Qual è il pensiero degli Stoici sul perdono?, Massimo Pigliucci [dalla rubrica “Consigli stoici” del blog “How to be a stoic“]

K. scrive: “La mia domanda ha a che fare con il concetto di perdono secondo lo Stoicismo. Sono stata sposata con mio marito per vent’anni, ma nel corso degli ultimi anni il suo comportamento diventò violento. Questo comportamento coincise con il ricevimento di una eredità di un fondo fiduciario considerevole. Chiesi il divorzio dopo un incidente che vide il suo arresto e la mia ospedalizzazione. Subito iniziai a cercare uno psicologo, sia per me che per i miei figli, per gestire il trauma e andare avanti nel modo più sano possibile. Non mi aspettavo per nulla di ricevere un corso introduttivo allo Stoicismo. Da questo psicologo capii che non spettava a me esercitare un controllo sul comportamento di mio marito (non dovevo essere biasimata e non dovevo aspettarmelo; solo lui era il responsabile delle sue azioni), ma di valutare il rispetto verso me stessa più del denaro e dei beni materiali (gli accordi del divorzio verso di me furono briciole e la sua eredità non rientrava nella comunione legale), e di concentrarmi sulla relazione con i miei figli e l’esempio che avrei dato loro.

“Ora, cinque anni dopo, la mia domanda è: cosa significa perdonare per chi pratica lo Stoicismo? Il mio ex-marito ha detto a tutti (anche ai nostri figli) che vorrebbe che fossimo amici, ma che io sono “piena di rabbia e rifiuto di perdonarlo”. Questo per me non ha senso. Quando c’è stata l’occasione, ho spiegato che se lui mi avesse chiesto perdono, certamente glielo avrei dato; ma in realtà per me non cambierebbe nulla. Il perdono non è un gomma magica che cancella i fatti. Per me, il perdono è essere gentile verso qualcuno che riconosce di aver sbagliato, non un accordo dove si finge che nulla sia successo. Nelle rare occasioni in cui lo incontro, dimostro al mio ex-marito la stessa cortesia che avrei verso un qualsiasi estraneo. Pratico l’indifferenza e mi concentro sulla mia serenità interiore. Abbiamo entrambi un rapporto affettuoso verso i nostri figli, ma del tutto separati. Sì, abbiamo avuto tre figli e molti begli anni insieme, ma gli anni belli cancellano quelli brutti? E il brutto nega il bello? Secondo me, non è veramente importante. Dovessimo incontrarci oggi, non avremmo nulla in comune. Io insegno in una scuola pubblica, vivo semplicemente e sono affezionata alle mie amicizie. Lui non lavora, vive una vita d’indulgimento ed è attaccato al suo denaro.

A me non interessa “essere amici per il bene dei figli” perché io e lui abbiamo valori differenti. Tutti i filosofi stoici ci invitano a scegliere i nostri amici saggiamente, così da non cadere sotto infelici influenze. Dimmi… sono una donna “piena di rabbia” che si “rifiuta di perdonare”, o sono una donna coerente con i suoi principi, pur sapendo che altri mi possono giudicare non bene? La mia pratica dello stoicismo mi fa comprendere che se io desidero migliorare, allora devo essere soddisfatta che pensino che io sia sciocca e stupida (o piena di rabbia e inclemente!). È cosa virtuosa giungere a compromessi con i miei valori solo per cercare di far sentire gli altri più a loro agio o affinchè modifichino la loro opinione verso di me? No. Perché dovrei frequentare qualcuno che ha provato di non condividere ciò in cui credo e che per me ha un profondo valore?”

Massimo Pigliucci – Mi sembra che tu abbia già un’idea piuttosto chiara di ciò che uno stoico farebbe in tale situazione, e tu lo stai facendo. Tuttavia, ampliamo un po’ il discorso sul perdono in generale dal punto di vista stoico.

Per iniziare: sì, è corretto che un modo appropriato di pensare al perdono sia il mostrare cortesia verso qualcuno che ha riconosciuto di aver sbagliato, e non un accordo dove si finge che non sia successo nulla. Poi, dici che se lui chiedesse il tuo perdono, tu certamente glielo daresti. La mia indicazione è che la modalità stoica di agire è di andare anche oltre, e concedergli il perdono a prescindere che lo chieda o meno; questo per via del principio generale che le persone non agiscono male perché vogliono essere cattive, ma per amathia, o mancanza di saggezza. Come Marco Aurelio ci ricorda:

“Al mattino comincia col dire a te stesso: incontrerò un indiscreto, un ingrato, un prepotente, un impostore, un invidioso, un individualista. Il loro comportamento deriva ogni volta dall’ignoranza di ciò che è bene e ciò che è male. (…) Quanto a me, ebbene, io non posso ricevere danno da nessuno di essi, perché nessuno potrà coinvolgermi in turpitudini, e nemmeno posso adirarmi con un parente né odiarlo. (Marco Aurelio, Colloqui con se stesso, II.1) [2]

In un certo senso, penso che la posizione stoica è che perdonare è il modo in cui automaticamente agisce la persona saggia:

“È tipico di chi non ha alcuna educazione filosofica addossare agli altri la colpa dei propri mali; del filosofo alle prime armi prendersela con se stesso; del saggio esser libero da qualsivoglia senso di colpa.” (Epitteto, Enchiridion, 5) [2]

Questo passaggio di Epitteto sembra stabilire una progressione di auto-miglioramento morale: dall’incolpare gli altri a biasimare solo se stessi, fino al non incolpare proprio nessuno. Se non c’è biasimo da addossare, allora non c’è neppure un perdono da gestire.

Questo, vorrei puntualizzare, non significa affatto che le azioni del tuo ex-marito non fossero sbagliate, o che non avresti dovuto opporti ad esse. Significa semplicemente che una volta che la cosa si è chiusa, con gli aspetti legali definiti e voi che vivete vite separate, non c’è alcun motivo di indulgere oltre a pensare su ciò che è stato. I pensieri si frappongono semplicemente alla tua ricerca dell’apatheia che, ricordiamolo, significa sviluppare un senso di equanimità che porta all’ataraxia (serenità mentale), e non a un senso di apatia o di soppressione delle emozioni in generale.

Hai anche assolutamente ragione a rifiutare l’“essere amici” con lui, anche per il bene dei vostri figli. Come dici, non soltanto voi due non avete nulla in comune, ma lui non sembra il tipo di persona che sarebbe bene frequentare:

“Evita di andare a cena con persone che non conosci o che sai essere estranee alla filosofia. Se non puoi proprio evitarlo, ebbene presta attenzione a non lasciarti coinvolgere dalle maniere della gente comune. Se t’accompagni a chi è avvezzo a involgersi nel sudiciume morale, ti schizzerai di fango anche tu, per quanto lindo tu possa essere.” (Epitteto, Enchiridion, 33.6) [2]

Nello stesso tempo, poi, cerca di riformulare i tuoi pensieri sul comportamento del tuo ex-marito, passando da un tono di condanna morale (senza dubbio giustificata) a un più neutrale dato di fatto:

“Tizio si lava in fretta. Non dire «si lava male», bensì «si lava in fretta». Caio beve molto vino. Non dire «beve in modo sconveniente», ma semplicemente «beve molto vino». Infatti, come puoi dire che sia male, prima di esserti fatto un’idea ben precisa dei motivi per cui essi agiscono in tal modo? Piuttosto, impara a non precipitarti nel giudicare, affinché i tuoi giudizi siano conformi alle rappresentazioni che ricevi e non campati in aria.” (Epitteto, Enchiridion, 45) [2]

Proviamoci. Invece di dire, come hai detto: “Non lavora, vive una vita d’indulgimento ed è attaccato al suo denaro”, riformula i tuoi pensieri in termini descrittivi: “Non lavora, ricerca il piacere e si preoccupa della sua fonte di finanziamento.” Questo esercizio potrebbe aiutarti a lasciar andare le emozioni negative, raggiungimento che è per il bene tuo e dei tuoi figli, e non a suo beneficio. Nel tuo caso, questo ti aiuterà anche a sviluppare e mantenere un senso di serenità; nel caso dei tuoi figli, saranno colpiti dal modo magnanimo in cui parli del loro padre senza interporre giudizi, riconoscendo una superiorità morale.

Dici anche correttamente che né gli anni belli cancellano quelli brutti, né viceversa. Vent’anni sono un bel numero nella vita di chiunque, e sarebbe davvero insolito che fossero pieni solo di cose positive o solo negative. Dato che la relazione si è conclusa per violenza, è naturale che, quando ci pensi, le cose negative tendano a pesare più di quelle positive. Ma, ripeto, esercitati sul distaccarti dall’intera faccenda, che sia bella o brutta. Focalizzati, piuttosto, sui tuoi tre figli, qualcosa di bellissimo nato dalla vostra relazione, e che sarà una parte importante del tuo futuro prossimo.

Ciò che Seneca ci dice di fare ogni sera, possiamo farlo per gli eventi del nostro passato, anche lontano: chiediamoci dove abbiamo sbagliato, ciò che abbiamo fatto bene e cosa avremmo potuto fare in modo diverso. E di conseguenza:

“L’ira cesserà, e sarà più moderato l’uomo che sa di doversi presentare ogni giorno al giudice. C’è usanza più bella di questa, di esaminare un’intera giornata? (…) quanto tranquillo, quanto profondo e libero, dopo che l’animo o è stato lodato o ammonito e, da osservatore e censore privato di se stesso, ha concluso l’inchiesta sui suoi costumi.” (Seneca, De Ira III,36) [3]

Nel tuo caso, sembra che tu abbia fatto bene a cercare l’aiuto di un terapista per il bene tuo e dei tuoi figli. E probabilmente hai imparato molto dall’esperienza così che non si ripeta in futuro. La tua posizione nel trattare con lui ora è, quindi, esattamente corretta: dimostrargli la cortesia che si ha per un estraneo, perché tale è lui per te. Le sue opinioni sul tuo comportamento e sulla tua ritrosia a un coinvolgimento con lui sono solo sue, e non sono sotto il tuo controllo. E non devi neppure perdonarlo, puoi semplicemente pensare a lui come a una persona non saggia che merita la tua pietà, non la tua rabbia o il tuo risentimento.—-

Traduzione: Paola (autorizzata dall’autore)

Testo originale: What do Stoics think of forgiveness?

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NOTE

1 Traduzione di P. Sanasi, Edizione Acrobat

2 Traduzione di Francesco Dipalo

3 Traduzione da http://www.classicitaliani.it di Giuseppe Bonghi