Sul senso di colpa, Massimo Pigliucci [dalla rubrica “Consigli stoici” del blog “How to be a stoic“]
M. scrive: “Ho 24 anni e seguo lo stoicismo da circa tre anni. Anni fa ho commesso uno sbaglio, e gli errori di allora cominciano ora a farsi sentire. Quando avevo 15 anni, quasi 16, ho ingannato una persona raccontando una bugia, e per anni le ho lasciato credere di aver detto la verità. Ora la situazione è al di là di una riconciliazione tra me e quella persona, che ha nei miei confronti un profondo risentimento. Forse il sapere di aver fatto così male mi rende difficile superare questa cosa. Seguendo gli insegnamenti stoici ho imparato a ragionare di più e giustificare di meno, il che, a sua volta, limita i miei errori. E anche quando sbaglio tengo in considerazione la dicotomia del controllo, e tutte le sere rifletto se c’è qualcosa che posso migliorare la volta successiva. So che non dovrei vivere nel passato, ma quando sono solo in compagnia di me stesso, è sempre nella mia mente. Anche se è stato un errore che ho fatto da adolescente, mi chiedo perché non riesco a vedere alcun modo di giustificare le mie azioni nello sforzo di essere libero.”
Massimo Pigliucci – Già hai gli elementi per risponderti, ma non sei stato (ancora) capace di interiorizzarli. Iniziamo con il dato di fatto che il passato non è sotto il tuo controllo. Qualunque cosa tu abbia fatto, l’hai fatta, e non c’è nulla che potresti fare per disfarla. È per questo che Seneca dice:
“… che disgrazie vecchie e dimenticate rattristino gli spiriti proclivi alla malinconia e che cercano motivi di afflizione. Sia quanto è successo in passato, sia quanto dovrà succedere in futuro è lontano da noi: non sentiamo né l’uno né l’altro. Il dolore può venirci solo da quello che sentiamo.” (Lettere a Lucilio VIII, 74, 34) [1]
Aggiungo subito che con questo non intendo dire che non dovresti fare ammenda per ciò che hai fatto, e neppure che non dovresti imparare dai tuoi errori, così da diventare, ogni giorno, una persona migliore.
Da quanto scrivi, presumo che hai cercato di riparare, per lo meno di esserti sinceramente scusato per la bugia, chiedendo magari alla parte offesa cosa avresti potuto ragionevolmente fare per riparare il danno fatto. (Se non lo hai fatto, non è mai troppo tardi per farlo.) Ma sta all’altra persona accettare la tua offerta o le tue scuse, non a te. Ora, fare la cosa giusta è tutto quello che dovrebbe interessarti, perché questo è tutto ciò su cui hai potere. Detto in altro modo: tentare una riconciliazione e fare del tuo meglio per ottenerla, sta a te; ma ottenerla, in realtà, non sta a te.
In termini di apprendimento dai propri errori, anche se non sei entrato nei dettagli, sembra che tu abbia continuato a pensare a cosa è successo, per cui, presumibilmente, hai imparato la lezione.
Di nuovo, Seneca ci dice che dovremmo passare parecchio tempo a riflettere su ciò che facciamo e ad imparare ad essere più saggi:
“Come può imparare quanto serve per combattere i vizi chi si applica nei ritagli di tempo che i vizi gli lasciano? … cogliamo solo quanto è in superficie e i pochi minuti spesi per la filosofia bastano e avanzano per gente tanto affaccendata.” [Lettere a Lucilio VI, 69, 10 [1]
Dici di non riuscire a trovare un modo per giustificare le tue azioni di adolescente. Puoi aver ragione. Ma tu non sei più quella persona e, soprattutto, non dovresti cercare giustificazioni ma spiegazioni (in linea con la tua determinazione a ragionare e non a giustificare). Accetta che ciò che hai fatto allora era sbagliato, ma ricorda anche che la moderna scienza cognitiva dice molto chiaramente che il cervello degli adolescenti cresce velocemente, è immaturo e – cosa più importante – manca della cosiddetta funzione esecutiva, ciò a cui Epitteto e Marco Aurelio fanno riferimento come all’hegemonikon, la nostra facoltà dirigente:
“Le cose stanno fuori della porta, isolate in se stesse, e di se stesse non sanno e non esprimono nulla. Cos’è, quindi, che si esprime su di esse? Il principio dirigente.” (Marco Aurelio – Meditazioni IX, 15)[2]
“Una volontà che mai manca di ottenere ciò che vuole, una facoltà di avversione che sempre evita ciò che non le piace, un impulso appropriato, un fine preciso e un assenso disciplinato. È questo l’esemplare umano che dovrai prepararti a vedere.” (Epitteto – Discorsi II, 8, 29)
Se la tua funzione dirigente è immatura, allora sia in senso legale che di etica stoica sei meno responsabile per i tuoi giudizi, compresi quelli cattivi, come quello che ha dato origine a questo contesto. Segnalo un articolo sul cervello degli adolescenti [3] e un’intervista con una neurologa [4] che ha scritto un libro su questo tema, sperando che possano in qualche modo esserti d’aiuto.
Dico questo non perché te ne serva da facile scusante per te stesso (“è il mio cervello a farlo”), ma perché gli stoici comprendono che bisogna tener conto di come funziona il mondo, come anche delle reali capacità di ragionamento delle persone, al fine di giungere a dei giudizi etici sensati.
Ciò che ora ti resta da fare è interiorizzare tutto quanto sopra, riflettendoci il tempo necessario. Perdonati, fai ammenda e scusati se ancora non lo hai fatto, impara dall’esperienza così da diventare una persona migliore e poi vai avanti nella tua vita.—-
Traduzione: Paola (autorizzata dall’autore)
Testo originale: What about guilt?
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Note
[1] Lettere a Lucilio – a cura di Patrizio Sanasi, Edizioni Acrobat (ndt)
[2] A se stesso (Pensieri) – a cura di Patrizio Sanasi, Edizioni Acrobat (ndt)
[3] The teen brain, by Debra Bradley Ruder
[4] The teenage brain: what parents need to know, by Frances E. Jensen