È possibile, o consigliabile, la compassione per uno stoico?, Massimo Pigliucci [dalla rubrica “Consigli stoici” del blog “How to be a stoic“]
J. scrive: “Sono un medico tirocinante e lavoro nel Sistema Sanitario Nazionale del Regno Unito. Come puoi ben sapere, il SSN è attualmente sotto un’intensa pressione. L’inverno è quasi sempre un momento impegnativo per la sanità, ma con una popolazione sempre più anziana, i tagli di spesa del governo, la carenza di personale e mancanza di assistenza sociale, il prossimo inverno sarà probabilmente uno dei peggiori per il SSN. Queste difficoltà hanno un impatto significativo sul personale sanitario, specialmente su quelli che stanno in prima linea. I medici si trovano a dover seguire più pazienti con minori risorse. Oltre a queste pressioni, il Sistema Sanitario Nazionale è un sistema con una sempre maggiore burocratizzazione e i medici si sentono frustrati, trovandosi incapaci di provvedere alle cure che desiderano per decisioni che non dipendono da loro. I medici si trovano a lavorare sempre più in condizioni di litigiosità, e a questo si aggiunge la paura di commettere degli errori, per non dire che ciò costringe i medici a praticare una “medicina difensiva” considerata in contrasto con i loro normali doveri di assistenza. La stessa medicina in sé pone i medici sotto una gran mole di tensioni morali, proprio a causa della sofferenza e della morte che essi vedono giornalmente. Questo per dire che essere medico del SSN è duro.
Per tutti questi motivi, viene detto che i medici devono diventare più forti, avere una maggiore resilienza. L’idea di resilienza come virtù professionale dei medici mi sembra in accordo con lo Stoicismo. Mi domandavo: a quale concetto stoico potrebbe somigliare la resilienza, e gli stoici quali consigli avrebbero dato a un medico per essere più resiliente? Mi preoccupo anche che nel richiedere ai medici di essere più resilienti possa esserci un conflitto con gli altri loro doveri di assistenza o virtù professionali come la compassione. Come si orienterebbe, in questo contesto, uno stoico? Molta della gioia e del piacere di essere medico viene dall’interazione con i pazienti, quelle stesse “esteriorità” che potrebbero anche essere fonte di stress per i medici che necessitano di resilienza. Allora, in che modo uno stoico incoraggia il distacco da quelle stesse “esteriorità” (i pazienti) su cui i medici poggiano la loro personale soddisfazione lavorativa?”
Massimo Pigliucci – Ho una cara amica che considero stoica per natura. Per molti anni ha lavorato sul campo per un’organizzazione umanitaria di soccorso nei casi di catastrofe. Abbiamo discusso spesso su come lei riusciva a sopportare la vista di tali miserie lavorando in condizioni estreme, compresa la cronica mancanza di fondi e forniture, e anche le conseguenze di decisioni prese da altri su cui lei non aveva alcun controllo.
La sua risposta sarebbe potuta venire direttamente da Epitteto: praticare, ogni giorno, una combinazione di distacco interiore ed empatia verso l’esterno, ricordare costantemente a se stessi che ciò che si sta facendo vale a prescindere dalle condizioni terribili, e che si sta veramente facendo la differenza in un mondo che ne ha bisogno. Il distacco interiore è necessario, perché se ci si lascia troppo prendere dalle proprie emozioni nella situazione, si inficia la propria capacità di gestirla. L’empatia verso gli altri è data, naturalmente, perché siamo esseri umani davanti a dei nostri compagni umani in disperata necessità. Rammentare bene perché lo si sta facendo, serve a rinnovare e rafforzare la propria risoluzione nel sopportare la situazione al fine di un maggior bene.
Ecco come Epitteto spiega la combinazione di empatia verso gli altri e distacco interiore:
“Se ti capita di vedere qualcuno che si dispera versando lacrime per un lutto o perché suo figlio è partito per altri lidi o ancora per aver subito un dissesto finanziario, fai bene attenzione a non lasciarti influenzare e travolgere dall’opinione che egli si è formato a proposito della sua sofferenza, come se effettivamente dipendesse da cause esteriori, ma tieni a portata di mano questa considerazione: «Ad affliggerlo non sono gli accadimenti in sé – chi gli sta vicino, altrimenti, ne sarebbe altrettanto colpito – bensì il giudizio che dà di tali eventi». Pertanto, sii pronto a secondare il suo dolore pronunziando parole di consolazione; puoi anche arrivare, se è il caso, a sospirare insieme a lui: ma bada che la tua serenità interiore non venga scalfita da lacrime e sospiri.” [Enchiridion, 16][1]
Questo potrebbe al momento apparire come un’ipocrisia ma, in realtà, è compassione. Lo stoico pratica la sua filosofia ricordando a se stesso che le cose esterne sono indifferenti preferiti o non preferiti, ma è anche attento a non imporre la sua filosofia agli altri, adeguando invece il proprio comportamento a ciò che può essere di maggiore conforto e utile per i suoi compagni umani.
Seneca esprime un sentimento molto simile in questo passaggio:
“Tutte le altre cose che voglio facciano coloro che hanno compassione, egli (l’uomo saggio) le farà spontaneamente e con animo elevato: porgerà aiuto alle lacrime altrui, ma non vi parteciperà; tenderà la mano al naufrago, offrirà ospitalità all’esule, farà l’elemosina all’indigente, non però quell’elemosina umiliante che getta sprezzantemente la maggior parte degli uomini che vogliono apparire misericordiosi, mentre provano disgusto per coloro che aiutano ed hanno paura di esserne toccati: ma donerà come un uomo dà ad un altro uomo qualcosa che appartiene ad un patrimonio comune; donerà un figlio alle lacrime della madre, e ordinerà di sciogliergli le catene e lo sottrarrà ai giochi dell’arena e seppellirà nella terra il cadavere anche se ha commesso dei delitti: ma farà tutto questo con mente tranquilla, con volto immutato.” [Seneca, Sulla clemenza II, 6][2]
Nota il punto in cui dice che non si dovrebbe essere gentile verso gli altri in modo offensivo e nel contempo “aver paura di essere toccati” da coloro che si sta aiutando. Qui stiamo parlando della vera compassione, non una sua spettacolarizzazione per sembrare buoni. Ma parliamo anche dell’atteggiamento interiore stoico alla calma, che viene dal sapere che si può soltanto fare ciò che è sotto il proprio controllo, unito a valutazione realistica di come funziona il mondo.
I medici del SSN dovrebbero ricordarsi dell’ambiente in cui lavorano. Naturalmente, i politici prendono decisioni opportuniste e miopi riguardo ai fondi e alle priorità. Questo è quello che loro fanno, e aspettarsi qualcos’altro è una pia illusione. A questo riguardo, Marco Aurelio è chiaro:
“Cosa ci sarà poi di male o di strano, se l’ignorante agisce da ignorante? Vedi, piuttosto, di non dover accusare te stesso per non aver previsto che la persona avrebbe commesso questa mancanza: perché dalla ragione avevi anche i mezzi per pensare che la persona verosimilmente avrebbe commesso questa mancanza, eppure te ne sei dimenticato e ti sorprende che l’abbia commessa.” [Meditazioni IX, 42][3]
A questo punto, se qualcuno pensa ancora che tutto questo non provi che gli stoici si curavano delle emozioni umane e che invece cercavano di muoversi nella vita come il dottor Spock di Star Trek, vorrei ricordare alcune cose che Seneca ha detto proprio a tal proposito:
“La prima cosa che la filosofia promette è il senso di solidarietà con tutti gli uomini; in altre parole, partecipazione e socialità.” [Lettera a Lucilio V, 4]
“Ti sto forse consigliando di essere insensibile, di volere che tu mantenga un comportamento impassibile alla cerimonia funebre e di non permettere alla tua anima di non sentire neppure un pizzico di sofferenza? Niente affatto. Questo significherebbe mancanza di sentimento più che di virtù.” [Lettera a Lucilio XCIX, 15)
Ed anche:
“È possibile che scorrano lacrime dagli occhi di chi è calmo e sereno. Le lacrime spesso scorrono senza pregiudicare la compostezza dell’uomo saggio… e in misura tale da non mostrare né mancanza di sentimento né di dignità.” [Lettera a Lucilio XCIX, 20]
In conclusione, ammiro ciò che voi giovani fate, e non so immaginare di avere la forza interiore di farlo io stesso. Ho visto medici nel sistema sanitario pubblico italiano prendersi cura dei miei nonni e poi dei miei genitori al meglio delle loro capacità, a dispetto di restrizioni simili imposte dalla mancanza di fondi e dalla burocrazia. Sono davvero lieto che ci siano tali persone al mondo, o come la mia amica stoica per natura, che ha dedicato dieci anni della sua vita, con grande rischio personale, ad aiutare migliaia di stranieri. Continua a fare ciò che stai facendo, pratica l’attenzione cosciente stoica ripetendoti i precetti che ho citato e rileggendo i passaggi rilevanti, e sappi che un numero incalcolabile di persone ti saranno eternamente grate per ciò che fai.
Traduzione: Paola (autorizzata dall’autore)
Testo originale: Is compassion possible, or advisable, for a Stoic?
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Note
[1] Traduzione a cura di Francesco Dipalo (ndt)
[2] Traduzione dal sito http://www.sentieridellamente.it
[3] Traduzione a cura di Patrizio Sanasi, Edizioni Acrobat (ndt)