Dagli atomi alle galassie – Minuscoli universi chiamati «uomini», Edoardo Boncinelli (2003)
Ànthropos micròs còsmos, l’uomo è un piccolo universo, un microcosmo.
Con questa affermazione contenuta in un frammento di Democrito del quarto secolo avanti Cristo inizia la fortuna di un concetto che è stato ripreso innumerevoli volte attraverso i secoli: quello che raffigura appunto l’uomo come un microcosmo, un’immagine rimpicciolita dell’universo stesso e un suo compendio. Soprattutto nel Medio Evo quest’immagine è molto piaciuta e ha dato luogo ad innumerevoli riflessioni che tendono a fare dell’uomo un piccolo universo a sé ma anche un tramite per penetrare, per analogia o allusione, i misteri del cosmo e controllarne le trasformazioni. «Fintanto che il cervello resterà un mistero, resterà un arcano anche l’universo» ha detto il grande neurobiologo spagnolo Ramòn y Cajal non troppo tempo fa. Che ne è oggi di questa idea, oggi che la scienza ci ha rivelato l’esistenza di mondi arcani e remoti, nell’infinitamente piccolo come nell’infinitamente grande? Da una parte ci sono gli atomi, più piccoli di un milionesimo di millimetro, e le particelle ancora più minuscole che li compongono; dall’altra le stelle e le galassie, per le quali si ragiona in termini di milioni di chilometri. Noi ci troviamo più o meno nel mezzo e abitiamo un mondo caratterizzato da oggetti le cui dimensioni vanno dal millimetro al chilometro e tempi che vanno dal secondo al decennio.
Questo è anche il mondo nel quale si è sviluppata ed evoluta la vita sul nostro pianeta. È naturale, perciò, che tutti gli animali siano in grado di percepire e comprendere gli eventi che hanno luogo a questa scala. Anche il nostro cervello è in grado di osservare e comprendere facilmente realtà che si misurano in termini di metri e di minuti. Non siamo invece particolarmente attrezzati a rappresentarci eventi che abbiano luogo a scale molto diverse e ci siamo anche stupiti, chi sa perché, del fatto che la fisica atomica e nucleare ci abbiano dimostrato che gli atomi e le particelle subatomiche non sono solo più piccoli ma sono anche molto diversi. Queste minuscole entità obbediscono cioè a leggi diverse e inconsuete che sono difficili pure da riassumere. In tempi più recenti abbiamo anche appreso che gli oggetti celesti di grandi dimensioni presentano proprietà nuove e diverse. Negli immensi spazi siderali si aggirano oggetti che incurvano con la sola loro presenza il continuo spazio-temporale, enormi quantità della cosiddetta materia oscura, per non parlare dell’energia oscura, e quelle particolarissime entità che sono i buchi neri.
Perché dovremmo meravigliarci del fatto che non riusciamo a capire e talvolta neppure a dire come funzionano questi mondi così lontani e inattingibili? Eravamo fatti per ben altro. I nostri sensi e la nostra capacità di rappresentare e immaginare sono sintonizzati sul quotidiano e il consueto. Considerando i mondi dell’infinitamente piccolo e dello straordinariamente grande non possiamo che affidarci ad analogie o ad immagini mentali più o meno fedeli. Oppure a leggi matematiche non facilmente interpretabili, quelle leggi che per quanto riguarda gli oggetti del nostro mondo sono poco più di riassunti di un gran numero di affermazioni, ma che per i fenomeni che hanno luogo in questi mondi remoti rappresentano l’unica forma possibile di conoscenza e di previsione.
L’uomo e la sua storia si collocano in una nicchia spazio-temporale molto ristretta, una sorta di meso-mondo collocato a mezza strada fra un micro-mondo e un mega-mondo. A quello apparteniamo e quello siamo in grado di comprendere. Ciò significa che gli altri mondi non esistono o che non hanno le proprietà che noi gli attribuiamo? Nemmeno un po’. La nostra stessa esistenza è anzi la migliore dimostrazione della necessità del piccolo e del grande. Senza di questi non potremmo esistere e probabilmente non potrebbe esistere neppure la vita. Prendiamo gli atomi. Anche un tavolo o una roccia sono costituiti di molecole e di atomi ma per comprendere molte delle loro proprietà questo fatto può essere ignorato. Non così per la vita e per la vita intelligente. Un essere vivente deve necessariamente essere costituito di cellule e per poter pensare deve possedere anche un cospicuo numero di cellule nervose. Le cellule sono a loro volta piccoli mondi organizzati e sufficientemente autonomi che non possono non essere formati da un numero enorme di unità costitutive elementari. Se i mattoni del mondo fossero delle dimensioni a noi familiari, anche solo dell’ordine dei millimetri, non ci sarebbero esseri viventi e noi non ci saremmo.
All’estremo opposto, oggi sappiamo che se l’universo non fosse tanto grande, non sarebbe trascorso abbastanza tempo dall’inizio del tutto e questo non sarebbe stato sufficiente perché potesse evolvere una forma di vita intelligente su un pianeta che presenti condizioni ambientali relativamente stabili come la nostra Terra. Insomma, perché noi esistiamo è necessario che il mondo contenga realtà incommensurabili che si comportino in maniera incomprensibile. Il sorprendente è che almeno in parte riusciamo a comprenderle. E a parlarne.
Fonte: SWIF, 28/11/2003
Edoardo Boncinelli è stato capo del Laboratorio di Biologia Molecolare dello Sviluppo presso il Dipartimento di Ricerca Biologica e Tecnologica (DIBIT) dell’Istituto Scientifico H. San Raffaele; è inoltre professore di Biologia e Genetica presso l’Università Vita-Salute e Direttore di ricerca CNR presso l’Istituto di Farmacologia Molecolare e Cellulare del CNR di Milano.
Fisico di formazione, si è dedicato allo studio della genetica e della biologia molecolare degli animali superiori e dell’uomo prima a Napoli (presso l’Istituto Internazionale di Genetica e Biofisica, I.I.G.B., del CNR), dove ha percorso le tappe fondamentali della sua carriera scientifica, e poi a Milano. E’ membro dell’Accademia Europea e dell’EMBO, l’Organizzazione Europea per la Biologia Molecolare, ed è stato Presidente della Società Italiana di Biofisica e Biologia Molecolare. [ndr]