vita. Complessivamente, i consumi energetici dell’intelligenza artificiale raddoppiano ogni 3,4 mesi, e per risolvere in pochi secondi il cubo di Rubik a un algoritmo serve l’elettricità prodotta in un’ora da tre centrali nucleari.

Ci sono poi i videogiochi: complici la pandemia di coronavirus e le conseguenti restrizioni, il 2020 è stato un anno da record per l’industria videoludica, che nei soli Stati Uniti assorbe il 2,4% dell’elettricità domestica, più di quanto facciano congelatori e lavatrici, generando tante emissioni quante quelle di 55 milioni di automobili a motore termico. Per ridurre consumi ed emissioni Sony e Microsoft hanno introdotto una modalità di utilizzo a risparmio energetico nella loro ultima generazione di console, rispettivamente, e tuttavia la sensazione è che l’intero settore stia rapidamente avanzando verso il più energivoro cloud gaming multipiattaforma. (…)

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