Nessun figlio è brutto per la madre. Nessuno resta indifferente a se stesso.

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Sappiamo tutti che cos’è il pregiudizio, Può presentarsi sotto forme diverse: nazionalismo, sciovinismo, provincialismo, razzismo. Molti di noi si scagliano contro simili ingiustizie: finchè esisteranno pregiudizi, dichiariamo, non saremo mai in grado di conoscerci veramente.

Ciononostante, a impedirci di conoscere noi stessi è proprio una particolare forma di pregiudizio. A pensarci bene, noi siamo la persona che preferiamo al mondo: provvediamo a tutti i nostri bisogni corporei, ci lasciamo andare ai piaceri dei sensi, soddisfiamo le nostre curiosità intellettuali e assecondiamo le nostre ambizioni più sfrenate. Quando ci ammaliamo o ci troviamo in difficoltà, nessuno prova dolore o si lamenta più forte di noi. Quando siamo soddisfatti, nessuno gioisce più intensamente. In punto di morte, nessuno più di noi si aggrapperà disperatamente alla vita.

Se siamo schiavi dei nostri appetiti, non potremo dedicare attenzione alla spiritualità. Se l’agio ci appaga più della fatica, la nostra forza interiore non basterà mai per intraprendere una ricerca spirituale. Se le idee dell’intelletto contano per noi più dell’esperienza, la nostra percezione del TAO non sarà mai autentica. Se continuiamo a insistere sulla nostra separatezza e individualità rispetto all’universo, non raggiungeremo mai la vera unione. Nessun figlio è brutto per la madre, poichè è lei ad averlo creato. Lo stesso vale per noi: siamo inevitabilmente parziali verso noi stessi, poichè siamo noi a crearci. Se vogliamo raggiungere un obiettivo spirituale, qualunque esso sia, dobbiamo prima affrontare e risolvere questo pregiudizio.

– Deng Ming-Dao, Il Tao per un anno: 365 meditazioni – Ed. Guanda