alfred-huangThe Complete I Ching, Master Taoist  Alfred Huang (Inner Traditions Publishing) (estratti) (Libro)

Se mi fossero dati altri anni di vita, ne dedicherei cinquanta a studiare il Libro dell’I, e allora soltanto potrei forse non commettere grandi errori.

– Confucio all’età di 70 anni

Prefazione

I. – Emigrai dalla Cina negli Stati Uniti nel 1980. Dopo aver vissuto sedici anni in America, scoprii che le persone del mondo occidentale s’interessavano all’I Ching: il Libro dei Mutamenti. Tuttavia, nel suo paese di origine la storia al riguardo è molto diversa.

Fin da giovanissimo avevo sentito dire che l’I Ching era un Tian Shu, un libro Celeste; nessuno poteva comprenderlo senza le indicazioni di uno studioso competente. Quando il Comunismo prese il potere nel 1949, l’I Ching fu denunciato come un libro di stampo feudale e di superstizione. Venne bandito dal mercato e non ne fu più permessa la lettura. Nei primi anni ’60, prima della cosiddetta Rivoluzione Culturale, il dottor Ting Jihua, uno dei più eminenti fisici di Shangai, il professor Liu Yenwen, un famoso professore di letteratura cinese classica, ed io stesso, frequentavamo gli incontri privati dell’onorevole Maestro Yin, durante i quali egli ci insegnava a usare l’I Ching. Era un’attività completamente clandestina. A quel tempo tutti noi saremmo stati etichettati come militanti della frangia antirivoluzionaria. Se i nostri incontri fossero stati scoperti da qualcuno del Partito Comunista o della polizia, saremmo stati inequivocabilmente imprigionati. Il Maestro Yin aveva più di ottant’anni, e presentendo che presto una calamità si sarebbe abbattuta sulla Cina, desiderò passare i suoi insegnamenti prima di morire. Si offrì spontaneamente di insegnarci la conoscenza esoterica dell’I Ching che aveva ereditato dal suo stesso onorevole maestro. Durante i nostri studi la situazione in Cina andò peggiorando, e i nostri cuori erano sempre più pesanti. Sapevamo che molte famiglie sarebbero state divise e un gran numero di persone perseguitate.

Nonostante sapessimo che l’alba giunge anche se la notte è lunga, l’alba non giunse tanto presto. Nel giro di due anni se ne andarono uno dopo l’altro il Maestro Yin e il dottor Ting, e il professor Liu perse il desiderio di vivere, tentando diverse volte il suicidio. Per quanto lo incoraggiassi a tener duro, nel profondo del cuore sapevo che chi era morto era in realtà benedetto; aveva terminato di soffrire e poteva godere della pace eterna. Quelli che restavano in vita dovevano fronteggiare sofferenze inimmaginabili e lottare per sopravvivere.

Secondo l’I Ching, ogni nazione ha il suo destino e ogni persona ha il suo fato, ma tutti hanno sempre la libertà di fare le proprie scelte. Io ero il più giovane dei quattro studiosi, mentre gli altri erano della generazione di mio padre. Stando con loro, avevo compreso che avevo ancora molto da imparare e da sperimentare. Nel profondo del mio cuore scelsi di vivere; di vivere il più a lungo possibile e di vedere il destino della Cina, non importava quali sofferenze avessi dovuto sopportare. Nel luglio 1957 fui messo ai lavori forzati e nel settembre del 1966 fui imprigionato. Nei nove anni passati in prigione, quasi ogni giorno venivo interrogato sulle mie “attività controrivoluzionarie”. Poiché mi ero laureato presso una scuola missionaria ed ero stato responsabile di una scuola superiore cristiana, i miei carcerieri volevano che confessassi di essere una spia americana. Dato che tutte le volte negavo queste accuse, alla fine, per esasperazione, mi condannarono a morte. Tuttavia ero una figura popolare tra la gente cinese, e non osarono dare immediatamente seguito alla sentenza di morte, nonostante continuassero a dirmi che mi avrebbero ucciso.

Durante quei ventidue anni di isolamento, anche se non riuscivo a ricordare i sessantaquattro gua (esagrammi), compresi pienamente il Tao dell’I, l’essenza dell’I Ching, che afferma che quando gli eventi giungono al loro estremo danno origine al loro opposto. Ogni giorno leggevo le sei pagine del giornale ufficiale quanto più attentamente possibile, senza perdere una sola parola. Man mano che vedevo la situazione del mio paese andare degenerandosi, il mio cuore si alleggeriva sempre più. Sapevo che dopo le tenebre più scure sarebbe giunta l’alba. Quando l’oscurità aumenta, l’alba si fa sempre più vicina.

II. – L’I Ching è un libro antichissimo. Esisteva già duemila anni prima di Confucio (551-479 a.C. circa). All’inizio il linguaggio dell’I Ching era semplice e comprensibile; sfortunatamente, questa antica lingua divenne antiquata già in tempi remoti. A quel tempo il numero dei caratteri cinesi era piccolo, di conseguenza molti caratteri avevano la stessa forma ma significato completamente diverso. D’altro canto, molti caratteri erano diversi per forma ma condividevano il medesimo suono, e il loro uso era intercambiabile. Pertanto, il testo si presta a molte interpretazioni. Per di più, l’antica lingua cinese scritta non aveva segni di punteggiatura. A seconda di come uno inserisce la punteggiatura in una frase o una definizione, compaiono significati diversi. Per questo motivo perfino i Cinesi sono scarsamente capaci di comprendere pienamente e veramente l’I Ching senza le istruzioni date da un insegnante competente. Quando venni negli Stati Uniti rimasi sorpreso che ci fossero così tante traduzioni dell’I Ching in inglese. Non riuscivo a immaginare come quei traduttori avessero trovato degli studiosi dell’I Ching e trascorso le decine d’anni di studio necessarie a imparare veramente l’I Ching.

Per i cinesi, l’I Ching è come una Sacra Bibbia, scritto dai quattro più venerati saggi della storia: Fu Xi, il Re Wen, il Duca di Zhou e Confucio. In cinese la traduzione di “Sacra Bibbia” è “Sheng Ching”. Sheng equivale a “sacro” e Ching significa “classico”. I cinesi sanno che Ching è il TAO, la Verità, il più sacro dei libri antichi, e dato che onorano e rispettano le sacre scritture degli ebrei e delle chiese cristiane, hanno onorato la Bibbia chiamandola “Ching”. Per questo motivo, le traduzioni in cinese della Sacra Bibbia non si scostano mai dal testo originale. Da questo punto di vista, io penso che ogni traduzione dell’I Ching non dovrebbe allontanarsi dal testo originale; diversamente, non è l’I Ching.

Tra tutte le traduzioni, le migliori sono quelle di Richard Wilhelm (pubblicata in inglese nel 1950)[1] e di James Legge (pubblicata nel 1882). Ma tutte le traduzioni, secondo il mio punto di vista di cinese, non sono affatto vere rispetto all’originale cinese dell’I Ching: sono state occidentalizzate. Per renderle in inglese o rendere comprensibile un concetto, vi hanno inserito quel che del testo avevano loro stessi compreso, limitando in tal modo le possibili interpretazioni di un’opera che è nota per essere sempre aperta. La traduzione ideale dovrebbe avere la forma inglese e l’essenza cinese. Quale libro di divinazione, i commenti di Confucio sono imprescindibili. I cinesi definiscono i commenti di Confucio le “Dieci Ali”. Credono che l’I Ching dipenda da queste Dieci Ali per poter volare. In altre parole, senza i commenti di Confucio l’I Ching non può essere compreso. Questo è il tipico punto di vista ortodosso cinese. Di conseguenza, ogni volta che leggo una traduzione che poco si preoccupa della saggezza di Confucio, sento che manca qualcosa. A volte, quando mi servivo delle traduzioni in inglese per divinare, mi sentivo così depresso da non provare alcun desiderio di farlo nuovamente. Quando uso il testo cinese, invece, è completamente diverso, c’è sempre speranza.

L’I Ching è un libro veramente profondo. È la fonte da cui origina molto della cultura cinese. In origine, l’I Ching era una manuale di divinazione; dopo che Confucio e i suoi studenti scrissero i commenti, fu conosciuto come il libro dell’antica saggezza. È un libro che parla al consultante non solo della situazione presente e dei futuri potenziali, ma dà anche istruzioni su cosa fare e cosa non fare per ottenere la buona fortuna e sfuggire la sfortuna. Tuttavia, la persona ha sempre la libera scelta. La sua guida si basa su un’osservazione che include le leggi naturali fatte dai saggi dell’antichità e dalle loro profonde esperienze del principio di causa ed effetto.

Nel 1979, la Corte Suprema Cinese mi dichiarò innocente. Lasciai la prigione che pesavo poco più 36 chilogrammi e riuscivo a male pena a camminare. Decisi di emigrare negli Stati Uniti. Durante i miei sedici anni in America ho conosciuto persone che si dedicavano con tutto il cuore e la mente alla consultazione dell’I Ching, ma non riuscivano a comprenderne la vera essenza o ad abbracciarne l’antica saggezza perché non era disponibile una traduzione autentica.

Restavo in attesa di una traduzione che potesse veramente rivelare l’essenza del libro. Non fui esaudito. Quando mi trasferii a Maui nel luglio 1993, avevo in progetto di scrivere una serie di sette libri sul Chi Kung del Tao. Una mattina dei primi di luglio, mentre stavo meditando, sentii una voce che mi spingeva a fare una nuova traduzione dell’I Ching. All’inizio, l’ignorai. Una tale idea non mi era mai passata per la mente, e avevo molti dubbi. Capivo che per lavorarci sopra era prima necessario tradurre l’antica lingua morta dei pittogrammi e degli ideogrammi originali in cinese moderno, poi tradurli nuovamente in inglese. Se avessi accettato questo impegno, il compito sarebbe stato estremamente arduo. Ciò nonostante, la voce si faceva sempre più forte. Non potevo sfuggirle. Sentii di non avere scelta perché più meditavo più mi sentivo in obbligo di produrre una traduzione dell’I Ching fondata interamente sui concetti cinesi. Iniziai a rendermi conto che la proposta del Maestro Yin di insegnarmi l’I Ching negli ultimi anni della sua vita non era stata accidentale. C’era una ragione. Capii allora che in questo grande momento di cambiamento, in cui la gente desidera ardentemente una trasformazione e la situazione è matura, una nuova traduzione dell’I Ching basata sull’antica saggezza ed esperienza cinese sarebbe stata utile alle persone nel fare le loro scelte in questo mondo dinamico e di cambiamenti.

III. – Dopo aver accettato la sfida, per prima cosa decisi che il libro fosse piccolo, perché è più facile lavorare con un libro piccolo. Confucio disse che l’I Ching è un libro che si dovrebbe tenere sottomano. Un libro piccolo è più facile da portare con sé. È pronto per essere letto e ottenere da quell’antica saggezza una guida nella vita quotidiana. Naturalmente, in questo ho mancato il bersaglio. Il progetto si è sviluppato oltre le mie aspettative. Man mano che passava le varie revisioni, il libro diventava sempre più voluminoso. Alla settima revisione era più grosso di quanto avessi mai immaginato.

L’I Ching originale consiste solo delle sessantaquattro Decisioni del Re Wen e dei trecentoottantasei Commenti alle singole linee (Yao) composti dal Duca di Zhou. Le Decisioni sono brevi sunti del significato di ciascun esagramma (gua), e ne raccolgono il significato simbolico in uno stile succinto. I Commenti alle linee sono analisi che utilizzano parabole e metafore per ciascuna delle sei linee di un dato gua, dove queste sei linee corrispondono ai sei stadi di una particolare situazione. Nel loro insieme consistono di meno di cinquemila caratteri cinesi, la cui traduzione in inglese porterebbe a circa quaranta pagine. Tuttavia questo minuscolo libro svela l’antica cosmologia cinese dell’integrazione in una sola unità di Cielo ed esseri umani. E rivela anche il Tao del Mutamento o, in termini cinesi, il Tao dell’I. Questi due concetti sono all’origine della cultura cinese e hanno permeato il pensiero cinese per migliaia di anni. Per comprendere veramente il linguaggio e lo spirito originale dell’I Ching, si deve comprendere che ha una struttura estremamente intrecciata e che le espressioni verbali sono assolutamente rigorose. La maggior parte delle traduzioni non riconosce questo legame.

Nel mio tentativo di esprimere il più chiaramente possibile le caratteristiche uniche dell’I Ching, il libro si ampliava. Alla fine ho capito che era preferibile un solo e completo volume che spiegasse l’essenza dell’I Ching.

Una volta che i lettori sono giunti a una vera comprensione di simboli, nomi, commenti e interrelazioni dell’I Ching, possono volare con le loro stesse ali, ignorando i commentari e le spiegazioni. —

3. Sulla traduzione

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L’I Ching è un libro che parla per immagini, non con parole. L’antica lingua cinese era composta da pittogrammi, disegni. Non si collegavano nello stesso modo in cui chi parla inglese pensa che facciano le parole. Non esistono i tempi, il genere, il plurale, l’articolo, la preposizione o la punteggiatura, e molto spesso neppure un soggetto o un complemento oggetto. La bellezza di questa antica lingua, e dell’I Ching, è che presenta semplicemente delle immagini e lascia che l’immaginazione di chi legge risuoni con la scena. Tradurre quelle “frasi” in un inglese corretto è impossibile senza limitare seriamente la ricchezza dei possibili significati. Le persone consultano l’I Ching per avere indicazioni. Ogni parola aggiunta o tolta dal traduttore può influenzare l’azione del lettore. Ciò pone sul traduttore la grandissima responsabilità morale sul dare indicazioni non necessarie a chi legge.

L’I Ching è un’opera di poesia, non di prosa. Ha il suo proprio linguaggio oracolare e ne cela il significato sotto metafore, parabole e immagini. C’è, tra linee, anche un richiamo tra le parole e l’ordine delle parole, e talvolta nel suono. Per preservare queste caratteristiche uniche dell’I Ching in questa traduzione, ho seguito due principi cinesi. Il primo è “shu er bu zuo”, che significa “racconta, non scrivere”. In altre parole, quando cerchi di trasferire i pensieri di un altro scrittore, semplicemente raccontali, non scrivere nulla di tuo. Ho passato tre anni a rendere questa traduzione comprensibile, e ne ero molto soddisfatto; ma inconsciamente vi avevo aggiunto la mia interpretazione. La profondità dell’I Ching è tale da illuminare l’intuizione di tutti coloro che lo leggono, e non ha alcun bisogno di essere aiutato a farlo. Nella mia revisione finale ho cercato di eliminare tutto le mie interpretazioni e ho lavorato sodo per ripristinare la pura natura dell’I Ching.

Il secondo principio è “ning xing bu da”, che significa “meglio attenersi alla verità che rendere facile la traduzione”. Questo principio fu per la prima volta espresso dal gigante della letteratura cinese Lu Xing, che tradusse molte opere giapponesi in cinese dopo la costituzione della Repubblica di Cina[2] del dottor Sun Yat-sen. In questa traduzione le linee non sono sempre facili, ma sono sempre vere.

Una volta che i lettori hanno compreso che leggere l’I Ching non significa leggere delle frasi che hanno senso, ma creare una propria comprensione personale dalle immagini archetipali e poetiche, io credo che non si sentiranno più frustrati dalla mancanza di proprietà di linguaggio e, di fatto, arriveranno a valorizzare l’I Ching per quel grandioso e aperto deposito di antica saggezza che è, proprio come i cinesi stessi lo hanno sempre considerato.

– Estratti da: The complete I Ching, the definitive translation of Master Taoist Alfred Huang, Inner Traditions Publishing

Traduzione: Paola

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[1] Traduzione italiana “I King, il Libro dei Mutamenti” – Edizioni Astrolabio, 1950 (ndt)

[2] Vedi “La Repubblica di Cina” in Wikipedia