Un venditore può essere uno stoico?, Massimo Pigliucci [dalla rubrica “Consigli stoici” del blog How to be a stoic ]
D. scrive: “Come dovrebbe comportarsi eticamente chi pratica lo stoicismo se il suo lavoro implica la retorica, il persuadere gli altri e il vendere, come per esempio un venditore, un pubblicitario, ecc.? E lo stesso vale anche per chi scrive delle richieste di sovvenzioni, per gli avvocati e così via.”
Massimo Pigliucci – Questa è davvero una bella domanda, e penso che vi sia una risposta generale, anche se possono esserci differenze significative su come implementarla tra i professionisti elencati e altri che potrebbero rientrare nella stessa categoria generale.
Il modo più ovvio di affrontarla è attraverso l’etica dei ruoli di Epitteto, come l’ha brillantemente presentata il mio amico Brian Johnson nel suo libro “The role ethics of Epictetus: Stoicism in ordinary life”[1] che ho illustrato in una serie di sei articoli su questo blog [2]. Come puoi ricordare, Epitteto distingue tra i ruoli dati dal caso e dalle circostante (p.e., essere figlio di qualcuno), i ruoli che si scelgono (p.e., la carriera) e il nostro ruolo fondamentale di membri dell’umanità. Consideriamo:
“… Perché, per ogni cosa che facciamo, se non la riferiamo a uno scopo, agiremo a vanvera… Orbene, ci sono due scopi ai quali riferirsi, uno comune a tutti e uno proprio di ciascuno. Innanzitutto, si deve agire da uomini. E ciò, che cosa comporta? Non si deve agire come pecore, per quanto con mitezza, o in modo dannoso, come animali selvaggi. Lo scopo proprio di ciascuno riguarda il tipo di vita di ciascuno e la sua scelta morale. Il suonatore di cetra deve comportarsi come un suonatore di cetra, il carpentiere come un carpentiere, il filosofo come un filosofo, il retore come un retore.” – Epitteto, Diatribe III, 23, 3-5 [3]
Lo scopo “comune” citato sopra è quello che si applica a tutti gli esseri umani in quanto esseri umani. lo scopo “proprio” è quello che si applica al nostro specifico ruolo. Se sei un suonatore di cetra devi esercitarti, prenderti cura del tuo strumento e suonarlo al meglio. Se sei un filosofo devi lavorare con la tue capacità intellettuali e usarle aiutando gli altri a vivere una vita migliore e più significativa. (Nota: sfortunatamente, ciò non è il genere di cose che apprenderai nella maggior parte dei moderni dipartimenti di filosofia, ma questa è un’altra storia.)
Allora, una prima risposta alla tua domanda è che un venditore, un pubblicitario, un avvocato e così via, devono fare quello che i venditori, i pubblicitari e gli avvocati fanno. Vale a dire che se si sceglie una di queste professioni, il modo stoico di fare è di esercitarla bene.
Così dovrebbe essere, a meno che il tuo ruolo specifico nella tua professione entri in conflitto con il ruolo più ampio di essere umano. Come dice Epitteto, non si deve voler agire a casaccio, come una pecora, o distruttivamente, come un animale selvatico. Ciò significa che se il tuo lavoro ti chiede qualcosa che tu sai che non è etico ed è in conflitto con il benessere dell’umanità, allora non devi farlo. Il tuo ruolo come cittadino del mondo surclassa ogni altro ruolo che tu possa interpretare. Perché?
Perché:
“… sei cittadino del mondo e parte di esso, non una delle parti destinate a servire, ma una delle parti principali; sei, infatti, in grado di comprendere l’ordinamento divino del mondo e di meditare su quel che ne consegue. Ora, in che cosa consiste il ruolo di cittadino? Nel non avere nessun utile personale, nel non deliberare su niente come se si fosse indipendenti, ma come farebbero la mano o il piede se avessero la capacità di ragionare e di comprendere l’ordinamento della natura; e certo non avrebbero né impulsi né desideri altrimenti che rapportandoli al tutto.” – Epitteto, Diatribe II, 10, 3-4 [3]
In senso moderno l’“ordinamento divino” citato sopra può essere semplicemente inteso come ciò che ragione e giustizia richiedono, senza particolari accenti metafisici. Quindi, finora abbiamo l’idea che qualunque cosa uno faccia, dal punto di vista stoico il modo è farla bene, con integrità. Inoltre, è imposto un limite dato dal nostro più ampio dovere verso l’umanità stessa. In pratica, come potremmo imbatterci in questo limite?
Prendiamo un venditore, per esempio un venditore di automobili. Rientra nei confini stoici quando fa del suo meglio per vendere quante più auto possibili a potenziali clienti, perché questo è il ruolo di un venditore d’automobili. Ma supponiamo un contesto dove lui è in realtà consapevole che una certa auto usata ha dei difetti che il suo datore di lavoro gli ha chiesto di non rivelare, così da piazzarla in fretta e liberarsene. Qui è dove il suo dovere verso l’umanità in generale si palesa: se procede con la vendita commetterebbe un’ingiustizia verso un altro essere umano, così – stoicamente parlando – dovrebbe cortesemente rifiutarsi. Fino al punto di essere ripreso o di perdere il lavoro.
Questa è un’improba impresa per la maggior parte di noi, ma nessuno ha detto che praticare con coerenza lo Stoicismo sia cosa facile. (Direi anche che praticare una qualsiasi filosofia o religione coerentemente – compreso il Cristianesimo o il Buddismo – non sia facile.) Gli Stoici riconoscono che nessuno di noi è un saggio, e che immancabilmente non saremo all’altezza dell’ideale. Ecco come Epitteto si esprime:
“Considera a che prezzo vendi la tua scelta morale di fondo; se proprio devi venderla, uomo, almeno non venderla a basso prezzo.” – Epitteto I, 2, 33 [3]
L’idea è che dovremmo sforzarci di fare il nostro meglio e allo stesso tempo riconoscere che abbiamo dei limiti. Per esempio, tornando al nostro venditore d’auto, potrebbe non voler contrastare la richiesta del suo capo perché ha una famiglia da mantenere e non può permettersi di perdere il proprio lavoro. Questo è un compromesso comprensibile ma forse potrebbe attuare una strategia alternativa: potrebbe essere di proposito meno convincente per quelle auto che lui sa essere delle carrette, così da minare sottilmente la richiesta non etica del suo capo; e nel contempo potrebbe cercarsi un altro lavoro dove la sua integrità non viene compromessa e così mantenere la sua famiglia.
Come pensiero finale, nota che questo tipo di situazione richiama l’applicazione di tutte e quattro le virtù cardinali: il coraggio di resistere alle richieste non etiche del tuo capo; il senso di giustizia che ti permette di riconoscere che non stai interpretando il tuo ruolo di cittadino del mondo al meglio; temperanza nel rispondere al tuo capo, dato che ci sono altre cose da considerare, come il benessere della tua famiglia; e in particolar modo la saggezza pratica, sapere che le sole cose veramente sbagliate per te non sono le circostanze esterne, come il perdere il lavoro, ma le tue stesse cattive decisioni, come truffare consapevolmente il tuo cliente.—-
Traduzione: Paola (autorizzata e revisionata dall’autore)
Testo originale: Can a salesperson be a Stoic?
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Note
[1] Brian Johnson, The role ethics of Epictetus: Stoicism in ordinary life
[2] M. Pigliucci, The role ethics of Epictetus
[3] Epitteto, Opera Omnia a cura di G. Reale e C. Cassanmagnago, Bompiani Editore